18 – 25 gennaio 2003: Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

 

Questo tesoro lo portiamo in vasi d’argilla (2 Cor 4,7)

I cristiani di Corinto mettevano a confronto l’apostolo Paolo con altri predicatori contemporanei che parlavano con maggiore eloquenza ed erudizione. A loro piacevano i bei discorsi, le speculazioni filosofiche, mentre Paolo si presentava con semplicità, senza grandi parole suggerite dalla sapienza umana , debole e provato nel fisico. Eppure a lui Gesù, sulla via di Damasco, si era pienamente rivelato, e da allora Dio aveva continuato a fargli brillare in cuore la luce del Figlio suo e lo aveva inviato a portare a tutti quella luce. Paolo era però il primo a rendersi conto della sproporzione tra la preziosità inestimabile della missione affidatagli e l’inadeguatezza della sua persona: un tesoro in un povero vaso di terracotta.

Quante volte anche noi avvertiamo la nostra povertà, i limiti, l’insufficienza davanti ai compiti che ci sono affidati, l’incapacità di rispondere pienamente alle esigenze della nostra vocazione, l’impotenza di fronte a situazioni che sono più grandi di noi. Percepiamo inoltre inclinazioni e attrattive che ci orientano più facilmente al male che al bene, alle quali facciamo fatica a resistere per la debolezza della nostra volontà. Anche noi come Paolo ci sentiamo vasi di creta.

Ci è facile riscontrare le stesse debolezze e fragilità anche nelle persone che ci stanno accanto, in famiglia, così come nella comunità o nel gruppo di cui facciamo parte.

E come non pensare a queste parole di Paolo in questo mese in cui si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani? Noi cristiani nei secoli non siamo riusciti, nonostante il tesoro che Dio ci ha dato, a vivere in unità.

Se guardassimo soltanto al vaso d’argilla che siamo noi, ci sarebbe proprio da scoraggiarsi. Ciò che invece vale, e su cui dobbiamo volgere tutta l’attenzione, è il tesoro che portiamo dentro!

Possiamo sperimentare il tesoro infinito che, in quanto cristiani, portiamo dentro di noi: è la Trinità Santissima. Mi guardo dentro e scopro come una voragine d’amore, come un abisso, come l’immenso, come un sole divino dentro di me.

Mi guardo attorno e anche negli altri, al di là del loro vaso di creta, che subito mi appare davanti con evidenza, imparo a scorgere il tesoro che lì inabita. Non mi fermo all’apparenza esteriore. La luce della Trinità che abita in noi, ci ha ricordato Giovanni Paolo Il, “va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto” .

Sì, possiamo imparare a convivere con la Santissima Trinità, fino a perderci in essa. Possiamo avere un rapporto personale con ognuna delle tre divine Persone, col Padre e col Figlio e con lo Spirito Santo, in modo che sia Dio stesso a vivere e ad agire in noi.

Che vogliamo di più? Un solo Amore ha preso stanza nel nostro cuore: è il nostro tesoro. Il vaso di argilla, il nostro come quello degli altri, non sarà più un ostacolo, non ci scoraggerà più. Ci ricorderà soltanto che la luce e la vita che Dio vuole sprigionare in noi e attorno a noi non è tanto frutto delle nostre capacità umane, ma effetto della sua presenza operosa in noi, riconosciuta ed amata.

stralci da un commento di Chiara Lubich

 

Era una giornata iniziata male: a scuola avevo ricevuto la pagella ed era stato un duro colpo.

Tornando a casa, in pullman, mi accorgo della presenza di un mio ex compagno delle medie, lo saluto e mi siedo di fronte a lui. La sua accoglienza è fredda, mi saluta a stento. Mi lascio prendere un po’ dalla tristezza.

Ad un certo punto un ragazzo alla mia destra chiede gentilmente l’ora. È un ragazzo sui 25 anni, vestito bene, la faccia sorridente, portatore di handicap. Nessuno si interessa alla sua domanda... Capisco che c’è bisogno di donare amore e decido di farlo con tutto me stesso. Iniziamo con le solite domande e subito dopo il rapporto diventa più vivo passando a parlare di argomenti più impegnativi.

Ad un tratto vedo due ragazze in fondo al pullman che ci guardano e sghignazzano. Sono tentato di interrompere la conversazione, ma incrocio lo sguardo del ragazzo: è felice perché ha trovato chi non lo deride e lo tratta da pari. Arrivati al punto in cui doveva scendere, lo accompagno all’uscita e lo saluto calorosamente: ci lasciamo sapendo di aver vissuto un momento importante.

Le due ragazze continuano a deridermi, finché  una deve scendere. L’altra mi si avvicina e mi dice che il ragazzo era un po’ strano. Io le rispondo che lo avevo notato, ma che non vedevo il problema, anzi c’era un motivo in più per stare con lui. Incomincia così a raccontarmi della sua giornata e dei suoi problemi, trovando in me qualcosa che non aveva trovato in altri. Ci salutiamo promettendoci di incontrandoci di nuovo.

Tutt’oggi ripenso a come sarebbe stata diversa quella giornata se fossi rimasto distratto e condizionato dalla pagella negativa o da quelle risate, invece è stato importante che due persone in più si siano sentite amate.

Matteo, Varese