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febbraio 2007 - 7a domenica t. ord.
1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23 / 1Cor 15,45-49 / Lc 6,27-38
Perdonate e vi sarà perdonato
(Lc 6,37)
Il re David è un uomo
buono. Davanti a Saul, suo nemico, vede al di là del
diritto e non si vendica.
Vive profondamente la
“regola d’oro” dell’etica di tutte le religioni ispirate da Dio: “Ciò che
volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a
loro”.
Molti tra noi sono
buoni, consapevoli della fragilità umana: viene naturale essere misericordiosi,
comprensivi, perdonare in alcune circostanze della vita.
Ma
Gesù vuole che la nostra bontà sia la stessa di Dio, ci chiede il
massimo, l’impossibile per la fragile nostra situazione umana: “Amate i
vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi
maledicono…”.
La verità è
nell’assurdo del Calvario quando, all’apice della più
grande ingiustizia, risuona una voce morente: “Perdona loro, perché non
sanno quello che fanno!”.
Le guerre di tutti i
tipi, i muri, le divisioni, i tribunali, l’ordine delle leggi sono istituzioni
di un mondo che si crede reale e giusto, mentre invece è un insieme di assurdità.
Dammi Signore le calde
lacrime del perdono, la pace della misericordia, la ricchezza del dare, la
misura di Dio in ogni azione e così vivrò la tua stessa vita.
Il mondo continui a
sognare, mentre tu ci dirai “beati” liberandoci da “guai a voi”.
Per un motivo
apparentemente banale era nata una grandissima incomprensione con Ahmed, un amico egiziano che ha subito una delicatissima
operazione e che amo come un fratello.
Mi ero
insolitamente molto arrabbiato.
Dovendo però io
partire per un convegno, ci eravamo incontrati per rappacificarci
e tutto sembrava risolto.
Rientrato dopo
circa una settimana, inspiegabilmente non riuscivo a mettermi in contatto con
lui. Finalmente una sera sono andato a casa sua (era la terza volta) e l’ho
intercettato in una strada vicina.
“Non riesco a
perdonarti – mi dice subito -; io posso farlo con i miei nemici, perché in
fondo non mi interessano, ma alle persone più care non
riesco a perdonare”.
Gli dico: “Ti
chiedo ancora scusa e perdono. È vero, non ci siamo
capiti. Non mi meraviglio che tu non riesca a perdonarmi. È
normale, nessun uomo può farlo. Solo Dio, Allah, può aiutarci. È un dono
suo che ci concede se glielo chiediamo. Se tu sei
d’accordo, lo facciamo insieme, pregando in silenzio”.
La strada era
illuminata ed abbastanza frequentata perché vicina alla stazione.
Silenziosamente ci siamo concentrati a lungo ed abbiamo pregato Dio Padre (che Ahmed chiama Allah).
Quando
abbiamo finito lui mi ha guardato dicendomi: “Ti ho perdonato, è la prima volta
che lo faccio subito”.
“Certo – ho
replicato -, questa volta è stato possibile perché lo abbiamo chiesto a Dio e
lui lo concede ai suoi figli”.
Passeggiando,
gli ho anche detto: “Vedi, tutti abbiamo bisogno di
essere perdonati. Nel Vangelo c’è scritto come fare: se perdoni poco ti è
perdonato poco, se perdoni molto ti è perdonato molto, se perdoniamo tutto ci è perdonato tutto. Questo è scritto nel Vangelo e vale
per tutti gli uomini. Sicuramente ci sono cose altrettanto belle nel Corano: se
puoi, cercale e fammele conoscere”.
Eravamo nella
gioia piena.
“Senti Ahmed – gli ho chiesto -, cosa ne dici se ringraziamo
Allah?”.
Ci siamo di nuovo fermati e silenziosamente, intensamente, lo abbiamo
ringraziato.
Francesco
C., da “Città Nuova”