17 aprile 2005 - 4 a di PASQUA

At 2,14a.36-41 / 1Pt 2,20b-25 / Gv 10,1-10

Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza
(Gv 10,10)

Giornata mondiale delle vocazioni

L a similitudine del pastore con il suo gregge, in cui è incastonata questa Parola, richiamava scene familiari di vita quotidiana. Gesù si paragona a un pastore buono, a cui stanno veramente a cuore le proprie pecore, le guida e le difende, al punto da affrontare se necessario la morte! Lui è veramente morto sulla croce «perché noi avessimo la vita» .

Ma la vita di Dio, lo sappiamo, è l'amore.

Gesù, Figlio di Dio che è Amore, venendo su questa terra, è vissuto per amore, e ci ha portato lo stesso amore che arde in Lui. Dona a noi la stessa fiamma di quell'infinito incendio e ci vuole «vivi» della sua vita.

Poiché Gesù non soltanto possiede la vita, ma «è” la Vita, egli può donarla con abbondanza, così come dona la pienezza della gioia.

Il dono di Dio è sempre senza misura, infinito e generoso com'è Dio. Così Egli viene incontro alle aspirazioni più profonde del cuore umano, alla sua fame di una vita piena e senza fine. Solo Lui può appagare l'anelito all'infinito. La sua infatti è «vita eterna» , un dono non soltanto per il futuro, ma per il presente. La vita di Dio in noi comincia già da ora e non muore mai più.

Accogliamo la Vita che Gesù ci dona e che vive già in noi per il battesimo che abbiamo ricevuto e per la nostra fede, Vita che può sempre crescere nella misura in cui amiamo. È l'amore che fa vivere . Chi ama, scrive san Giovanni, dimora in Dio, partecipa della sua stessa vita. Sì, perché se l'amore è la vita e l'essere di Dio, l'amore è anche la vita e l'essere dell'uomo. Così com'è vero che tutte le volte che non amiamo noi non viviamo.

A 23 anni, laureato in statistica e in piena crisi, sono andato dai miei genitori per dire loro che volevo entrare in Seminario e la prima cosa che ricordo è mia madre in lacrime.

Ero convinto che niente e nessuno avrebbe potuto farmi cambiare idea. Invece quelle lacrime scalfirono talmente la mia sicurezza fino ad abbandonare l'idea di diventare prete.

Tornai alla vita di tutti i giorni e iniziai la mia carriera professionale: prima come insegnante di matematica in un liceo e poi come impiegato presso la direzione di una grande compagnia di assicurazione. Nel giro di quattro anni, la storia sentimentale con la mia ragazza, Barbara, e le gratificazioni in campo professionale ed economico, mi avevano ormai fatto dimenticare la mia chiamata al sacerdozio. Ma Dio non si era dimenticato di me. A 29 anni, la mia vocazione che aveva dormito in me per 6 anni è esplosa inaspettatamente, in modo talmente forte da mettere tutto in discussione. Dopo 6 mesi di lacerazioni interiori e di preghiera intensa, sono tornato a casa mia per prendere una decisione definitiva.

Mia madre capì subito la mia inquietudine e mi disse: «Figlio mio, accetterò anche ‘quella cosa' (la vocazione) perché prima di morire voglio vederti felice». Non mi aspettavo questo improvvisa apertura da parte di mia madre. Questo è stato il segno che chiedevo continuamente a Dio nella preghiera. Così lasciai tutto quanto avevo faticosamente conquistato ed entrai in Seminario.

Ora sono pienamente felice, perché sono stato inondato dall'amore di Dio, perché mi sento veramente libero, perché sono nel posto in cui il Signore mi ha voluto da sempre, perché, a Dio piacendo, fra qualche mese dirò il mio sì, definitivo al Signore con l'ordinazione diaconale e, il prossimo anno, sarò prete per la diocesi di Roma.

Maurizio