16 marzo 2003 – 2a Quaresima

Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18 / Rm 8,31b-34 / Mc 9,2-10

È il mio Figlio: ascoltatelo!

(Mc 9,7)

Il vangelo della Trasfigurazione ci rivela chi è veramente Gesù: Il Figlio di Dio. Lo proclama solennemente il Padre: “Questi è il Figlio mio; ascoltatelo”. Gli apostoli sono estasiati e Pietro vorrebbe prolungare nel tempo questo gioioso momento: “Facciamo tre tende…”.  Ma la scena si interrompe e Gesù ordina di non raccontarla a nessuno, rivelando invece agli apostoli quale sarà il suo destino: la morte dolorosa e la risurrezione.

Il senso più vero dell’annuncio è: “Ascoltatelo!”

È soprattutto la parola della croce che Gesù, il Figlio di Dio, ci rivela oggi e ci invita ad accogliere. È una parola dura, ma ci indica la strada che Gesù ha percorso per giungere alla risurrezione e per dare a noi la nuova vita. Anche noi suoi discepoli possiamo percorrerla con Gesù: strada che porta alla vita.

Come viverla?

Vedere allora in ogni prova una volontà di Dio da ascoltare, nella fede nell’amore di Dio “che non ha risparmiato per noi il proprio Figlio” (Rom 8,32).

La quaresima dovrebbe diventare il tempo nel quale diciamo come Abramo il nostro eccomi nella certezza che così prepareremo per noi e per tanti una Pasqua ricca di grazie. L’amore che continuamente ravviviamo e maturiamo, faciliterà la fatica del camminare.

 

Già nell’infanzia avevo perso la fede, perché, tra il resto, esisteva una certa avversione contro noi albanesi: ad esempio, non potevamo continuare a studiare dopo il liceo. Ho cominciato a odiare quelli che ci mettevano in queste condizioni. Vivevo come in una prigione.

Nel 1989 ho finito il liceo. Ho vissuto due anni in clandestinità, sempre in pericolo di vita. Nel ‘96 mi sono sposato. Due anni dopo sono stato costretto con la forza a lasciare negozio, casa e famiglia... Sono partito per un viaggio di cinque mesi. Attraverso il Montenegro volevo arrivare in Svizzera.

Ho vissuto momenti indimenticabili attraversando l’Adriatico, stipati in un gommone con sei famiglie e 15 bambini. Il mare era agitato. Verso mezzanotte, col buio pesto, quando tutti hanno cominciato a gridare dalla paura, in me qualcosa è cambiato. Ho provato una nuova certezza: Gesù era dentro di me. Mi è sembrato che mi dicesse: “Non temere, ce la farai”. È sparita ogni paura, anche in mia moglie, e nessuno ci capiva. Ero più preso da questo cambiamento interiore che dal mare in tempesta.

Dopo due anni siamo tornati a Gjakovë. Nulla era come prima. Tanti amici erano morti o scomparsi, ma avevo voglia di ricominciare. Proprio in quei momenti ho potuto conoscere persone che cercano di vivere le Parole di Gesù e si amano reciprocamente. Un’altra luce in me: avevo trovato quello che da sempre cercavo. Fino allora avevo privilegiato un rapporto con Dio solitario, mentre ora ho allargato la mia visione: quanti vivono questa vita, quante famiglie, quanti giovani... Ho capito che il mio amore verso Dio devo riversarlo sui fratelli.

B. M., Gjakovë