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dicembre 2003 - 3a AVVENTO
Sof
3,14-18a / Fil 4,4-7 / Lc 3,10-18
Chi ha dia a chi non ha
(Lc 3,11)
Perché dare all’altro del
mio? Creato da Dio, come me, l’altro è mio fratello, mia sorella; dunque è
parte di me. “Non posso ferirti senza farmi del male”, diceva Gandhi. Siamo
stati creati in dono l’uno per l’altro, a immagine di Dio che è Amore. Abbiamo
iscritto nel nostro sangue la legge divina dell’amore. Gesù, venendo in mezzo a
noi, ce lo ha rivelato con chiarezza quando ci ha dato il suo comandamento
nuovo: “Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”. È la “legge del Cielo”, la
vita della Santissima Trinità portata in terra, il cuore del Vangelo. Come in
Cielo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo vivono nella comunione piena, al
punto da essere una cosa sola, così in terra noi siamo noi stessi nella misura
in cui viviamo la reciprocità dell’amore, condividendo non solo i beni
spirituali, ma anche quelli materiali.
I bisogni di un nostro
prossimo sono i bisogni di tutti. A qualcuno manca il lavoro? Manca a me. C’è
chi ha la mamma ammalata? L’aiuto come fosse la mia. Altri hanno fame? E’ come
se io avessi fame e cerco di procurar loro il cibo come farei per me stesso.
È l’esperienza dei primi
cristiani di Gerusalemme: “Avevano un cuor solo e un’anima sola e nessuno
diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era tra loro
comune”. Comunione dei beni che, pur non obbligatoria, tra loro era tuttavia
vissuta intensamente.
Abbiamo tante ricchezze da
mettere in comune, anche se può non sembrare. Abbiamo sensibilità da affinare,
conoscenze da apprendere per poter aiutare concretamente, per trovare il modo
di vivere la fraternità. Abbiamo affetto nel cuore da dare, cordialità da
esternare, gioia da comunicare. Abbiamo tempo da mettere a disposizione,
preghiere, ricchezze interiori da mettere in comune a voce o per iscritto; ma
abbiamo a volte anche cose, borse, penne, libri, soldi, case, automezzi da
mettere a disposizione...
Come ogni pianta assorbe dal
terreno solo l’acqua che le è necessaria, così anche noi cerchiamo di avere
solo quello che occorre. E, meglio se ogni tanto ci accorgiamo che manca
qualcosa; meglio essere un po’ poveri che un po’ ricchi.
Proviamo, iniziamo a vivere
così. Certamente Gesù non mancherà di farci arrivare il centuplo; avremo la
possibilità di continuare a dare. Alla fine ci dirà che quanto abbiamo dato, a chiunque
fosse, l’abbiamo dato a Lui.
stralci da un commento di
Chiara Lubich
Vedendo continuamente in televisione immagini di guerra e sapendo che
tanti bambini nel mondo hanno bisogno di aiuto, ho chiesto ai miei genitori se
sarebbero stati contenti di aiutarne almeno uno fra quelli che vivono
situazioni così tristi. La mamma ha subito accolto la mia richiesta e ha
pensato all’adozione a distanza. Entusiaste, abbiamo parlato con papà, ma lui
ha esposto i suoi dubbi e alcune difficoltà che c’erano riguardo all’aspetto
economico.
Passato qualche giorno però abbiamo fatto una seconda riunione di
famiglia perché la mamma ed io non volevamo rinunciare a questo progetto.
Questa volta il papà, sorpreso da tanta insistenza, ha detto un mezzo sì,
chiedendo però di rinunciare a qualcosa per poter risparmiare la cifra che
occorre per aiutare un bambino.
Seduti attorno ad un tavolo, a turno, abbiamo cercato di capire ciò che
per noi era superfluo, come per esempio, rinunciare all’abbonamento ad alcuni
giornalini o prestare più attenzione nel fare la spesa.
Inoltre la mamma ha fatto un’altra proposta: rinunciare insieme ai
regali di Natale.
Così da quel giorno ho iniziato a rinunciare volentieri a tante piccole
cose perché penso che la bambina boliviana che abbiamo adottato tutte queste
cose non le ha.
Questo è il più bel Natale per me perché la vera felicità sta nel
donare: ogni mia piccola rinuncia so che è sopravvivenza per Flavia, la mia
nuova sorellina che si chiama proprio come me!
Flavia, Roma