14 aprile 2002 – 3ª domenica di Pasqua

At 2,14.22-33 / 1 Pt 1,17-21 / Lc 24,13-35

 

LO RICONOBBERO NELLO SPEZZARE IL PANE

Lc 24,35

 

Non sempre i nostri occhi vedono bene: i miopi vedono bene solo vicino, i presbiti solo lontano. Possiamo essere sfocati non solo negli occhi, ma soprattutto nel cuore.

Pur essendo credenti, pur sapendo che il Signore è risorto, non ci siamo ancora liberati dalla impressione d’essere soli e continuiamo a fare affidamento solo sulle nostre forze. Ecco la tentazione di ripiegarci nella indifferenza e forse nel pessimismo, per cui tutto si fa uguale e nulla c’è di nuovo. Il cuore diventa miope, non vede lontano.

Oppure siamo tentati di fuggire di continuo in sogni fatti di immagini alla TV, in cose comprate con frenesia, nei giochi della fortuna. Il cuore diventa presbite, mette a fuoco solo cose lontane. Per l’occhio che non vede bene bastano le lenti, ma per il cuore ci vuole di sicuro dell’altro.

Che il rimedio sia il vivere bene il presente che ci è dato? Che sia lo sforzo di accorgerci di chi è vicino a noi? Che sia l’uscire da sé mettendosi ad amare concretamente? Chi ci può insegnare a vivere così?

È necessario, con gli occhi della fede, credere che ad accompagnarci, a camminare accanto a noi è Gesù Risorto. Egli non è stato visto solo nel passato e neppure lo troveremo solo in futuro. Perché Egli è il Vivente. Nell’oggi lo si può trovare. Basta cercarlo dove egli ama farsi trovare, soprattutto nella Eucaristia, nella Parola, nella nostra coscienza, nel prossimo, tra noi uniti nel suo amore. Ma i nostri occhi saranno capaci di riconoscerlo se guarderemo e vivremo nel presente, lasciando perdere la nostalgia del passato e le fughe nel futuro.

M. G.

Tutto comincia un lunedì mattina quando, alzandomi, avverto un forte dolore, che aumenta durante la giornata. È un’occasione speciale: offro questa sofferenza per i miei cugini che proprio in questo giorno celebrano il loro matrimonio. Verso le nove di sera vengo a sapere che devo essere subito operata di appendicite. Non avverto la paura, perché sono sicura che, se questo è quello che Dio permette, Lui mi terrà per mano senza lasciarmi. L’indomani vengo operata e dopo qualche giorno ritorno a casa.

Riprendo la scuola, cercando di fare con amore le piccole cose di ogni giorno, anche se il dolore non mi è ancora scomparso del tutto. Ma la domenica di nuovo sopraggiunge la febbre: i miei genitori cominciano a preoccuparsi per questa situazione che non è normale. Vivendo bene l’attimo presente li aiuto a mantenere la calma. Arriva la notizia di una nuova operazione, ma sono pronta a tutto. Mi dà una grande carica pensare che tante persone che condividono il mio ideale sono unite a me. Rimango a lungo nella sala operatoria, aspettando il chirurgo, totalmente in pace.

Ora questo periodo duro è terminato ed io ho ripreso la salute. Dentro mi rimane la certezza che fare ogni cosa per amore ti dà la forza di superare le situazioni più difficili.

Nadine, Libano