13 maggio 2007 - 6a
di Pasqua
At
15,1-2.22-29 / Ap 21,10-14.22-23 / Gv 14,23-29
Vi lascio la pace, vi
do la mia pace (Gv
14,27)
Il
discorso che Gesù fa nel Vangelo di questa domenica
avviene nell’imminenza della sua passione e morte.
Il
cuore degli apostoli è turbato, come al risveglio da un bel sogno; sono nel
buio e nella tristezza della delusione.
Sono
delusi, perchè si sentono come traditi da Gesù che parla di partenza e di
morte. Ricordano parole udite un giorno: “verranno
i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno!”.
Stanno
per venire i giorni i cui Dio si nasconde, la ragione si annebbia, la tenebra
gela il cuore e resteranno solo pochi appigli e una speranza lontana. Anzi un
solo appiglio, una unica Parola: “Ama!”.
Basta anche un piccolo atto di amore per sentirti immediatamente unito al
Padre e con Lui troverai Gesù che ha promesso, Lui e il Padre, di venire ad
abitare con te. Ne sentirai subito la certezza, perché, pur persistendo la
prova o il dolore che ti ha colpito, ti sentirai nella pace, nella
serenità, nell’attesa fiduciosa della luce che poco a poco ti invade-rà
nuovamente: non temere, è Lui, il Risorto.
TU SEI MIO PADRE
Ivan è un giovane di circa vent’anni. Fin
dall’infanzia ha vissuto nella propria famiglia il dramma dell’alcolismo. Ogni
sera il papà tornava a casa ubriaco, insoddisfatto del
proprio lavoro, di uno stipendio che non gli permetteva di mantenere la famiglia.
Disperato, riversava nell’alcool la sua angoscia.
Un giorno, Ivan ci ha raccontato: “Quando
ero bambino avevo terrore di mio padre. A volte, tornando da scuola, passavo
davanti al bar dove lui era solito fermarsi e guardavo con la coda dell’occhio
nella speranza di non vederlo lì. Ricordo ancora quanta delusione provassi
nell’accorgermi che tra quegli uomini c’era anche lui. Mi affrettavo ad
andare oltre… morivo di vergogna, facevo finta di non conoscerlo.
Spesso desideravo invitare i miei compagni
di scuola per fare i compiti insieme o i vicini di casa per giocare, ma non
potevo permettermi questo lusso, perché non sapevo in che condizioni mio padre
sarebbe ritornato a casa. Nell’adolescenza mi sono allontanato completamente da
lui: nutrivo tanto rancore nei suoi confronti che non riuscivo neanche a
rivolgergli la parola.
I primi passi del mio cammino cristiano
sono stati profondamente segnati da un incontro in cui si è affrontato il tema
della riconciliazione. Questo è stato per me l’inizio di un’ardua scalata:
sentivo che dovevo perdonare mio padre, accoglierlo nella sua debolezza, ma
provavo difficoltà a vincere i miei sentimenti. Ciò che mi ha aiutato è stata
la scelta di guardare mio padre in modo nuovo: quando la sera arrivava a casa vinto dall’alcool e sempre più apatico e distante,
ripetevo a me stesso: “Tu sei mio padre. Ti voglio bene così come sei”.
Gradualmente è maturato in me il desiderio di aiutare papà a liberarsi dal suo
terribile vizio. Ho iniziato, con piccoli gesti d’affetto, a manifestargli il
mio amore di figlio. Così mi sono avvicinato a lui; poco a poco, ci siamo
capiti, è nata tra noi la fiducia.
Adesso mio padre, dopo un periodo
trascorso in una casa di recupero, è completamente guarito. Ho capito che il
perdono è il punto di partenza di ogni piccola o grande conquista”.
Da “Comunità Missionaria di Villaregia”