13 aprile 2003
– LE PALME
(Mc 14,36)
Gesù sa che la sua passione
non è un evento fortuito, né semplicemente una decisione degli uomini, ma un disegno di Dio. Sarà processato e
rifiutato dagli uomini, ma il “calice” viene dalle mani di Dio.
Gesù ci insegna che il Padre
ha un suo disegno d’amore su ciascuno di noi, ci ama di amore personale e, se
crediamo a questo amore e se corrispondiamo col nostro amore - ecco la
condizione -, egli fa finalizzare ogni cosa al bene. Per Gesù nulla è successo
a caso, neppure la passione e la morte.
Tutto quanto succede, quello che ci circonda e anche
tutto quanto ci fa soffrire dobbiamo saperlo leggere come volontà di Dio che ci ama o che permette perché ancora ci ama.
Allora tutto avrà senso nella vita, tutto sarà estremamente utile, anche
quello che sul momento ci pare incomprensibile e assurdo, anche quello che, come
per Gesù, può farci piombare in un’angoscia mortale. Basterà che, insieme a
lui, sappiamo ripetere, con un atto di totale fiducia nell’amore del Padre: “Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”.
La volontà di
Dio è la
sua voce che continuamente ci parla e ci invita, è il modo con cui egli ci
esprime il suo amore, per darci la sua pienezza di Vita.
Potremmo rappresentarcela con l’immagine del sole i cui raggi sono come la sua volontà su ciascuno di noi. Ognuno cammina
su un raggio, distinto dal raggio di chi ci è accanto, ma pur sempre su un
raggio di sole, cioè sulla volontà di Dio. Tutti, dunque, facciamo una sola
volontà, quella di Dio, ma per ognuno essa è diversa. I raggi poi, quanto più
si avvicinano al sole, tanto più si avvicinano tra di loro. Anche noi, quanto
più ci avviciniamo a Dio, con l’adempimento sempre più perfetto della divina
volontà, tanto più ci avviciniamo fra noi… finché tutti saremo uno.
Il momento passato non è
più; quello futuro non è ancora in nostro possesso. Dio lo possiamo amare
soltanto nel presente che ci è dato.
L’essere tutti proiettati
nella divina volontà di quell’attimo (ciò che vuoi tu) ci porterà di
conseguenza al distacco da tutte le cose e dal nostro io (non ciò che io
voglio), distacco non tanto cercato di proposito, perché si cerca Dio solo, ma
trovato di fatto. Allora la gioia
sarà piena.
stralci da una commento di
Chiara Lubich
Un amico, Angelo, che scopro disoccupato, mi comunica un grande dolore:
la morte della sua figlia neonata. Quando ci lasciamo ho in cuore un unico
desiderio: fare qualcosa per lui. Il giorno dopo il mio primo pensiero è stato:
voglio cercare lavoro per Angelo.
Tra le pochissime possibilità
in un Paese con tanta disoccupazione, mi viene in mente Carlo, un altro
amico, manager in una grossa ditta.
Ma la giornata che mi aspetta è così impegnativa che mi rendo conto
che non riuscirò a contattarlo. Durante la messa mi lamento un po’ con Gesù:
“Mi chiedi troppo!”.
Mentre sono per strada, per andare a trovare una persona che attraversa
una situazione tanto dolorosa - uno dei compiti previsti per quella giornata -
affido al Padre il lavoro di Angelo.
Ascolto per ore, con grandissima pace, quella persona che alla fine è
veramente sollevata e contenta.
Tornando a casa, un messaggio. È di Angelo che ha trovato lavoro. È
felice. E lo sono anch’io. Ma la sua seconda frase mi commuove proprio: il
lavoro è presso la ditta di Carlo, il manager, col quale è venuto in contatto
attraverso un’altra strada.
X. Z., Italia