12 dicembre 2004 - 3a AVVENTO

Is 35,1-6.8.10 / Gc 5,7-10 / Mt 11,2-11

 

Andate e riferite ciò che voi udite e vedete

(Mt 11,4)

 

La suggestiva immagine della ‘pazienza’ tipica dell’agricoltore, offerta dall’Apostolo san Giacomo, è un pressante invito ad un’attesa piena di speranza: “Il Signore è vicino!”

Ma come riconoscerLo? La liturgia di questa domenica, ci presenta Giovanni Battista, relegato in una prigione, verso la fine della sua missione. Nell’oscurità del tetro carcere, ha tutto il tempo di riflettere. Forse gli assale un dubbio. Quel Gesù di Nazaret che fa parlare molto di sé, che sia proprio lui il Messia… l’atteso? Invia una delegazione di discepoli da Gesù per avere i necessari ragguagli. La risposta di Gesù non ammette dubbi: Egli attesta che tutto quanto i profeti hanno annunciato del futuro Messia, lui lo sta realizzando.

Anche noi, popolo cristiano, siamo in attesa del grande avvenimento. Ci prepariamo al Natale, non solo per vivere intimamente una festa pur bella, grande, sentita dal popolo cristiano, ma, specialmente, per andare incontro al Figlio di Dio che si è fatto uomo, per salvare l’umanità.

 

 

Ogni mattina presto, prima di recarmi nel rione dove lavoro come vigile urbano, andavo alla  messa e chiedevo a Gesù l’aiuto per amare ogni prossimo che avrei incontrato.

Un giorno, mentre lavoravo a un incrocio con molto traffico, vedo sfrecciare un giovane a fortissima velocità con la sua moto. Dopo un poco ritorna, alla stessa velocità. Questo per numerose volte. Gli ho intimato inutilmente di fermarsi: correva infatti il rischio di schiantarsi contro i mezzi che avrebbe incontrato all’incrocio. Così pensai almeno di stare attendo a quando sarebbe tornato per fermare il traffico in modo che non provocasse guai.

Il giovane si è accorto della cosa e si è fermato a parlarmi: “Ho molte difficoltà, voglio farla finita con la vita”. Lo ascolto a lungo mentre mi racconta le sue pene. Gli dico la mia disponibilità ad aiutarlo e dimentico la multa. Se ne va contento dicendomi che, perché qualcuno l’ha ascoltato, ha ripreso la forza di vivere.

Passano alcuni anni. Sono di servizio in piazza. Si avvicina un giovanottone sorridente che mi abbraccia commosso. Gli dico: “Guarda, hai sbagliato vigile”. “No, sono il ragazzo dell’incrocio; ora sono felicemente sposato e contento della vita. Sono venuto fin qui da Foggia, dove abito ora, perché la volevo ringraziare”.

B. A.