10/11/2002 –
32a domenica t.o.
Come avverrà la fine del
mondo? - domandano i discepoli a Gesù - e quando arriverà? Il futuro è infatti
misterioso e spesso fa paura. Anche oggi c’è chi interroga i maghi e indaga
l’oroscopo per sapere come sarà il futuro, cosa accadrà…
La risposta di Gesù è
limpida: la fine dei tempi coincide con la sua venuta. Lui, Signore della
storia, tornerà. È Lui il punto luminoso del nostro futuro.
E quando avverrà questo
incontro? Nessuno lo sa, può avvenire in qualsiasi momento. La nostra vita è
infatti nelle sue mani. Lui ce l’ha data; Lui può riprenderla anche
all’improvviso, senza preavviso. Tuttavia ci avverte: avrete modo d’essere
pronti a questo evento se vigilerete.
Con queste parole Gesù ci
ricorda innanzitutto che Lui verrà. La nostra vita sulla terra terminerà ed inizierà
una vita nuova, che non avrà più fine. Nessuno oggi vuole parlare della
morte... A volte si fa di tutto per distrarsi, immergendosi completamente nelle
occupazioni quotidiane, fino a dimenticare Colui che ci ha dato la vita e che
ce la richiederà per introdurci nella pienezza della vita, nella comunione con
il Padre suo, nel Paradiso.
Saremo pronti ad
incontrarlo? Avremo la lampada accesa, come le vergini prudenti che attendono
lo sposo? Ossia, saremo nell’amore? Oppure la nostra lampada sarà spenta
perché, presi dalle tante cose da fare, dalle gioie effimere, dal possesso dei
beni materiali, ci siamo dimenticati della sola cosa necessaria: amare?
Ma come vegliare?
Innanzitutto, lo sappiamo, veglia bene proprio chi ama. Lo sa la sposa che
attende il marito che ha fatto tardi al lavoro o che deve tornare da un viaggio
lontano; lo sa la mamma che trepida per il figlio che ancora non rincasa; lo sa
l’innamorato che non vede l’ora d’incontrare l’innamorata… Chi ama sa attendere
anche quando l’altro tarda.
Si attende Gesù amando
concretamente, servendolo ad esempio in chi ci è vicino, o impegnandosi alla
edificazione di una società più giusta.
Proprio perché non sappiamo
né il giorno né l’ora della sua venuta, possiamo concentrarci più facilmente
nell’oggi che ci è dato, nell’affanno del giorno, nel presente che la
Provvidenza ci offre da vivere.
stralci da un commento di Chiara Lubich
A Melbourne, una volta, le
suore raccolsero un uomo sulla strada. Era un alcolizzato senza nome, senza
lavoro, senza niente. Un vero reietto della società. Dopo una settimana, quando
era ormai ristabilito, quest’uomo andò dalla suora e le disse. “Adesso sto bene
e ritorno a casa. Non berrò mai più. Mi sono reso conto che Dio mi ama”.
Tornò a casa sua, da sua moglie e dai suoi figli e si mise a lavorare.
Dopo un mese, si presentò con il primo salario e lo diede a suor
Monica, dicendo: “Si serva di questo denaro per mostrare l’amore di Dio ad
altri, come ha fatto a me”.
da “Madre Teresa di Calcutta”