I
DOMENICA DI QUARESIMA /B
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In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù
nel deserto 13 ed egli vi rimase
quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo
servivano. 14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si
recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva:15 “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è
vicino; convertitevi e credete al vangelo”.
[Mc 1, 12-15]
Il tempo di Quaresima,
che nel suo duplice carattere “battesimale e penitenziale” è tutto
proteso e polarizzato verso la Pasqua, ripropone
al popolo cristiano un cammino impegnativo di conversione. Vale a dire,
siamo chiamati a ritornare al Signore, concentrando la nostra attenzione
su di Lui e scoprendo che Egli ci attende e ci guarda con infinita
misericordia. Ma lo sguardo di Dio su di me (che
grazia poterlo avvertire!) desidera incontrare il mio sguardo su di Lui. Se
Dio mi guarda
io non posso guardare altrove. E’ questa, precisamente, la
tentazione che subiamo di continuo: voltare le spalle a Lui per lasciarci
catturare da ciò che non è Dio e non può assicurarci felicità e
salvezza.
Abbiamo ascoltato nella
prima lettura la promessa che Dio fa in un mondo rinnovato dopo il diluvio: la
promessa di fedeltà alla sua creazione, un’alleanza eterna con cui Egli si impegna a custodire gli uomini e tutti gli esseri viventi
contro ogni minaccia alla vita, che possa provenire anche dagli uomini stessi
(Gn. 9, 8-15). La risposta riconoscente e generosa dell’uomo all’iniziativa
divina non può mancare.
Come attuare nel
concreto la nostra conversione? Tre sono le parole - chiave che scandiscono il
percorso quaresimale: preghiera-penitenza-carità.
Non sono soltanto mezzi per arrivare a Gesù e quindi al Padre, ma sono
suoi doni che ti rendono uomo nuovo, cioè
risorto.
La preghiera
come dialogo d’amore col Signore. Impari ad ascoltare la sua voce che risuona
nel cuore e la sua Parola contenuta nella Scrittura, soprattutto quella che Dio
ti dona ogni domenica durante la celebrazione eucaristica. A tua volta, poi, tu
parli con Lui, come il figlio col padre, come l’amico con l’amico, lodandolo,
ringraziandolo, affidandogli te stesso e gli altri, domandandogli perdono.
La penitenza
come libertà interiore, quando ti accorgi che sei troppo dipendente da
qualcosa o da qualcuno.
La carità
come amore gratuito, come gesto concreto, come il saperti accorgere delle
occasioni in cui Gesù si presenta a te piccolo, povero, bisognoso.
Il Papa incentra il suo
messaggio per la Quaresima sul passo evangelico “Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione” [Mt9,36; cfr 14,14,
15,32]. Si tratta di convertirsi a un impegno “vivo e urgente verso i poveri del mondo”,
condividendo l’amore misericordioso del Signore. Impegno, per ciascuno e in
primo luogo per “chi ha responsabilità
politiche ed ha tra le mani le leve del potere economico e finanziario, di
promuovere uno sviluppo basato sul rispetto della dignità di ogni
uomo”.
Tradizionalmente la
prima domenica di Quaresima ci pone in contatto con Gesù che nel deserto
subisce l’assalto del diavolo, ma non soccombe, riporta vittoria su di lui e su
tutte le sue suggestioni. Quest’anno la Chiesa ci fa ascoltare il racconto di
Marco, che è molto più breve rispetto alle narrazioni piuttosto sviluppate di
Matteo e di Luca.
Marco sottolinea
la permanenza di Gesù nel deserto - dove è stato sospinto dallo Spirito
ricevuto dopo il battesimo- più che le singole tentazioni.
Ritirandosi nel deserto
Gesù fa un’esperienza autenticamente biblica. Si pensi per es. ai quarant’ anni
trascorsi nel deserto dal popolo di Israele. Si pensi anche all’esperienza del
profeta Elia, che attraversa il deserto, sostenuto da un misterioso cibo
donatogli da Dio, per arrivare al monte Oreb (Sinai)
dove incontrerà il Signore.
Gesù fa anche
l’esperienza più autenticamente umana e religiosa dell’uomo sotto ogni
latitudine: per riflettere a fondo, per maturare una scelta e un’impostazione
della propria vita, per pianificare e programmare la propria attività, è
necessario il silenzio, è necessaria la solitudine. Una
solitudine, però, riempita dalla presenza di Dio, vissuta nel dialogo con Lui.
Il ritmo frenetico e spesso vorticoso del nostro tempo non incoraggia questa esperienza di deserto. Si direbbe
che molti - anche cristiani praticanti - hanno paura di fermarsi a riflettere:
forse temono di spaventarsi di fronte al profondo vuoto interiore; non se la
sentono di rimettere in questione tante scelte di comodo; non se la sentono di
buttare giù una certa maschera dal loro volto. E allora meglio non
pensarci, meglio tuffarsi in un’attività febbrile o accontentarsi delle
esperienze più o meno gratificanti che il momento
offre. E così si continua a giocare e a scommettere su
tante cose secondarie, magari anche banali o negative, e non ci si decide mai a
scegliere l’essenziale. Occorre, perciò, la saggezza e il coraggio di
“ritirarsi nel deserto”. E ciò è possibile anche nel
frastuono della città.
Il deserto, se
nell’esperienza biblica e anche soltanto umana è il luogo dell’incontro con
Dio, è pure il luogo della tentazione. Per Israele il tempo del deserto era
stato il tempo del primo amore e del fidanzamento col Signore. Ma anche il tempo dei grandi tradimenti, dei gravi peccati del
popolo, che non aveva saputo vincere le molteplici tentazioni che nel deserto
lo insidiavano. Anche Gesù nel deserto, dove si
è ritirato per prepararsi alla missione, è raggiunto dalla tentazione di
Satana. Anzi Marco - diversamente da Matteo e Luca - nota che la tentazione è
un fatto permanente, cioè accompagna Gesù durante
tutto il soggiorno nel deserto.
Marco, nella sua grande sobrietà, non rivela il contenuto della tentazione,
come faranno invece Matteo e Luca. Comunque possiamo
capirlo. In effetti, lungo tutto il Vangelo di Marco vediamo
Gesù continuamente impegnato a correggere nei discepoli e nella folla quella
falsa concezione secondo cui la salvezza viene da un messianismo facile e
trionfalistico e non invece esclusivamente dall’amore che si abbandona a Dio e
si fa servizio fino alla croce. Ecco la tentazione che Gesù ha sentito forte
nel deserto quando preparava il suo piano d’azione:
operare la salvezza attraverso la via del potere e del successo, che ammalia e
seduce la gente. Un progetto, però, che era agli antipodi del
progetto divino: salvare gli uomini col servizio disarmato e impotente di chi
ama fino a morire. Questa tentazione si ripresenterà puntualmente a Gesù
in ogni tappa del suo ministero e assumerà una violenza inaudita nell’ora della
Passione, quando Gesù si troverà in preda alla paura e all’angoscia di fronte
alla morte. Attraverso questa tentazione, che prende le forme più diverse, è
Satana, il grande nemico - non un simbolo, ma una
presenza reale, personale, anche se misteriosa - che cerca di separare Gesù da
Dio suo Padre, boicottando il disegno di Dio. Ma Gesù in una lotta dura e sofferta,
perseverando nella sua scelta controcorrente, rimane fedele a Dio e al suo
progetto fino alla morte. In tal modo
riporta una vittoria completa sulla tentazione, alla quale aveva
ceduto Israele nel deserto e, prima ancora, l’umanità ai suoi inizi. A
tale vittoria di Gesù sembra alludere Marco notando che “stava con le
fiere (forse simbolo degli spiriti malvagi)” e “gli angeli lo
servivano (nel senso soprattutto che lo proteggevano contro gli assalti
del Maligno cfr. Sal. 91, 11-13)”.
I cristiani non possono
pretendere che sia loro risparmiata la prova. L’affrontano
però nella certezza che il Signore Gesù ha vinto Satana e rimane accanto
a loro. Egli ci insegna a pregare il Padre: “non ci
indurre in tentazione”, cioè fa’ che non soccombiamo alla tentazione di
tradirti, di perdere la fede. In definitiva è la fede che il tentatore cerca di
insidiare, portando un figlio di Dio a essere diverso
da come suo Padre lo vuole. In questa lotta permanente Gesù ci sostiene e oggi,
all’inizio della Quaresima, ci consegna una “parola d’ordine”, una “parola di
vita” per il nostro itinerario verso la Pasqua:
“Il tempo è
compiuto”. La grande svolta nella storia e nella tua storia personale è
arrivata. La Felicità è a portata di mano. “Il Regno di Dio è vicino”.
Attraverso Gesù Dio si fa accanto a te per cambiare il tuo destino, per
renderti suo amico, per donarti un futuro incredibilmente nuovo e beato.
A quale condizione? “Convertitevi
e credete al Vangelo”. Dio non ti costringe, non può regalarti se
stesso se tu non ci stai e non gli spalanchi la porta. Convertirsi -
ecco l’impegno quaresimale - vuol dire appunto restituire a Dio il primo posto
nella vita stanando e scacciando Satana da ogni angolo anche il più nascosto
della nostra esistenza. Credere al Vangelo vuol dire lasciarsi
affascinare dalla buona notizia del Regno, cioè Dio
amore che si dona in Gesù.
La buona notizia e
l’appello contenuti in queste parole di Gesù li lasceremo
risuonare a lungo nel nostro cuore durante il cammino quaresimale. Nessuno,
qualunque sia la sua situazione e il suo stato d’animo, vorrà perdere
l’appuntamento con la felicità.
Ogni preghiera - sia
pure breve o spontanea - detta col cuore; ogni atto di vera attenzione e di
misericordia verso gli altri, specie se sofferenti; ogni rinuncia, anche
piccola, al nostro egoismo, per condividere: sono tutti passi concreti nel
cammino di conversione che in Quaresima abbiamo il
dono di ripercorrere insieme, sostenendoci a vicenda.
Come non provare il
desiderio di “ricominciare”, nella novità del cuore e delle opere, in questo
tempo di grazia, vera “primavera dello Spirito”, in cui “tutto rifiorisce...e
noi, resi sempre più nuovi dal perdono del Signore, possiamo cantare un canto
nuovo” (da un inno della Quaresima)?