9 maggio 2004 - 5a di Pasqua
At 14,21-27
/ Ap 21,1-5 / Gv 13,31-33a.34-35
Amatevi gli uni gli altri
(Gv 13,34)
Gesù sta vivendo i momenti di più profonda e intensa intimità con i suoi nell’ultima cena. A loro svela i segreti del suo immenso amore e fa dei doni straordinari, soprattutto l’Eucaristia, insieme al comandamento nuovo: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati” e continua “Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”.
Anche oggi, in un mondo sovrastato da tensioni, rancori, egoismi, interessi personali a scapito di tanti fratelli, i veri discepoli del Signore fanno riscoprire a tutti la bellezza , l’attualità e la freschezza del messaggio evangelico proprio a partire dalla testimonianza dell’amore reciproco. Un amore che arriva, come quello di Gesù, a dare la vita per la persona amata. Ogni persona, creata a immagine di Dio amore, sente in sé il bisogno di amare e di essere riamata. Questo amore non ha nulla a che fare con l’amore commercializzato dal mondo d’oggi in cui prevale il gioco banale, l’istinto, il passatempo, il capriccio… Diceva Gandhi: “Il mondo è stanco di violenza ed è stanco anche delle varie caricature dell’amore”. Per Gesù è adulto, è vero uomo, è vero cristiano e quindi è sé stesso solo chi sa amare dando la vita, vivendo per gli altri.
C’è in comunità una consorella la quale ha
il talento di spiacermi in tutte le cose, le sue maniere, le sue parole, il suo
carattere mi sembrano molto spiacevoli. Tuttavia è una santa religiosa che deve
essere graditissima al Signore, perciò io, non volendo cedere all’antipatia
naturale che provavo, mi son detta che la carità non deve consistere nei
sentimenti, bensì nelle opere; allora mi sono dedicata a fare per questa
consorella quello che avrei fatto per
la persona più cara. Ogni volta che la incontravo, pregavo il buon Dio per lei,
offrendogli tutte le sue virtù e i suoi meriti. Sentivo che ciò era bene
accetto a Gesù. Non mi contentavo di pregare molto per la sorella che mi
suscitava tanti conflitti interni, ma cercavo di farle tutti i favori
possibili, e quando avevo la tentazione di rispondere sgarbatamente, mi
limitavo a farle il più amabile dei miei sorrisi.
Poiché ignora assolutamente quello che
sentivo per lei, mai ha supposto i motivi della mia condotta, e rimane persuasa
che il suo carattere mi è piacevole. Un giorno in ricreazione mi ha detto
press’a poco queste parole, tutta contenta: “Mi potrebbe dire, suor Teresa di
Gesù Bambino, che cosa l’attira verso di me, perché ogni volta che mi guarda,
la vedo sorridere?”. Quello che mi attirava era Gesù nascosto in fondo alla sua
anima.
Da : “Storia di un’anima”