7 novembre 2004 - 32a domenica t. ord.

2Mac 7,1-2.9-14 / 2Ts 2,16 - 3,5 / Lc 20,27-38

 

Tutti vivono per Lui

(Lc 20,38)

 

Proseguiamo l’ultimo pensiero della settimana precedente: Dio come luce che brilla sotto ogni cosa.

Il Vangelo di oggi, infatti, presenta Gesù che, provocato sul tema della risurrezione dei morti, indica il Padre come “il Dio dei vivi e non dei morti”.

Ci sono cioè due modi di leggere la vita: uno, banale, secondo immagini umane (“non è possibile la risurrezione! È come dire che una donna starà con sette mariti in paradiso!”).

C’è un altro modo che ci viene presentato anche dai santi: in ogni fatto c’è un Amore, non sempre così chiaro, ma certo. Con la fede, il confronto e l’esperienza possiamo scoprirlo. E questo Amore a sua volta diventa una guida. È la vita di coloro che Gesù chiama “figli della risurrezione”. Allora spontaneamente tutta la vita sarà per Lui e in forza di Lui, come acqua da sorgente.

Perché non provare? L’esperienza confermerà la fede.

Abbiamo anche questa settimana per stare a questo “gioco”.

 

Lavoro da circa dieci anni in una grande stazione di distribuzione di carburante sul raccordo anulare. Sono venuto dallo Zaire in Italia quando avevo 20 anni per studiare. Allora avevo delle ambizioni: “Appena termino gli studi torno al mio paese, avrò un buon posto di lavoro e delle responsabilità”. Ma, una volta laureato, non mi è stato possibile realizzare questo sogno. All’inizio lo vivevo come un’umiliazione, non riuscivo ad accettarlo... poi ho capito che Dio vuole che io lo ami attraverso questo lavoro, e allora cerco di farlo bene e di rimanere sempre nell’amore.

Una notte arriva una macchina con a bordo 6 persone, dalle facce poco rassicuranti e mi chiedono di mettere 50.000 lire di benzina. Quando si tratta di pagare, l’autista mi dice: “Noi non abbiamo soldi”. Allora gli dico: “Me li porterete quando capiterete di nuovo da queste parti”. E loro mi chiedono: “Tu sai chi siamo noi? Conosci il carcere?”. Erano dei carcerati in libertà provvisoria. “Non passeremo più di qui, non abbiamo soldi e non possiamo pagarti”.

Dopo una breve discussione, dico: “Visto che non avete neanche 50.000 lire da pagarmi, fate finta che vi ho offerto 50.000 di benzina”. Allora ripartono, ma dopo pochi metri fanno retromarcia, mi richiamano e uno mi dice: “Ehi! Per chi ci hai preso, per dei poveracci?” Mi pagano le 50.000 lire e vogliono darmi 10.000 lire di mancia per prendere il caffè dicendomi che ero molto simpatico. Ed io: “No, non posso prendere le 10.000 lire! Se volete, il caffè lo possiamo prendere insieme quando ripassate!”. Dopo molti mesi, un pomeriggio, uno di loro si presenta e mi dice: “Amico, non ti ricordi di me? Allora, vogliamo prenderlo questo caffè?”.

Alla radice di episodi come questo, c’è Dio da cui mi sento amato immensamente, e, quando ‘do’, è Lui stesso che mi ‘ridona’ la gioia di aver potuto ancora amare.

P. M., Italia