7 luglio 2002 – 14ª domenica t. o.

Zc 9,9-10 / Rm 8,9.11-13 / Mt 11,25-30

 

IMPARATE DA ME CHE SONO MITE E UMILE

Mt 11,29

 

Questa espressione fa parte di un brano del Vangelo che somiglia ad un inno di lode in tre strofe collegate tra loro: la prima è una benedizione (“Ti benedico, Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”); la seconda ci presenta la persona di Gesù in intimità totale con il Padre, intimità partecipata a chi crede in lui (“Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”); la terza, la nostra, contiene un invito a tutti i deboli e i poveri perché si mettano alla sequela di Gesù, vera e definitiva sapienza.

“Imparate da me”: solo Gesù può insegnare l’amore vero a noi inesperti. Il quale ha due qualità: la mitezza e l’umiltà. E si manifesta nel servizio concreto e nella capacità di perdonare.

Perché Gesù ci invita ad imparare da lui? Perché vuole rivelarci ciò che ha conosciuto dal Padre, vuole comunicarci il piacere di vivere da figli e da fratelli. Noi, presi da tante faccende, così limitati e fragili, possiamo avere in cuore la vita che dal Padre scorre nel Figlio e da Gesù viene comunicata a noi.

La mitezza e l’umiltà ci aiutano ad accoglierla, a custodirla e ad esprimerla. E così possiamo gustare il ristoro e la soavità della vita che Gesù ci rivela e ci partecipa.