7 aprile 2002 – 2ª domenica di Pasqua

At 2,42-47 / 1 Pt 1,3-9 / Gv 20,19-31

 

BEATI QUELLI CHE CREDERANNO

Gv 20,29

Queste parole sono rivolte da Gesù a Tommaso, l’apostolo che era assente quando il Maestro risorto è apparso per la prima volta ai discepoli riuniti.

Tommaso è la figura di tutti quelli che ricevono l’annuncio della risurrezione non direttamente da Gesù, ma attraverso la testimonianza degli apostoli e che si trovano nelle condizioni di credere senza poter vedere. A tutti noi quindi Gesù rivolge questa beatitudine: “Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno”.

Qual è l’insegnamento che Gesù vuole dare ora con queste sue parole? Egli vuole imprimere in tutte le persone che non sono vissute intorno a Lui la convinzione di possedere la stessa realtà degli apostoli. Infatti tu hai la fede, e questa è il nuovo modo di vedere Gesù. Con essa puoi avvicinarlo, comprenderlo in profondità, incontrarlo nel più intimo del tuo cuore. Con la fede puoi scoprirlo fra due o più fratelli riuniti nel suo nome (cf Mt 18,20), nella sua Chiesa ove rimane.

Queste parole di Gesù sono anche un richiamo a ravvivare la fede, a non aspettare appoggi o segni per progredire nella vita spirituale, a non dubitare della Sua presenza nella tua vita e nella storia, anche se Egli può sembrarti lontano.

Queste parole di Gesù, infine, sono un invito a non chiuderti nella tua piccola logica umana, a non lasciarti bloccare dal razionalismo; sono un invito ad accettare ciò che ti supera e cioè le grandi verità della fede come il mistero della Trinità, del Figlio che si fa uomo, della sua morte e resurrezione.

                stralci da un commento di Chiara Lubich

 

Quando  ho letto per la prima volta questo commento alla Parola “Beati quelli che... crederanno” mi è piaciuto molto, ma mi è sembrato difficile da mettere in pratica. Stavo passando un brutto momento: avevo perso la pace, non capivo il perché di molte cose, ero avvilita e delusa. Il foglio della Parola era lì sul comodino...

Dopo una quindicina di giorni ho deciso di rileggerlo, perché non mi sembrava giusto questo mio rifiuto di vivere il Vangelo. Ed ho capito che c’era una cosa sola da fare: amare sempre, amare tutti, cominciando dai miei alunni che mi facevano perdere la pazienza, e dal mio lavoro che esige ogni giorno un totale impegno.

Facendo così, a poco a poco, quasi senza accorgermi, ho ritrovato la pace, non perché i problemi di prima siano scomparsi, ma perchè li vedo con altri occhi, con quelli dell’amore che non fa distinzione tra circostanze tristi o liete.

F. B.