6 maggio 2007  - 5a di Pasqua

At 14,21-27 / Ap 21,1-5a / Gv 13,31-33a.34-35

 

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli,

se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13,35)

 

Gesù è seduto a mensa con i suoi amici. È l’ultima cena prima di partire da questo mondo, il momento più solenne per consegnare l’ultima volontà, quasi un testamento. “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Sarà questa, lungo i secoli, la caratteristica dei discepoli di Gesù che consentirà di identificarli.

L’amore reciproco è dunque l’abito dei cristiani  che, vecchi e giovani, uomini e donne, sposati o meno, ammalati o sani possono indossare per gridare dovunque e sempre, con la propria vita, Colui nel quale credono, Colui che vogliono amare.

È questa, oggi più che mai, la via per annunciare il Vangelo. Una società spesso frastornata dalle troppe parole cerca testimoni prima che maestri, vuole modelli prima che parole.

Come vivere questa Parola? Tenendo vivo tra noi l’amore reciproco e formando ovunque “cellule vive”.

 

Ha scritto Chiara Lubich: “Se in una città nei punti più disparati, s’accendesse il fuoco che Gesù ha portato sulla terra e questo fuoco resistesse per la buona volontà degli abitanti al gelo del mondo, avremmo fra non molto accesa la città d’amor di Dio. E il fuoco è Gesù stesso, carità: quell’amore che non solo lega l’anima a Dio, ma le anime fra loro…  E in ogni città queste anime possono sorgere nelle famiglie: babbo e mamma, figlio e padre, nuora e suocera; possono trovarsi nelle parrocchie, nelle associazioni, nelle società umane, nelle scuole, negli uffici, ovunque.

Non è necessario che siano già sante, perché Gesù l’avrebbe detto; basta che siano unite nel nome di Cristo e non vengano mai meno a questa unità. Naturalmente sono destinate a restare per poco tempo due o tre, perché la carità è diffusiva per se stessa e aumenta con proporzioni immani.

Ogni piccola cellula, accesa da Dio in qualsiasi punto della terra, dilagherà poi necessariamente e la Provvidenza distribuirà queste fiamme, queste anime-fiamma, dove crederà, affinché il mondo sia in più luoghi ristorato al calore dell’amore di Dio e risperi”.