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6 marzo 2005 - 4 a QUARESIMA

1Sam 16,1b.4.6-7.10-13a / Ef 5,8-14 / Gv 9,1-41

Prima ero cieco e ora ci vedo
(Gv 9,25)

A differenza del cieco di Gerico che grida, il cieco nato di oggi sembra rassegnato sulla sua situazione. È Gesù che prende l'iniziativa a seguito di una domanda dei discepoli su questa «disgrazia» della cecità.

Il cieco è così fin dalla nascita e quindi non conosce il valore della vista; anche gli Ebrei dicono di aver conosciuto la schiavitù dopo aver gustato la libertà . Così noi comprendiamo il non-senso delle tenebre del male dopo essere stati abbagliati dalla luce dell'amore gratuito di Dio e dei fratelli.

La novità della vita, quindi, ricomincia sempre dall'amore sperimentato. Non servono prediche e tanto meno giudizi, ma atti d'amore donati da un peccatore «illuminato» a un peccatore «cieco», con la gratuità e la misericordia con cui Dio tutti ci avvolge.

Mentre svolgevo il mio turno al «Centro di aiuto alla vita», è venuta una ragazza accompagnata da un'assistente sociale. Aspettava il suo secondo bambino e aveva tutto pronto per l'aborto. È confusa e disorientata; l'aborto le sembra l'unica soluzione possibile perché, oltre a vari dissapori familiari, il papà del bambino è senza lavoro.

L'abbiamo ascoltata fino in fondo, ma quella vita sembrava legata ad un filo. Alla fine, l'amore di questa mamma ha vinto; non si sentiva più sola, ora in tante avremmo pensato a lei e al suo bambino. L'assistente sociale dopo ci ha detto: «In questa stanzetta oggi la morte si è trasformata in vita».

Questo farci carico dei pesi altrui ci costringe a non poggiarci solo sulle nostre forze, ma ogni volta facciamo l'esperienza della provvidenza che ci segue, espressa generosamente dai tanti aiuti che puntualmente arrivano.

Da due mesi ora L. viene al Centro con in braccio la sua bambina.

C. D., Italia