4 gennaio 2004 - 2a dopo Natale

Sir 24,1-4.9-12 / Ef 1,3-6.15-18 / Gv 1,1-18

 

Viene nel mondo la luce vera

(Gv 1,9)

 

Stiamo meditando il mistero “natalizio” della venuta di Dio sulla terra.

In questa domenica le letture mettono in evidenza che Dio stesso si dischiude, lui stesso si dà a noi, penetrando nelle nostre vite, lui stesso fa scaturire la fonte del nostro futuro dal terreno della nostra vita.

Perché egli si è unito a noi, è divenuto radicalmente il Dio-con-noi e il Dio-per-noi, è cominciato ormai definitivamente il suo regno. Il sole non illumina più da oltre l’orizzonte solo alcune poche stelle che danno testimonianza di lui, ma supera la linea dell’orizzonte, sorge, vuole che sia giorno pieno.

Allora cosa succede per me, per te, per ogni uomo?

Possiamo camminare e vivere nella luce di Dio, nella luce presente ed eterna di Dio. «Viene nel mondo la luce vera!»: con queste parole Gesù intende dirci che Dio ha radicalmente mutato la propria posizione nei confronti della nostra vita, che irrompe in questa nostra vita, che con lui il futuro trapassa in un presente durevole, che nessun timore e nessuna insicurezza potranno più mettere in forse.

La fonte del futuro ci si fa presente, Dio sorge e dalla periferia viene al centro della nostra vita.

 

Il 28 novembre scorso mi trovavo ad Abidjan con mio marito, che aveva bisogno di controlli medici, mentre i nostri figli erano rimasti a Man. E proprio quella notte quella città è stata presa dai ribelli. Appena l’abbiamo saputo, abbiamo telefonato ai ragazzi bloccati lì (funzionava ancora il telefono), raccomandando loro di essere molto prudenti e di attenersi ai suggerimenti che avremmo via via dato. Quella stessa notte però quattro ribelli si introducevano in casa nostra. Dopo aver derubato i nostri figli dei pochi soldi che avevano e del loro cellulare, volevano arruolare a forza il nostro Jean-Louis che ha un fisico da atleta. Invano i fratelli supplicavano di lasciarlo stare.

D’un tratto, inspiegabilmente, il capo dei ribelli ha rinunciato al suo proposito, e nel momento di lasciare la casa ha sussurrato all’orecchio della nostra figlia maggiore: “Andate via di qua al più presto: per questa volta lasciano stare vostro fratello, ma ritorneranno domani”. Poi indicò il sentiero da prendere.

Sarebbe stata una trappola? Dio solo sapeva. Comunque i ragazzi sono partiti appena fatto giorno. Con pochi soldi in tasca, hanno percorso a piedi 45 chilometri prima di arrivare ad una cittadina da cui continuare il viaggio a bordo di un camion. Ma il prezzo del trasporto, data la situazione, era triplicato. Uno sconosciuto però li ha fatti salire pagando per tutti e, nonostante le insistenze dei ragazzi non ha voluto lasciare l’indirizzo perché in seguito noi potessimo rimborsarlo.

Arrivati a Duokoué, i nostri figli hanno trovato alloggio da una famiglia anch’essa sconosciuta. Sono stati rifocillati, fatti lavare e accompagnati alla stazione per proseguire in pullman fino a Abidjan.

Al loro arrivo ad Abidjan, io e mio marito abbiamo pianto nel vedere in quali condizioni erano ridotti i nostri ragazzi; ma più forte per loro era stata l’esperienza dell’amore di Dio. L’indomani li abbiamo accompagnati a Dabou, presso un loro zio. Jean-Louis come prima cosa ha domandato dove si trovava una chiesa. “Sai, papà - gli ha confidato -, il tuo Dio è veramente forte!”. Proprio lui che, pur battezzato, ma non avendo ancora radici salde nella fede, era arrivato a dubitare della sua stessa esistenza.

Christine, Costa d’Avorio

Commenti a cura di Giuseppe B.