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dicembre 2006 -
1a AVVENTO
Ger 33,14-16 / 1Ts 3,12.13 - 4,2 / Lc 21,25-28.34-36
Vegliate e pregate in
ogni momento
(Lc 21,36)
La Chiesa oggi, con
piccoli segni, ci invita a ricominciare la nostra
storia sui passi della storia del popolo scelto a preparare la venuta di Gesù, l’Emmanuele,
Dio tra noi. Il clima di penitenza e di attesa
dell’incontro con Gesù, significato dal colore violaceo, dalla corona
dell’Avvento, dalla austerità dei riti liturgici, dobbiamo trasferirlo dalla
celebrazione alla vita.
Vigilare vuol dire fermarsi,
eliminare intorno a noi il fragore che non ci lascia pensare, anche spegnere la
TV, entrare nel guazzabuglio del nostro cuore per fare ordine, pulizia, spazio
per Colui che deve venire.
Pregare vuol dire metterci davanti a
Dio nel vuoto e nel silenzio, come Maria, pronti ad accogliere la Parola di Dio
perché in noi diventi carne, vita.
Perché questo avvenga
in ogni momento, bisogna amare chi ci sta vicino, rinnovare la nostra
vista con occhi di misericordia, di accoglienza, di
perdono, di servizio.
Allora Gesù non sarà
l’avvenimento solo del Natale, ma sarà Natale in ogni avvenimento, in ogni circostanza.
Le due certezze
della vita di Andrea sono gli anni di ergastolo che
gli restano da scontare e la fede nel Signore. Da dodici anni
vive negli istituti penitenziari, da quando venne arrestato per
associazione mafiosa.
Ma
tra le mura della cella ha incontrato Cristo. “Anzi –
racconta – riscoperto perché fin da piccolo ho avuto l’esempio di mia madre,
una contadina dalla profonda generosità. In carcere è conosciuto tra i
volontari e gli altri detenuti per la sua immensa fiducia nel Signore. “Non
rimpiango il passato, se sono qui è perché Lui l’ha voluto. Ho riscoperto la
fede e la salvezza dell’anima. Se fossi rimasto fuori forse non
sarebbe accaduto”.
In carcere lui
ci vive come se fosse in convento. Al mattino recita il Rosario sulle onde di
Radio Maria; quando andrà a dormire, verso le ventitré, saranno almeno quattro
i Rosari recitati. La maggior parte della giornata sta in biblioteca a studiare
e a meditare. I teologi preferiti sono s. Tommaso e s. Agostino “Anche se
quest’ultimo a volte è un po’ difficile” ammette Andrea, che ha fatto la quinta
elementare. Le medie le ha conseguite in carcere.
Risponde alle
numerose lettere che arrivano. “Ho dovuto ‘tagliare’ con un po’ di persone con
le quali mi scrivevo: costavo troppo”. Ne sono rimaste trenta. Una donna gli
chiede di pregare per la figlia ammalata di tumore.
Ma
non ha il desiderio di uscire? “La mia pace e la mia
libertà le trovo qui, in carcere, nella preghiera, nelle corrispondenze”
risponde lui.
Cuoco provetto,
Andrea negli anni settanta aprì un ristorante a Varese. Il locale divenne
presto uno dei più frequentati. Tra i clienti, anche alcuni mafiosi. E i clienti vanno sempre coccolati. “È
vero, ho commesso delle leggerezze. Ma da qui
ad essere mafioso…”.
Andrea emana una
serenità innaturale per un carcere. Alcuni lo considerano pazzo
ma a lui non importa, continua a recitare Rosari…
Da
“Avvenire”