3 dicembre 2000 – 1ª di AVVENTO

Ger 33,14-16 / 1 Ts 3,12 – 4,2 / Lc 21,25-28.34-36

 

VEGLIATE E PREGATE IN OGNI MOMENTO (Lc 21,36)

 

In queste due parole è racchiuso il segreto per affrontare sia le vicende più drammatiche della nostra vita sia le inevitabili prove della quotidianità.

Vigilanza e preghiera sono l’una indispensabile all’altra: non si vigila senza pregare, né si prega senza essere spiritualmente desti. Nel ritmo frenetico e coinvolgente della vita moderna, quale speranza ci può essere di non lasciarci addormentare dal canto di tante sirene? Come si può rimanere svegli e in guardia, come si può rimanere in  un atteggiamento di preghiera costante?

Forse abbiamo cercato di chiuderci in difesa contro tutto e contro tutti; ma la strada è un’altra e la troviamo sia nel Vangelo che nella stessa esperienza umana. Quando si ama una persona, il cuore vigila sempre attendendola e ogni minuto che passa senza di lei è in funzione di lei. Vigila bene chi ama. È dell’amore vigilare.

Così si fa in famiglia quando, lontani, si vive in attesa di rivedersi. Così agisce chi ama Gesù. Fa tutto in funzione di Lui, che incontra nelle semplici manifestazioni della sua volontà in ogni momento e incontrerà solennemente nel giorno in cui verrà.

“Vegliate e pregate in ogni momento”.

Anche la preghiera continua è tutta questione di amore, perché, a parte i momenti dedicati alle orazioni, tutta l’esistenza quotidiana può diventare preghiera, offerta, colloquio silenzioso con Dio: quel sorriso da donare, quel lavoro da svolgere, quella macchina da guidare, quel pasto da preparare, quell’attività da organizzare, quella lacrima da versare per il fratello o la sorella che soffre, quello strumento da suonare, quell’articolo o lettera da scrivere, quell’avvenimento lieto da condividere festosamente, quel vestito da ripulire... Se lo facciamo per amore, tutto, tutto può diventare preghiera.

Per essere vigilanti, per pregare sempre, occorre dunque essere nell’amore: amare cioè la sua volontà e ogni prossimo che ci metterà accanto.

stralci da un commento di Chiara L.

 

Quando sono stato messo in isolamento, fui affidato a cinque guardie: a turno, due di loro erano sempre con me. I capi hanno detto a loro: “Vi sostituiremo ogni due settimane con un altro gruppo, perchè non siate contaminati da questo pericoloso vescovo”. In seguito hanno deciso: “Non vi cambieremo più, altrimenti questo vescovo contaminerà tutti i poliziotti”. All’inizio le guardie non parlavano con me: rispondevano solo sì e no. Era veramente triste. 

Una notte mi è venuto un pensiero: “Francesco, tu sei ancora molto ricco, hai l’amore di Cristo nel tuo cuore; amali come Gesù ti ha amato”. L’indomani ho cominciato ad amarli di più, ad amare Gesù in loro, sorridendo, scambiando con loro parole gentili. Ho cominciato a raccontare storie sui miei viaggi all’estero..., sull’economia, sulla libertà, sulla tecnologia. Questo ha stimolato la loro curiosità e li ha spinti a pormi moltissime domande. Pian piano sono diventati amici. Hanno voluto imparare le lingue straniere: il francese, l’inglese... Le mie guardie sono diventate i miei scolari.

In un giorno di pioggia ho dovuto tagliare la legna. Ho domandato alla guardia: “Posso chiederle un favore?” - “Mi dica, la aiuterò.” - “Vorrei tagliare un pezzo di legno a forma di croce.” - “Lei non sa che è severamente proibito avere qualsiasi segno religioso?” - “Lo so,  ma siamo amici, e prometto di tenerla nascosta.” - “Sarebbe estremamente pericoloso per noi due.” - “Chiuda gli occhi, la farò adesso, e sarò molto cauto”. Egli si è allontanato e mi ha lasciato solo. Ho tagliato la croce e l’ho tenuta nascosta in un pezzo di sapone fino alla mia liberazione. Con una cornice di metallo, questo pezzo di legno è diventato la mia croce pettorale.

 

Francois van Thuan, vescovo del Vietnam, 13 anni di prigionia di cui 9 in isolamento.