settembre 2006

 

3 settembre 2006 - 22a domenica t. ord.

Dt 4,1-2.6-8 / Gc 1,17-18.21b-22.27 / Mc 7,1-8.14-15.21-23

ò

 Siate quelli che mettono in pratica la Parola,

e non ascoltatori soltanto (Gc 1,22)

 

L’ascolto attivo della Parola distingue la vera religiosità dall’illusione di essere religiosi. Se vogliamo ricevere efficacemente la Parola di Dio o qualsiasi dei suoi doni, dobbiamo essere disposti rettamente: essere capaci di ascolto e di autocontrollo della lingua e degli impulsi del cuore. La Parola va ascoltata per essere “fatta”, “messa in pratica”. Deve essere attualizzata costantemente per ottenere l’efficacia del suo potere salvifico. Questa sarà raggiunta se si traduce nell’osservanza pratica di quello che è stato udito, attraverso l’azione, nelle relazioni umane che la vita di ogni giorno ci offre. Il “credo” deve spingere necessariamente all’azione; altrimenti rimane sterile. Il credente è un uomo che pratica quello che ha udito.

Per farci capire l’importanza del fare la Parola, Giacomo usa l’immagine dello specchio. Non serve a nulla osservare nello specchio il disordine che abbiamo in volto, se non si arriva a toglierlo. Così è di colui che ascolta la Parola: non ne riceve nessuna utilità se non lo spinge all’azione. Maria ai servi delle nozze di Cana dice: “Fate quello che vi dirà”; oggi, questo, vale anche per noi: “fare” la Parola che il Signore ci rivolge.