3 febbraio 2002 – 4ª domenica t.o.

Sof 2,3; 3,12-13 / 1 Cor 1,26-31 / Mt 5,1-12

 

BEATI I PURI DI CUORE: VEDRANNO DIO!

Mt 5,8

Nell’apparizione che ricorderemo il prossimo 11 febbraio l’Immacolata disse a Bernardette: “Non ti prometto di renderti felice in questo mondo, ma nell’altro”. Questa espressione potrebbe sottolineare una diversità sostanziale tra la vita presente e quella futura, perciò essa va compresa alla luce della Parola di Dio, per esempio delle beatitudini. Se “il Paradiso è una casa che si abita di là, ma si costruisce di qua”, le beatitudini dicono che la qualità di vita e di felicità che proclamano può e deve cominciare fin da quaggiù, pur sempre nella notte della fede, nella speranza oltre ogni speranza, nella sofferenza offerta con amore.

Il puro di cuore non è dominato dagli inquinamenti dei pregiudizi e dalle prevenzioni, perché è abitato dallo Spirito Santo come il cuore immacolato di Maria.

Ogni beatitudine assicura a chi la vive un centuplo. A chi è puro di cuore viene donata la visione di Dio. Il puro di cuore avrà la visione piena, eterna, beatifica e beatificante, ed ha quaggiù la visione di Dio attraverso tutte le icone della Sua presenza: la Parola, l’Eucaristia, la comunità, i fratelli, gli avvenimenti, le sofferenze stesse...

Il puro di cuore inoltre sperimenta una fecondità grandissima, perché, come Gesù, può avvicinare le persone più ferite ed angosciate con la capacità di capirle profondamente e assumerne la sofferenza senza lasciarsi travolgere da essa.

Come tutte le beatitudini, quella dei puri di cuore è un dono di Dio. Non possiamo procurarcela da noi stessi e non possiamo nemmeno comprenderla senza lo Spirito Santo, perché da soli rimaniamo ripiegati su noi stessi e vediamo le persone attraverso lo schermo del nostro io.

Soltanto Dio può concederci la purezza di cuore indispensabile per vedere e amare i fratelli come Lui li vede e li ama e per vivere ogni momento come occasione per incontrarLo e vederLo nella Sua volontà.

Siamo chiamati ad essere beati; siamo chiamati a vedere Dio. Domandiamo spesso questa grazia, e facciamo la nostra parte per togliere dal cuore tutto ciò che gli impedisce di essere puro. 

G. B. e L. C.

Anche il cuore di chi ha ucciso, se purificato dal dolore e dal pentimento, si apre alla vita e può ricevere la benedizione di Dio!

Nella vita di Gandhi, narrata dall’omonimo film, c’è una scena molto forte e significativa. Davanti a lui, prossimo alla morte per il digiuno portato fino alle estreme conseguenze nell’intento di ottenere la fine degli scontri sanguinosi tra indù e musulmani, si presentano alcuni guerrieri che depositano le armi in segno di pace. Da ultimo si presenta un indù dallo sguardo truce suscitando l’allerta di quanti stanno attorno al mahatma. Quello, gettandogli un pezzo di pane sul letto, grida: “Mangia!... Mangia!... Io andrò all’inferno, ma non con la tua morte sulla coscienza!”. Risponde Gandhi: “Solo Dio può decidere chi va all’inferno”. “Ho ucciso un bambino, gli ho spaccato la testa contro un muro!”. “Perché?” “Hanno ucciso mio figlio..., il mio bambino..., i musulmani l’hanno ucciso!”. “Io conosco una via di uscita dall’inferno... Trova un bambino di cui il padre e la madre siano stati uccisi..., crescilo come se fosse tuo..., ma sii sicuro che sia un musulmano... e che lo crescerai come tale!”.

L’indù senza dire una parola, ma accogliendo l’invito di Gandhi, si butta ai suoi piedi in un pianto liberatorio. Il mahatma lo invita ad andarsene in pace con le parole: “Va’, Dio ti benedica”.

(Trascrizione dal film ‘Gandhi’)