2 dicembre 2001 – 1ª AVVENTO

Is 2,1-5 / Rm 13,11-14 / Mt 24,37-44

 

VEGLIATE, IL SIGNORE VOSTRO VERRÀ

Mt 24,42

Inizia, con questa domenica, l’anno liturgico: la tappa che cominciamo si chiama Avvento (= venuta). È caratterizzata dall’attesa umana del Salvatore. Tutto è proiettato verso questa venuta.

Tutta la nostra vita è un’attesa. Allo stadio migliaia di spettatori attendono il goal, e gli altri attendono il pareggio. Il quattordicenne attende il motorino;  l’alunno attende la promozione; il disoccupato attende il lavoro; la giovane coppia di sposi attende la nascita del primo figlio. Quante attese! Ci sono attese serie, che riguardano il senso della vita; ci sono attese superficiali.

Come cristiani siamo chiamati a vivere in stato di attesa, orientando lo sguardo, degli occhi e del cuore, in direzione della venuta del Signore. Che è sempre duplice: dal giorno in cui è nato come uno di noi egli continua a venire, a farsi incontro nell’oggi della vita; e poi verrà, alla fine, nella sua venuta ultima. Per questo l’evangelista Matteo sintetizza l’atteggiamento del cristiano con un verbo caratteristico: “Vegliate”. Non è possibile programmare e pronosticare l’arrivo del Signore, sia il primo che l’ultimo, perché è sempre sorprendente, improvviso, imprevedibile. Soltanto il vegliare permette di non essere colti alla sprovvista, di essere contemporanei a questo duplice avvenimento.

Tenere gli occhi aperti è la prima condizione per vedere il Signore che viene. Il sonno ci rende assenti. Il sonno può essere il disinteresse, l’indifferenza, l’inerzia, l’estraneità. Ossia pensare l’incontro con il Signore come a qualcosa che  non ci riguarda, di cui non sappiamo che farcene.

Vegliare vuol dire rompere con le opere delle tenebre, come dice san Paolo: con la menzogna, con l’ipocrisia, con la superficialità. E il cristiano veglia non perché ha paura, ma perché ama. Amiamo tanto il Signore che non vogliamo perdere nessun appuntamento con Lui, perché siamo sicuri che anche l’incontro più semplice è grande e importante per la nostra vita.

Giovanni C.

 

“Noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19) e possiamo dire che in noi c’è il desiderio della ricerca di Lui perché Egli per primo si è chinato su una umanità in cerca di senso e pienezza di vita. L’importante è... cercare!

Un uomo si era perso nel deserto. Esaurita la scorta di acqua e di viveri, si trascinava penosamente sulle ghiaie roventi. Improvvisamente vide davanti a sé delle palme e udì un gorgoglio d’acqua. Ancora più sconfortato pensò: “Questo è un miraggio. La mia fantasia mi proietta davanti i desideri profondi del mio subconscio. Nella realtà non c’è assolutamente niente”. Senza più speranza, vaneggiando, si abbandonò esanime al suolo. Poco tempo dopo, lo trovarono due beduini. Il poveretto era ormai morto. “Ci capisci qualcosa?” disse il primo. “Così vicino all’oasi, con l’acqua a due passi e i datteri che quasi gli cadevano in bocca! Come è possibile?”. Scuotendo il capo, l’altro disse: “Era un uomo moderno”.

da “L’importante è la rosa” di Bruno Ferrero