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aprile 2006 - 5a di Quaresima
Ger 31,31-34 / Eb
5,7-9 / Gv 12,20-33
Se il chicco di grano
muore, produce molto frutto
(Gv 12,24)
È Gesù quel chicco di grano. In questo tempo di
Pasqua egli ci appare dall’alto della croce, suo martirio e sua
gloria, nel segno dell’amore estremo. Lì tutto ha donato: il perdono ai
carnefici, il Paradiso al ladrone, a noi la madre e il suo corpo e il suo
sangue, la vita sua, fino a gridare: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
Che poteva darci di più un Dio che, per amore,
sembra dimenticarsi di essere Dio? E
ha dato a noi la possibilità di diventare figli di Dio: ha generato un popolo
nuovo, una nuova creazione.
Come ha fatto Lui a “portare molto frutto”?
Ha condiviso tutto di noi. Si è addossato le nostre sofferenze. Si è fatto con
noi tenebra, malinconia, stanchezza, contrasto... Ha provato il tradimento, la
solitudine, l’orfanezza… In una parola si è fatto
“uno con noi”, facendosi carico di quanto ci era di
peso.
Così noi. Innamorati di questo Dio che si fa
nostro “prossimo”, abbiamo un modo per dirgli che gli
siamo immensamente grati per il suo infinito amore: vivere come ha vissuto
Lui. Ed eccoci a nostra volta
“prossimi” di quanti ci passano accanto nella vita, volendo esser pronti a
“farci uno” con loro, ad assumere una disunità, a condividere un dolore, a
risolvere un problema, con un amore concreto fatto servizio.
Gesù nell’abbandono s’è tutto dato; nella
spiritualità che s’incentra in Lui, Gesù risorto deve risplendere pienamente e
la gioia deve darne testimonianza.
ESSERE
PRONTI A “FARCI UNO”
La separazione da mio marito
mi aveva immersa nella sfiducia in me stessa e in
qualsiasi altro punto di riferimento, oltre a darmi un grave senso di colpa.
Poi, con l’aiuto della mia famiglia e di persone amiche, ho trovato ancora un
po’ di forza per vivere. Mi sono rivolta a Gesù, abbandonato da tutti sulla
croce. Io gli somigliavo un po’, è diventato il mio
“compagno”.
Ho imparato a staccarmi
dalle mie idee, a rispettare mio marito nelle sue
scelte di vita, a non giudicarlo. Non è stato tutto così semplice, anzi... Inoltre i passi non sono fatti una volta per sempre, bisogna
ricominciare ogni giorno. Ma ho potuto fare nella pace
alcune scelte dolorose, ad esempio, rimanere nella casa che mi ricorda la mia
vita di coppia. Parlando con i miei tre figli più grandi, ho capito che era
meglio rimanere nella nostra casa, perché potessero continuare a vivere nel
loro ambiente.
Il giorno della cresima
di Gael, il mio figlio minore, è venuto anche mio marito e si è messo a fare il pane. Ho cercato di far
sentire tutti a casa: il perdono ha sostituito la paura e i dubbi. È stata una
giornata meravigliosa che ha raggiunto il momento culmine
quando abbiamo condiviso il pane che il papà aveva fatto.
B. G.,
Mauritius