2 febbraio 2003 – Presentazione del Signore

Ml 3,1-4 / Eb 2,14-18 / Lc 2,22-40

Luce per illuminare le genti

(Lc 2,32)

Quaranta giorni dopo la sua nascita, Maria e Giuseppe, per obbedire alla legge mosaica,  portano Gesù al tempio e lo presentano al Signore.

Al tempio incontrano Simeone e Anna che riconoscono Gesù come Redentore. In particolare Simeone uomo giusto e timorato di Dio, che attendeva con ansia la venuta del Messia, ha avuto la fortuna di prenderlo tra le sua braccia. In un momento di intensa commozione egli benedisse Dio “i miei occhi hanno visto la tua salvezza, luce per illuminare le genti”. E a Maria “questo bambino è segno di contraddizione”.

Sono parole che ci fanno capire come il cristiano deve fare una scelta fra la luce e le tenebre, fra seguire Gesù o il mondo. Si lascia illuminare da Gesù e dalle sue proposte di vita e va controcorrente per testimoniare la propria adesione a Lui, per esser fedele alla legge di Dio, come Maria e Giuseppe, per accogliere la vita fin dal suo concepimento.

Questo può attirarci la commiserazione e forse la derisione di chi ci sta attorno. Allora le parole di Simeone a Maria: “A te una spada trafiggerà l’anima” ci ricordano che il dolore fa parte della vita del cristiano e che, se è accettato con fede e vissuto con amore, farà anche del discepolo di Gesù un sicuro strumento di luce per dissipare le tenebre del male del mondo.

 

Mi sono unita ad un gruppo che si tiene collegato via internet, tutti amici dell’infanzia. Regolarmente ci aggiorniamo su ciò che accade nei nostri ambienti, qualche volta discutiamo su argomenti particolari o semplicemente chiacchieriamo, scambiandoci aneddoti, barzellette, storie varie.

Una volta uno del gruppo ha spedito a tutti una fotografia porno. Con mia sorpresa nessuno ha reagito; al contrario, la cosa ha provocato ilarità. Il tutto mi è sembrato un atto d’immaturità. La mia risposta è stata immediata per tutti, senza preoccuparmi se qualcuno poteva ritenermi conservatrice. Sono stata sincera, affrontando il dunque senza tergiversare. Concludevo la lettera dicendo che ero pronta a lasciare il gruppo ed ho posto una domanda sull’amicizia vera.

Sapevo di correre un rischio. Sei anni prima ero già stata esclusa dallo steso gruppo per simili ragioni. Ma non potevo rimanere passiva; so che dobbiamo farci uno, ma non nella volgarità, nella banalità.

Subito sono arrivate le risposte, non tutte concordi con me, naturalmente. Il ragazzo che aveva preso l’iniziativa, scusandosi per la fotografia, mi ringraziava per aver ricordato loro che non tutto ciò che è possibile è bello e buono.

Arlene A., Filippine