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novembre 2005 - TUTTI I SANTI
Ap 7,2-4.9-14 / 1 Gv 3,1-3 / Mt 5,1-12a
Beati i
miti perché erediteranno la terra
(Mt 5,5)
Chi è il mite? È colui che non si irrita davanti al
male e non si lascia trascinare dalle emozioni violente. Egli sa dominare e
imbrigliare le proprie reazioni, soprattutto la collera e l’ira. La sua mitezza
non ha tuttavia niente da spartire con la debolezza o la paura. Non è
connivenza col male o con l’omertà. Al contrario, essa richiede una grande forza d’animo, dove il sentimento del
rancore e della vendetta cede il posto all’atteggiamento energico e calmo del
rispetto degli altri. Con la beatitudine della mitezza, Gesù propone un nuovo
tipo di provocazione: porgere l’altra guancia, fare del bene a chi ci fa del
male, dare il mantello a chi ci chiede il vestito… Essa sa vincere il male con il bene.
Nella promessa della terra
si intravede un’altra patria, quella che Gesù, nella prima e nell’ultima delle
beatitudini, chiama «il Regno dei cieli»: la vita di comunione con Dio, la pienezza della vita che non avrà mai fine. I
miti mentre lavorano per edificare una società più giusta e più vera -
evangelica -, si preparano a ricevere in eredità il Regno dei cieli e a vivere
«nei cieli nuovi e nella terra nuova».
In grandi personaggi che
hanno lasciato questa terra - quali Giovanni Paolo II, Teresa di Calcutta,
Roger Schutz - abbiamo visto irradiare la mitezza
in modo tale da incidere sulla società e sulla storia, spronandoci nel nostro
cammino.
L’«arte di amare» traspare da tutto il Vangelo. L’hanno imparata anche tanti bambini. Giocano con un dado speciale, che chiamano il «dado dell’amore». Ogni sua faccia riporta una frase su come amare, seguendo l’insegnamento di Gesù: amare tutti, amarsi a vicenda, amare per primi, farsi uno con l’altro, amare Gesù nell’altro, amare il nemico. All’inizio della giornata lo tirano e cercano di mettere in pratica la parola che viene fuori. Raccontano le loro esperienze.
Il «dado» dei bambini può contagiare anche i grandi
e insegnare anche a loro a vivere la mitezza.
Un giorno il papà di Francesco, un bambino che ha 3
anni e vive a Caracas, torna a casa irato perché ha avuto un contrasto con un
collega di lavoro. Lo racconta alla mamma e anche lei se la prende con
quell’uomo. Francesco va nella sua camera, torna con il dado e dice: «Tirate il
dado dell’amore!» Lo lanciano insieme. «Ama il nemico». I genitori capiscono...
da «Il dado dell’amore»,
Città Nuova