novembre 2004

UNA COMUNITÀ DI SANTI

 

Oggi in una parrocchia normale la gente pensa così: “Il nostro parroco ha un sacco di cose da fare: deve predicare, incontrare la gente, seguire gli anziani, i giovani, organizzare il catechismo…Poverino! Diamogli una mano, altrimenti come fa? E quando non ci saranno più preti, addio Chiesa e addio Vangelo!”. L’idea che sta sotto a questo ragionamento è che tocca ai preti annunciare Gesù, i laici possono al massimo provare compassione per loro e aiutarli a fare cose che spettano a loro.

E se fosse vero il contrario?

La vita di Gesù è stata interamente dedicata a far sì che la vita di ogni uomo sia un capolavoro di bontà, di generosità, di bellezza; perché i giovani cambino il mondo in un regno di giustizia e di pace; perché gli uomini vivano in comunione con Dio e tra di loro. I primi cristiani, che avevano capito questo, non erano più andati al tempio a chiedere ai sacerdoti di ammazzare per loro un vitello da offrire a Dio. Il nuovo culto non è più fatto di sacrifici separati dalla vita, ma dai nostri affetti, dal nostro amore, dal nostro lavoro…dalla nostra vita! Il Vangelo va fatto risplendere nel lavoro, nello studio, negli affari, nelle nostre relazioni.

Ecco il rovesciamento di mentalità: sono i preti a servizio dei laici, perché il loro compito è quello di aiutare tutti i credenti a fare della propria vita un dono a Dio e ai fratelli. Sono allora i giovani a dialogare e a incontrare i giovani nei patronati o nelle discoteche; è la famiglia che educa i figli alla fede; sono giovani e adulti, ragazzi e ragazze, a rendere bella la domenica… Forse non è un caso che, vivendo così, facendo della propria vita un’offerta a Dio, i primi cristiani si chiamassero tra di loro “santi”; ed è di questo tipo di santità, dentro la realtà quotidiana, che ha bisogno la vita delle nostre parrocchie.

Umberto S.