MISSIONARI COME MARIA
Mi hanno sempre colpito i
suoi occhi luminosi e il suo sorriso aperto, limpido: è don Giovanni, prete
padovano che mi accoglie così, per donarmi frammenti preziosi della sua
esperienza trentennale in Africa, in occasione del Mese Missionario per eccellenza, Ottobre, che segna inoltre anche
la chiusura dell’Anno del Rosario.
Una grave malattia lo
costringe al riposo forzato ma, osservandolo, diresti che quella poltrona sulla
quale è disteso non richiama alla compassione; è piuttosto un ‘trono regale’,
immagine di quell’Amore offerto ‘fino alla fine’.
Come Maria ti è stata vicina nella tua vita di cristiano e di
missionario?
«È stata la mamma a
distillare un amore a Maria che è invocazione e imitazione. Poi, da Sacerdote,
ho capito che non solo potevo imitarla ma potevo riviverla in me, soprattutto Desolata, quando il Vescovo mi ha
chiesto di partire per l’Africa e così lasciare la Parrocchia, gli amici e
soprattutto i famigliari. Maria mi ha protetto in tutti questi 31 anni di
missionario, in particolare da quando, 15 anni fa, mi fu data la responsabilità
di un Ospedale Missionario. Alla sera prima di coricarmi sgranavo il Rosario
chiedendo a Maria di colmare con la sua materna cura tutti i vuoti di amore
della giornata; sentivo così il cuore farsi più leggero e sereno. Era come se
ristabilisse l’armonia dentro di me e nei rapporti con le persone. È stata la
sua presenza a farmi accogliere come Amore di Dio anche la mia ultima malattia:
proprio dopo la celebrazione dell’Eucaristia, presso un suo Santuario, la paura
e la trepidazione che opprimevano terribilmente il mio cuore hanno lasciato
posto ad una grande pace e ad una inspiegabile serenità».
Cosa porti ora nel cuore di più prezioso, vivendo questo dolore?
«Un amico mi ha suggerito le
parole di S. Paolo “che io diminuisca e
che lui cresca”. ‘Alla fine - mi diceva - quella che noi chiamiamo volontà
di Dio non è altro che accettare con gioia la nostra ‘diminuzione’ (lasciare improvvisamente
attività, Ospedale, Africa e... salute), se è vero che il Tutto (Dio) può
abitare solo sul nulla (io) e se è
vero che il nostro destino è quello di essere incorporati in Lui’. Proprio
così!
Ripeto tante volte durante
il giorno nel mio cuore le invocazioni ‘per
Te Gesù’, ‘Sei Tu l’unico mio bene’
o quelle di S. Teresina ‘per amarti non
ho che questo momento’. Lo facevo anche in Missione, ma ora mi aiutano a
vivere un’unione più profonda con Dio, rendendo l’apparente monotonia del
giorno una continua offerta, una prolungata Messa».
Come può un cristiano, impegnato nella vita familiare e professionale,
vivere e approfondire la dimensione missionaria della sua fede?
«Essere missionari vuol dire
essenzialmente portare Gesù o farlo
rinascere, proprio come Maria. Ecco il nostro segreto: accogliere Maria nel proprio
cuore. Con Lei si riscopre il grande annuncio missionario avuto nel
battesimo: tutti siamo fratelli perché figli dello stesso Padre!
Maria, come ha fatto con
Elisabetta, ci invita a condividere il nostro amore con chi è nel bisogno; a far
sì che il nostro amore sia aperto a tutti, senza alcuna esclusione; ci sprona
ad essere i primi a prendere l’iniziativa nell’amare, senza badare a offese
ricevute o a pregiudizi; ci aiuta a vedere il volto di Gesù in ogni fratello,
anche in coloro in cui sembra un po’ nascosto o rovinato. L’Amore vince tutto!».
Grazie, Giovanni, del tuo
essere dono; anche a te, come al Discepolo sotto la croce, Gesù dice: “Ecco la tua madre”.
a cura di Alberto P.