aprile 2005

UNA LUCE CON I CHIODI

«Oh, una luce con i chiodi!». Questa l'espressione di un bambino davanti al cero pasquale acceso, con in evidenza i grossi grani di incenso posti a forma di croce. Spesso, della vita, vediamo e sentiamo solo i chiodi…ed è un modo triste di condurre la propria esistenza: è come, in un mazzo di rose, vedere solo le spine e parlare solo di quanto pungono!

E la luce? Vivere questo tempo pasquale è imparare a vivere nella luce del Risorto, è guardare in faccia alla luce, è diventare noi stessi luce. È vero che noi tutti siamo «inchiodati» a noi stessi e agli altri, al nostro tempo e alle nostre responsabilità; ma è proprio così che Gesù, inchiodato alla nostra croce fino alla morte, è divenuto la luce, capace di penetrare anche attraverso le porte chiuse della morte. Per questo, risorto, mostra ai discepoli i segni dei chiodi: perché quel passaggio che sembra a tutti impossibile, dal dolore alla luce, è invece avvenuto: una «luce inchiodata».

Continuamente siamo chiamati a ripetere questo «passaggio» (e la parola «Pasqua» significa appunto questo) dai chiodi alla luce, dal dolore all'amore, dalla morte alla vita, andando sempre al di là delle apparenze per guardare alle persone, alla vita e alle cose con gli occhi del Risorto; occhi capaci di non fermarsi mai davanti alle porte chiuse della paura, dell'indifferenza, del male, per trovare sempre anche un solo piccolo spiraglio attraverso il quale far filtrare un raggio di luce.

L'augurio che ci facciamo è di vivere questo tempo pasquale con quella «luminosità” contagiosa che ci viene dall'essere stati «illuminati» e «trafitti» dalla Luce con i chiodi!

Umberto S.