Solo nell’amore la verità si rivela in tutta la sua ricchezza

Di Stefan Tobler

Focolarino svizzero e teologo nella Chiesa riformata, Stefan Tobler vive da circa 10 anni in Olanda. Nella spiritualità dell’unità ha trovato la via per avere relazioni profonde con i cattolici, senza trascurare le diversità.

Provengo da una famiglia di fede riformata ed ho avuto sin da piccolo un buon rapporto con la mia chiesa. A scuola facevo parte di un gruppo biblico che mi ha aiutato a maturare una scelta personale della fede. Lì ho imparato anche ad amare la Bibbia e la preghiera.

Mentre studiavo teologia a Zurigo, ho incontrato il Movimento dei focolari. Avevo ascoltato tante belle meditazioni sugli ideali delle prime comunità cristiane, ma adesso incontravo dei giovani che vivevano con grande concretezza il vangelo, al punto da mettere in comune i loro beni. Ciò mi colpiva ed era una bella sfida per me che ero figlio di un banchiere svizzero. Ho cominciato a condividere anch’io i miei beni, ed ho trovato in questo una grande libertà.

Vivendo con intensità la Parola di Dio, mi sono accorto che tutte le Parole della Scrittura, considerate nel loro nucleo, conducono ad una medesima realtà: l’amore. Cominciare a puntare lì e solo lì: ecco una bella conversione nella mia vita e nelle categorie del mio pensare.

Questo amore aveva la forza di far crollare muri – muri sociali, politici e religiosi. Durante la seconda parte dei miei studi condividevo la casa con alcuni altri giovani dei Focolari. Eravamo cattolici e riformati. Ma nella tensione al carisma più grande, nella vocazione all’amore, eravamo tutti uguali.

"Ho cominciato ad amare Maria nella sua fisionomia biblica"

Ma c’era di più. Quando l’amore è vero, si rivolge all’altro così come è, nella sua unicità e diversità – e questo anche e in modo speciale sotto il profilo della fede. Nella nostra vita comune si verificavano perciò, di tanto in tanto momenti che ci rendevano improvvisamente ed anche dolorosamente consci delle nostre differenze.

Faccio l’esempio più tipico: Maria. Quando mi resi conto che i miei amici cattolici si rivolgevano a lei nella preghiera e la consideravano protagonista nelle vicende di questo mondo, di colpo si ravvivò in me tutta la protesta della riforma. Ne parlavamo spesso. E così con la mente ho potuto penetrare tanti aspetti della fede dei miei amici. Ma allo stesso tempo il retaggio della storia era molto più radicato in me di quanto non pensassi. Ci sono voluti anni perché si facesse strada nel profondo di me quella riconciliazione che sarebbe stata in grado di andare al di là di cinque secoli di storia.

Col tempo, ho imparato a riconoscere che erano stati proprio questi amici cattolici a portarmi più vicino a Cristo, e perciò la loro venerazione per Maria non poteva essere così in contraddizione col cristianesimo, come mi era parso a prima vista. Interiormente rasserenato, ho cominciato ad amare Maria nella sua fisionomia biblica. Ma soprattutto ho imparato ad accettare le differenze che permanevano, senza voler avere una risposta a tutte le mie domande.

Comunione con l’Abbandonato: "Non temere, sono io"

Più ci si vuol bene, più può costare alle volte questo vivere insieme nella diversità. E questo vale certamente per il punto più doloroso del cammino ecumenico: la questione della comunione eucaristica.

Con essa è legata una esperienza-chiave della mia vita. Finiti i miei studi di teologia, ho trascorso due anni in un centro di formazione dei Focolari in Italia. Quasi tutti gli abitanti erano cattolici. Ogni giorno c’era la possibilità di assistere ad una celebrazione eucaristica. Ed io in genere vi assistevo per non perdere questo momento di preghiera. Ma prendere la comunione? Conoscevo la posizione ufficiale della Chiesa cattolica in proposito. Partecipare alla comunione con tutti gli altri avrebbe significato non essere pronto ad affrontare la verità: cioè il fatto che la relazione tra le chiese non era ancora a posto.

Nel corso di alcune settimane, degli interrogativi sempre più brucianti mi si imponevano durante la celebrazione; domande che nella loro semplicità mi toccavano esistenzialmente. Chi ha ragione – mi chiedevo – nella questione dell’Eucaristia? Forse non si potranno mai riconciliare le vedute delle nostre chiese? Oppure anche: forse mi manca veramente qualcosa di essenziale? Posso rimanere in questo posto se non posso condividere con gli altri questo momento di incontro con Dio?

Mi ricordo poi un determinato giorno come se fosse ieri. Ero lì seduto in chiesa, tormentato da questi dubbi. E improvvisamente mi si affaccia un volto, un nome, che conoscevo bene dalla spiritualità dell’unità, ma che forse solo in quel momento ho incontrato veramente: Gesù abbandonato, che significa: Gesù crocifisso nel momento in cui grida l’abbandono da Dio. Lui che in quel momento aveva preso su di sé e superato tutto lo strazio del mondo, lui mi veniva incontro nei miei dubbi personali. Mi sembrava che mi dicesse: non temere, sono io. È stata l’esperienza di una vera comunione con lui, l’Abbandonato.

"In lui ho trovato quel Dio che riempie ogni vuoto"

Dopo quella messa non potevo più contenere la mia gioia, dovevo raccontare a tutti: ho trovato! Che cosa avevo trovato? Avevo raggiunto quel fondamento che mi portava, che tutto contiene e tutto trasforma. Avevo trovato in Gesù abbandonato quel Dio che riempie ogni vuoto. Possono esserci interrogativi che non trovano risposta, ma sempre portano quel volto, quel nome. Da quel giorno, la questione dell’Eucaristia non è stata mai più assillante per me, perché avevo incontrato l’origine e la fonte dell’Eucaristia.

In lui ho trovato chi mi legava per sempre con l’altro, con chi è diverso da me; e più eravamo uniti in lui, più ognuno trovava la sua identità distinta. Vi racconto un esempio che mi ha colpito.

Due anni fa, avevo raccontato questa esperienza con l’Eucaristia in un’altra occasione. Qualche tempo dopo mi è arrivata una lettera da una giovane cattolica, figlia di una coppia mista. Mi raccontava che non era mai riuscita a capire sua madre che le chiedeva con tanta insistenza di partecipare ogni domenica alla messa. Nelle mie parole, in cui parlavo di Gesù abbandonato e spiegavo di aver trovato la pace nel non partecipare all’Eucaristia, lei è rimasta così colpita dall’amore di Gesù per noi, per lei, che è nato in lei il desiderio di accostarsi all’Eucaristia non solo la domenica, ma ogni giorno.

Ogni tanto, nel Movimento dei focolari, ci incontriamo tra teologi di varie tradizioni. Ciò che vale sul piano della vita, vale anche sul piano intellettuale. Prima di tutto voglio che l’altro si possa esprimere del tutto, così come è. Mi fa forse male qualche sua espressione? Rimango qualche volta senza parole, senza risposte? Non mi deve far paura. So che anche qui, in questo vuoto, c’è il volto di Gesù abbandonato. In Lui stiamo bene, in Lui ci ascoltiamo fin in fondo, è Lui la via per restare sempre nell’amore – e solo nell’amore la verità può rivelarsi in tutta la sua ricchezza.