Tutto nasce da una ferita

di Gianni Beraudo

La nostra debolezza e miseria possono diventare lo spazio libero in cui Dio può continuare a creare. L’esperienza di un sacerdote cinquantenne nella notte della malattia.

Vi racconto qualche momento della mia storia, della storia della mia speranza.

Da anni combatto una dura battaglia contro la malattia, una malattia che mette alla prova tutte le certezze che mi ero costruito, le mie sicurezze, i miei sogni.

I primi tempi sono stati ancora più duri, per l’incertezza della diagnosi, per il sospetto che sentivo negli altri circa la vera natura del mio male.

Quando mi è stata fatta una diagnosi precisa di questa malattia ho provato quasi un senso di sollievo. Finalmente conoscevo "l’ospite" con cui avrei dovuto convivere.

Quello che sono adesso rimane per me ancora un’incognita: sono tormentato e contemporaneamente felice, carico di bene e di male, uno che benedice e si sente affranto, uno che dispera e spera insieme; uno sempre in lotta, non tanto per rimpiangere qualcosa di perduto, ma per sognare qualcosa da raggiungere.

È difficile, quasi impossibile, dire Dio, così come è difficile, quasi impossibile dire il dolore. Forse sono le due facce dello stesso mistero.

E non è stato ancora inventato l’alfabeto capace di decifrare la sofferenza del corpo.

A me aiuta volgermi nella direzione di Gesù abbandonato.

Neppure Lui è riuscito a parlare del proprio dolore atroce, della sua sofferenza "disumana". E quando è riuscito ad infrangere la barriera del mutismo, quando ha tentato di dire qualcosa, ha cavato dalla gola soltanto un grido.

In quel grido cerca e trova il suo senso il nostro grido e il nostro dolore. è un mistero!

No, non voglio idealizzare il dolore. è sempre un qualcosa da combattere, ma è una strada: nulla di nuovo nasce senza il dolore. Basta pensare alla nascita di un bambino, oppure al seme che muore sottoterra, o ancora all’ostrica ed alla perla.

Tutto ciò che è nuovo nasce sempre da una ferita. Gesù abbandonato ha fatto crescere in me ed attorno a me un amore particolare per chi porta con sé delle difficoltà. Da questa attenzione sono nate (in questi ultimi anni) cooperative sociali e laboratori per persone che difficilmente si sarebbero inserite nel circuito lavorativo normale, un negozio per il commercio equo e solidale e ultimamente una banca etica per un risparmio alternativo.

La ferita è spesso il luogo dell’incontro: il passaggio per noi nell’altro ed il passaggio per l’altro in noi.

È ancora il luogo dell’incontro con Dio: un Dio dal volto ancora misterioso, ma che non vuole mai la sofferenza dell’uomo; un Dio che è mano e voce, voce che ci invita, mano che solleva; un Dio che non ci dà una risposta facile al problema della sofferenza, soffre con noi.

Se ammettiamo la nostra miseria personale, questa povertà, questa debolezza potrà diventare lo spazio libero in cui Dio potrà continuare a creare.

Vorrei farvi dono di una poesia che ho scritto alcuni anni fa. Riguarda la primavera: una stagione che mi affascina. In essa spunta qualche cosa là dove pareva impossibile: un germoglio, persino un fiore. La primavera sa trasformare la terra e il fango in bellezza.

Eppure è primavera

La pioggia insistente
di questi giorni
rattrista il mio cuore
lavato di lacrime amare.
Eppure è primavera...

Un uomo si è arreso,
ha dimissionato dalla vita,
stanco del suo viaggio
solitario e tormentato.
Insieme a lui
vorrei gridare ancora...
Eppure è primavera...

Migrazioni bibliche,
morti a migliaia
per affermare
la forza di chi vince.

Guerra di poveri.
Eppure è primavera...

Sto in silenzio
per ascoltare
il canto impercettibile
delle stelle.
La notte è buia.
Eppure è primavera...

Vivere
il ritmo misterioso
della precarietà.
Le mani strette
sopra il niente.
Eppure è primavera...

Ancora una volta
è sbocciato un fiore.
Profumo della terra
e del glicine
alto verso il cielo.
Perché è primavera.

E vorrei concludere con un breve testo di Chiara:

Vorrei testimoniare al mondo che Gesù abbandonato ha riempito ogni vuoto, ha illuminato ogni tenebra, ha accompagnato ogni solitudine, ha annullato ogni dolore, ha cancellato ogni peccato.