Scelta di Dio prima di tutto

di Joseph Zammit (Malta)

Dopo pochi anni di ministero, un giovane sacerdote, ricco di talenti e stimato dalla gente, sperimenta in sé un inspiegabile vuoto. è il momento per mettere radici più profonde e centrare la propria vita in Gesù crocifisso.

Appena ordinato sacerdote, quasi 15 anni fa, il vescovo mi mandò a Roma per specializzarmi in Diritto canonico. Abitai in una parrocchia di 14.000 persone, a maggioranza operaia, dove svolsi un lavoro pastorale vario che mi diede tanta soddisfazione. Nel frattempo lo studio andò molto meglio del previsto. Dopo quattro anni avevo già sostenuto tutti gli esami per la laurea e per ottenere un diploma in giurisprudenza alla Rota Romana.

Mentre all’esterno tutto appariva tranquillo, dentro di me sempre più si faceva sentire un certo smarrimento ed un senso di amarezza. Mi vergognavo di vedermi in quelle condizioni.

Avevo conosciuto la spiritualità dell’unità anni prima e la vita in seminario con questo spirito risultò davvero meravigliosa. I superiori mi consideravano una colonna della comunità.

Ma nei primi anni del mio ministero la forte scelta cristiana che avevo fatto era andata affievolendosi. Sì, lo devo riconoscere: il tesoro che avevo scoperto – il vangelo vissuto con radicalità – era rimasto sotterrato da altre cose. Al posto suo sono subentrati il successo negli studi ed in parrocchia, i tanti rapporti instaurati, i vecchi amori, il fascino di avere soldi in tasca quando prima si era magari sprovvisti...

Ero profondamente infelice. Una sera, su un balcone a Messina, in Sicilia, non potendo più nascondermi questa situazione, ho gridato anch’io il mio abbandono.

è stata ancora una volta la vita di comunione a tirarmi fuori da quel labirinto in cui ero entrato. Ripresi i contatti con un amico sacerdote che in tutti quegli anni aveva sempre continuato a scrivermi ed egli mi invitò ad un ritiro di sacerdoti animato dal Focolare. Lì ho preso la decisione di lasciare studio e parrocchia per fare una forte esperienza d’unità con altri sacerdoti alla Scuola sacerdotale di Loppiano. Il mio vescovo benedisse questo passo.

A Loppiano ho capito ben presto che Dio l’avevo amato per me e non per sé, come andava amato. In quei quattro anni avevo cercato di risolvermi recandomi da bravi direttori spirituali. Ma forse era ancora una ricerca di me stesso. Alla Scuola sacerdotale ho rimesso Dio al suo posto, il primo, e Dio con quel volto che avevo conosciuto anni prima: Gesù crocifisso e abbandonato.

Avevo ritrovato quello che veramente conta. Passai sei mesi di vero paradiso in quella scuola di vita evangelica e fu un periodo che segnò anche il tempo che è seguito.

Oggi sono giudice ecclesiastico, viceparroco e responsabile del pre-seminario della mia diocesi. Ma tutto ciò non conta se non si rinnova ogni giorno in me la scelta di Dio solo.

Una Parola della Scrittura illumina in maniera speciale il mio cammino: "Mi proposi di non conoscere altro che Cristo e questi crocifisso". è questa la mia identità che avevo tanto cercato appena diventai sacerdote. Ovunque scorgo un volto dell’abbandono di Gesù, lì sento di dovermi buttare. E posso dire con sincerità che quando lo amo nei vuoti e nei dolori che mi circondano e che a volte mi trovo dentro, mi sento a posto, a mio agio, a casa. Radicato in questa scelta, mi sento finalmente me stesso e vedo come attorno a me le persone scoprono Dio, cominciano a vivere la Parola di Dio ed un pezzo di mondo si avvia a poco a poco all’unità.