Gesù crocifisso e abbandonato ponte fra Cielo e terra

di Manuel Maria Bru

Per iniziativa del Movimento Gens (Generazione Nuova Sacerdotale), dal 28 dicembre 1998 al 1 gennaio 1999 si sono ritrovati al Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Roma) 800 seminaristi diocesani ed una trentina di formatori, di 79 paesi di tutti i continenti, per interrogarsi, in uno scambio di testimonianze, sulle prospettive di un sacerdozio di servizio al Popolo di Dio, di amore per ogni essere umano, di dialogo con tutti, di donazione della propria vita. "Gesù crocifisso e abbandonato – ponte fra Cielo e terra" è stato il titolo di questo appuntamento.

In uno dei momenti più importanti di questo congresso, i seminaristi hanno bombardato con una serie di domande Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari: sacerdoti stanchi e attanagliati dall’attivismo, difficoltà di annunciare il vangelo nella società di oggi, significato del celibato, necessità di unità nei seminari, nelle parrocchie, con e fra i movimenti, ecc. Elencare questi temi serve a dare un’idea non solo della profondità e dell’estensione del dialogo mantenuto con lei per un’ora e mezza, ma anche della portata del congresso nel suo complesso, che, nella prospettiva di Gesù in croce, ha affrontato ed illuminato a tutto campo il mondo dei seminaristi e dei sacerdoti al giorno d’oggi. Ad un certo punto del suo intervento, senza guardare i fogli, e posando le mani sulle ginocchia, come ad indicare che voleva trasmettere loro qualcosa di molto essenziale che le sta molto a cuore, Chiara dice loro: Abbracciate tutti i giorni e tutto il giorno Gesù crocifisso ed abbandonato – in ogni difficoltà, in ogni persona, in ogni dolore della chiesa – e sapete che cosa otterrete? Avrete il cuore pieno di Spirito Santo!

La soluzione di tutti i problemi

L’incontro con Gesù abbandonato nei più diversi aspetti e circostanze della vita, è stato il tema che ha affrontato in apertura della seconda giornata dell’incontro una delle prime compagne di Chiara Lubich, Doriana Zamboni, che ha condiviso con i seminaristi quelle esperienze decisive attraverso le quali Gesù abbandonato è diventato il suo "unico sposo", cominciando da quello che fu il momento ispiratore per questo punto fondamentale della spiritualità dell’unità:

"A quel tempo c’era la guerra e noi si andava a visitare, curare e amare i poveri, perché avevamo scoperto che in loro c’era Gesù. Da essi probabilmente avevo preso una infezione al viso che la mancanza di medicine adatte faceva continuamente avanzare… Chiara, saputa la mia situazione, venne a casa mia con un sacerdote che mi portò la comunione. Mentre io stavo raccolta, dopo aver ricevuto l’Eucarestia, sentii che il sacerdote chiedeva a lei qual era stato, secondo lei, il momento, in cui Gesù aveva più sofferto. E Chiara rispose di aver sempre sentito dire che era stato nell’orto degli ulivi. Lui però disse: "No, secondo me, fu sulla croce quando gridò: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". E Chiara rivolta a me: "Se Gesù ha sofferto di più nell’abbandono, in quel momento ha amato di più. Se è così noi scegliamo Gesù abbandonato come nostro sposo, come nostro tutto"… Pochi giorni dopo, mi disse più o meno così: "Io ho capito che Gesù abbandonato è la soluzione di tutti i problemi per ogni uomo, di ogni paese, e che lui sarà un domani la chiave per risolvere, illuminare, spiegare, ogni realtà per tutto il mondo".

Una teologia dell’unità

Sotto un profilo culturale, nel pomeriggio della terza giornata del Congresso, la realtà dell’abbandono di Gesù è stata affrontata da alcuni teologi e filosofi del Movimento, come Giuseppe Maria Zanghí, Gérard Rossé, Piero Coda e p. Jesús Castellano, che hanno illustrato le prospettive che si aprono a partire da questo mistero centrale del cristianesimo per una "teologia dell’unità". In questo forum, i seminaristi hanno potuto cogliere come la teologia moderna comincia ad affrontare il grido di Gesù sulla croce non soltanto nell’ottica cristologica (Cristo è vero uomo, oltre che vero Dio) e soteriologica (prende su di sé ogni separazione umana da Dio per redimerci), ma anche nell’ottica della teologia del mistero di Dio: nell’amore di Gesù in croce fino all’abbandono, per il quale egli non solo ci dà la sua vita umana, ma anche, sentendone umanamente la perdita, quella divina, si apre uno squarcio sulla stessa vita intratrinitaria come totale donazione reciproca delle tre divine Persone. In questo modo – si spiegava ancora in quel forum – si apre la porta per un rinnovamento teologico e filosofico basato su due novità, una di contenuto: Gesù abbandonato come vertice del Dio-Amore rivela il mistero di Dio in sé, in relazione con noi, e in relazione con la storia, e il cuore profondo di tutta la realtà; la vita di unità è il presupposto di un nuovo modo di fare teologia, di pensare, per mezzo del quale conosciamo Dio perché siamo in Dio attraverso l’amore reciproco che nasce dall’abbraccio di Gesù abbandonato.

Gesti e esperienze

I gesti e le esperienze dei seminaristi durante il Congresso hanno mostrato che quanto è stato detto nella sala non erano teorie ma vera vita. Esperienze semplici, come quella di Warren, un seminarista di Lipa, nelle Filippine, che ha raccontato come con alcuni compagni di seminario ha deciso di non lasciare solo un anziano sacerdote che viveva con loro, sacrificando a questo scopo le visite a casa e altre uscite dal seminario. E ben presto tutti i seminaristi si sono uniti a loro per prendersi cura del sacerdote.

Altri racconti mostravano il volto più sofferente di Gesù abbandonato tra i seminaristi: quello della guerra e della povertà. Firmin del Burundi ha raccontato il "martirio per l’unità" di un sacerdote e di 40 seminaristi minori del suo paese perché non hanno voluto lasciarsi separare secondo le etnie rivali nella guerra. Basel Saleem ha deciso di rispondere alla chiamata di Dio entrando in seminario quando ha incontrato, durante i bombardamenti in Iraq del ’91, un giovane che moriva col rammarico di non aver amato gli altri. Anderson e Luiz, del Brasile, che vivono in un campo di recupero per drogati, hanno visto come questi giovani rispondevano alla loro donazione e alla loro gioia: "Mai nessuno ci ha accolto come voi. Vogliamo sapere il segreto della vostra felicità, che noi non abbiamo trovato né nella droga né nel sesso". Luis Gonzaga e Melvin dell’Honduras hanno trovato, abbracciando Gesù abbandonato nel volto della catastrofe provocata dall’Uragano Mitch, la forza non solo per rimanere in prima linea nel volontariato sociale, ma anche per non perdere la pace e la serenità con le quali confortare tutti nella fede e nella confidenza in Dio, attraverso la Parola di vita. Quella Parola di vita che, visti gli effetti, lo stesso sindaco del posto ha provveduto a distribuire a tutti, assieme ad alcune indicazioni pratiche per affrontare la situazione di emergenza.

C’è un gesto da far notare: quello dei seminaristi del Nord America, che hanno approfittato del momento della recita dei Vespri per chiamare sul palco i seminaristi di una nazione in guerra con gli USA e leggere loro un messaggio di riconciliazione e di solidarietà, unendosi a loro nel dolore, nella preghiera, nell’amore a Gesù crocifisso e abbandonato in quelle popolazioni, e abbracciandoli ad uno ad uno. Uno di quei seminaristi, con le lacrime agli occhi, prende il microfono: "quanto vorrei che il mio popolo vedesse questa sala e questo vostro gesto!".

Chiesa che si rinnova

Nel messaggio inviato al Congresso, a nome della Congregazione per l’educazione cattolica, il Card. Laghi ha affermato: "Questo appuntamento mondiale … raccogliendo in unità la vitalità, l’esperienza, la riflessione e lo slancio apostolico di centinaia di seminaristi provenienti dai cinque Continenti, costituisce una straordinaria occasione per mettere a fuoco il mistero, la comunione e la missione dei presbiteri alle soglie del terzo millennio cristiano".

Nel forum del primo giorno, intitolato "La chiesa nel nostro tempo, chiamata a un dialogo universale", tre esperti – Wilfried Hagemann, rettore del Seminario di Münster (Germania), Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, e Silvano Cola, responsabile del Centro sacerdotale del Movimento dei focolari – hanno mostrato, partendo ciascuno da un avvenimento ecclesiale contemporaneo (Concilio Vaticano II, Assemblea ecumenica di Graz e Incontro del papa con i movimenti alla vigilia della Pentecoste ’98), come oggi, nella chiesa e nella società, è giunta l’ora dell’unità, una unità che si impara presso quella cattedra in cui il Cielo e la terra si incontrano: il Cristo crocifisso.

In questo congresso si sono voluti anche commemorare i 30 anni della nascita del Movimento Gens, motivo per il quale si è chiesta la partecipazione di alcuni vescovi e sacerdoti che furono allora gli iniziatori di questa diramazione del Movimento dei focolari. Fra di loro Mons. Francisco Pérez, vescovo di Osma-Soria (Spagna), ha così evocato l’impronta di quegli anni: "Essendo seminaristi, noi volevamo essere per la chiesa una nuova generazione e proprio questo era il significato di quel nome "gens" che ci contraddistingueva: generazione nuova sacerdotale. Quello che più mi ha impressionato quando ho conosciuto il Movimento in una Mariapoli è stata la freschezza del vangelo vissuto, il cercare di vivere la presenza di Gesù in mezzo, facendo tutto solamente per amore a lui nei fratelli, mettersi al servizio con semplicità nelle piccole cose, abbracciare i momenti di difficoltà e di croce, amando Gesù crocifisso e abbandonato, essendo pronti a dare la vita per gli altri". Ed ha soggiunto: "Anche adesso, come vescovo, ogni giorno che passa constato con maggior chiarezza che tutto quello che ho imparato in questa spiritualità non ha indebolito affatto la mia vocazione sacerdotale, ma anzi l’ha rafforzata".

Un dialogo senza confini

Dopo aver seguito, nella giornata di apertura, la videoregistrazione di un intervento di Chiara Lubich nel Municipio di Bologna, molti seminaristi sono rimasti toccati dal tipo di dialogo che la fondatrice dei Focolari stabilisce con il mondo della politica, della società civile e della non-credenza, un dialogo che scioglie le prevenzioni nei confronti della chiesa. "Si vede che è solo attraverso il vangelo vissuto e testimoniato con il linguaggio degli uomini di oggi che si può arrivare a questi mondi che noi chiamiamo lontani e che lo sono più che altro perché noi tante volte ci siamo allontanati da loro", commentava un seminarista spagnolo.

Ancora in un altro campo si verificano analoghi sviluppi e se ne è parlato nel Congresso: il dialogo interreligioso. Ne ha riferito Enzo Fondi del Centro dei Focolari, attraverso un’ampia esposizione del cammino percorso e delle prospettive per il futuro, soffermandosi in particolare sul dialogo con i musulmani afro-americani negli Stati Uniti. All’udire, in un’intervista al video, le parole del loro leader, l’Iman W.D. Mohammed, sugli inizi e gli sviluppi di questo dialogo, i seminaristi sono rimasti più che impressionati.

L’ultima udienza dell’anno

Mercoledì 30 è stato un giorno che i seminaristi difficilmente dimenticheranno. Nella sua omelia durante la Messa, Mons. Ennio Antonelli, Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, ha preparato i congressisti all’incontro col papa, invitandoli ad iniziare l’anno dedicato al Padre con quella scelta di Dio-Amore, che nella spiritualità dell’unità suppone l’abbraccio di Gesù crocifisso e abbandonato in ogni dolore e in ogni difficoltà e che porta frutto nella vita di comunione.

Giovanni Paolo II ha espresso la sua gioia per questa iniziativa che offriva ai più di 800 giovani orientati al sacerdozio "l’opportunità di conoscersi, di condividere le loro esperienze e di volgere insieme lo sguardo verso le grandi sfide del mondo attuale". Ha fatto cenno al tema centrale del Congresso: "Gesù crocifisso e abbandonato, ponte fra Cielo e terra", e ha detto che lui è "al centro di ogni cammino vocazionale, e questo vale specialmente per coloro che si preparano al sacerdozio ministeriale", per poi domandarsi: "Non è forse il fascino della persona di Cristo, l’intensità delle sue parole e la forza trascinante dei suoi gesti profetici ad attirare ancora oggi tanti giovani sulla strada della vita evangelica e del servizio umile e generoso al Regno di Dio e al bene delle persone?". E alla fine, fuori testo, ha risposto ai canti e al saluto dei seminaristi con un originale augurio natalizio: "Seminaristi e focolarini: una bella combinazione! Insieme a Castelgandolfo: ancora meglio!
Buon Anno nuovo!"