La Chiesa nel mondo

Seminario di vescovi sui Movimenti

Nel giugno di quest’anno un centinaio di cardinali e vescovi provenienti da ogni parte del mondo si sono ritrovati a Roma per un seminario promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici in collaborazione con la Congregazione per i vescovi e la Congregazione per la Dottrina della Fede allo scopo di approfondire la riflessione su "Movimenti ecclesiali e nuove Comunità nella sollecitudine pastorale dei vescovi".

"Questo seminario – ha dichiarato alla Radio Vaticana mons. Tomas Abreu-Herrera vescovo nella Repubblica Dominicana – è stato una luce per accogliere, guidare, accompagnare ancora di più i laici nel loro lavoro di nuova evangelizzazione in questo mondo che tanto ha bisogno di Dio".

A distanza di un anno dallo storico incontro con i Movimenti nella vigilia di Pentecoste ‘98, Giovanni Paolo II, ricordando quel momento, ha sottolineato ancora una volta che Movimenti ecclesiali e nuove Comunità "costituiscono un vero dono dello Spirito alla Chiesa di fine millennio ed uno dei segni nuovi scaturiti dal Concilio Vaticano II". Ed ha aggiunto che quell’incontro "ha prodotto frutti preziosi. Si sono moltiplicate infatti le iniziative miranti ad alimentare nei Movimenti e nelle Comunità il senso di comunione, allo scopo di far crescere la collaborazione tra di loro, come anche in seno alle Chiese locali e alle parrocchie".

Ora egli invitava i vescovi a ringraziare il Signore per questa "promettente primavera della Chiesa, ricca di speranza" e si diceva certo che la loro riunione avrebbe contribuito a "favorirne gli ulteriori sviluppi" (Regina Coeli, 23 maggio 1999).

Questo incontro ha permesso ai pastori di approfondire la riflessione teologica e pastorale sulla realtà dei Movimenti. I vescovi presenti hanno avuto l’opportunità di esprimere e confrontare anche le loro esperienze, preoccupazioni e attese in rapporto alla partecipazione dei Movimenti alla vita delle diverse Chiese locali.

Nella seduta di apertura si è trattato delle conseguenze ecclesiologiche e pastorali dell’avvenimento di Pentecoste ’98 e dei Movimenti ecclesiali nel contesto religioso e culturale di oggi. Il card. Joseph Ratzinger ha intavolato con i vescovi un dialogo sulla collocazione teologica dei Movimenti ecclesiali, come riassunto più oltre.

Ampio spazio è stato riservato al dialogo tra i vescovi. In una tavola rotonda presieduta dal card. Lucas Moreira Neves si è parlato di accoglienza e inserimento dei Movimenti nella vita delle Chiese locali.

Vive e profonde le testimonianze dirette di Movimenti e Comunità, espresse da fondatori e responsabili quali Gérald Arbola (Comunità Emmanuel), Kiko Argüello (Cammino neo-catecumenale), mons. Luigi Giussani (Comunione e Liberazione), Chiara Lubich (Movimento dei Focolari), Salvatore Martinez (Rinnovamento nello Spirito) e Andrea Riccardi (Comunità di Sant’Egidio). Intenso il loro dialogo con i vescovi.

Il Papa ha inviato un suo messaggio nel quale tra l’altro si legge: "Nel corso degli incontri che ho avuto con i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità, ho sottolineato a più riprese l’intima connessione tra la loro esperienza e la realtà delle Chiese locali e della Chiesa universale di cui sono frutto e, allo stesso tempo, espressione missionaria. L’anno scorso, di fronte ai partecipanti al Congresso mondiale dei Movimenti ecclesiali, organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici, ho pubblicamente constatato "la loro disponibilità a porre le proprie energie al servizio della Sede di Pietro e delle Chiese locali". In effetti, uno dei frutti più importanti generati dai Movimenti è proprio quello di saper liberare in tanti fedeli laici, uomini e donne, adulti e giovani, un vivace slancio missionario, indispensabile alla Chiesa che si appresta a varcare la soglia del terzo millennio. Questo obiettivo, però, si raggiunge solo laddove essi "si inseriscono con umiltà nella vita delle Chiese locali e sono accolti cordialmente da vescovi e sacerdoti nelle strutture diocesane e parrocchiali" (Redemptoris missio, 72).

Che significa ciò in termini concreti di apostolato e di azione pastorale? È stata questa, appunto, una delle questioni chiave del vostro Seminario. Come accogliere questo dono particolare che lo Spirito offre alla Chiesa nel nostro momento storico? Come accoglierlo in tutta la sua portata, in tutta la sua pienezza, in tutto il dinamismo che gli è proprio? Rispondere in modo adeguato a tali interrogativi rientra nella vostra responsabilità di Pastori. Vostra grande responsabilità è di non rendere vano il dono dello Spirito, ma, al contrario, di farlo sempre più fruttificare nel servizio all’intero Popolo cristiano".



A colloquio con il card. Ratzinger

Il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede è stato protagonista per due ore di un vivace dibattito al seminario per i vescovi di cui abbiamo parlato. Eccone una sintesi.

Provocato dal segretario del Consiglio per i laici, mons. Stanislaw Rylko, circa la sua personale esperienza con i Movimenti, Ratzinger ha ricordato che i suoi primi contatti risalgono alla metà degli anni ’60. Ha parlato dell’incontro coi Neocatecumenali che rimettevano al centro "il Battesimo, sacramento assai dimenticato nella Chiesa, mentre è il fondamento della nostra fede, in un tempo in cui la famiglia e la scuola sono sempre meno una iniziazione alla fede"; e di come alla fine degli anni ’60 abbia conosciuto Comunione e Liberazione: "Abbiamo trovato don Giussani e i suoi nelle università; nell’epoca della rivoluzione marxista non rispondevano in forma reattiva o con un atteggiamento conservatore, ma con una rivoluzione più fresca e più radicale, quella della fede cristiana"; e ancora dell’incontro col Rinnovamento nello Spirito: "Ho così avuto la gioia e la grazia di vedere giovani cristiani toccati dalla forza dello spirito Santo. In un momento di fatica nel quale si parlava di inverno della Chiesa, lo Spirito Santo creava una nuova primavera. Era una risposta anche di fronte a due esperienze negative vissute in Germania: nel mondo accademico, dove la teologia si allontanava sempre più da una fede entusiasta, per essere totalmente uguale alle altre discipline, diventando così "freddamente scientifica", ridotta a fenomeno di oppressione della fede da parte di una ragione unilaterale; e una crescente burocratizzazione della Chiesa". Gli furono rivolte poi altre domande.

Si va ora verso una istituzionalizzazione dei Movimenti?

È accaduto anche in passato. Pensiamo al monachesimo o al francescanesimo. Una certa struttura è essenziale per un effetto più ordinato e una integrazione nella vita della Chiesa. Ma bisogna stare attenti che l’istituzionalizzazione non diventi una corazza sulla vita; occorre che l’elemento istituzionale non spenga lo Spirito.

Che relazione c’è tra la dimensione istituzionale e quella carismatica?

I vescovi non sono solo istituzione. Senza la dimensione carismatica non si può essere buoni vescovi. Sono essi che hanno la grazia per discernere i carismi autentici. L’ultimo giudizio è quello del vescovo, nella comunione con il corpo episcopale e con il Santo Padre. Ma si suppone che il vescovo senta la responsabilità di non spegnere lo Spirito, ma abbia il discernimento. È il suo compito di discernere e aiutare i Movimenti a purificare quanto è necessario. Perché se la fonte è lo Spirito Santo, poi le concretizzazioni sono umane, comportano l’elemento umano. I vescovi hanno dunque il compito di discernere per aiutare i Movimenti a trovare la strada giusta per la pacifica unità e di aiutare i parroci ad aprirsi, a lasciarsi sorprendere da queste forme suscitate dallo Spirito.

E che rapporto deve esserci tra parrocchie e Movimenti, tra parrocchie e comunità di persone?

Occorre salvaguardare l’unità dei fedeli che sono una sola Chiesa e non molte Chiese. È molto importante tenere viva la coscienza di essere parte di un’unica Chiesa, cosicché i fenomeni che sorgono siano al servizio dell’unica Chiesa in cui trovano spazio tutti. Il cristianesimo non è un gruppo di amici che si separano, ma uomini trovati dal Signore: cioè fratelli. Accettare i fratelli perché uniti dall’unica fede, anche se non piacciono, è elementare.

Quarant’anni fa esisteva una cultura cattolica che sosteneva la fede, ma ora è stata distrutta. Cosa fare?

Dopo il ’68 c’è stata un’esplosione di secolarismo che ha radicalizzato un processo in corso da duecento anni: il fondamento cristiano è diminuito. Pensiamo al fatto che fino a quarant’anni fa era impensabile una legislazione che trattasse un’unione omosessuale quasi come un matrimonio. Ora dobbiamo riformulare le nostre ragioni per arrivare di nuovo alla coscienza dell’uomo d’oggi e dobbiamo accettare un conflitto di valori per cui dobbiamo difendere l’uomo, non solo la Chiesa, come ha scritto il Papa in molte sue encicliche. Di fronte alla secolarizzazione, per essere contemporanei all’uomo d’oggi, non bisogna perdere la contemporaneità con la Chiesa di tutti i tempi. Per questo occorre avere una identità di fede molto chiara, ispirata da una gioiosa esperienza della verità di Dio. E così torniamo ai Movimenti, che offrono questa gioiosa esperienza. I Movimenti hanno questa specificità: in questa società di massa, aiutano a trovare, in una Chiesa che può apparire come una grande organizzazione internazionale, una casa dove si trova la familiarità della famiglia di Dio e nello stesso tempo si rimane nella grande famiglia universale dei santi di tutti i tempi".

(Nel nostro tempo) "notiamo una certa prevalenza di spirito protestante in senso culturale, perché la protesta contro il passato sembra essere moderna e rispondere meglio al presente. Per questo, da parte nostra, occorre far vedere che il cattolicesimo porta l’eredità del passato per il futuro, anche se lo fa controcorrente in questi tempi.

E quando, come è accaduto in America Latina, la teologia era più importante della fede e la militanza politica era più forte dell’esperienza della contemporaneità di Cristo?

Se non si considerano più come realtà Dio e quindi la fede, si riduce la vita umana, creando odio e contrapposizione. Quando viene scartato Dio, viene amputato l’uomo. Se ritroviamo una vera fede che è l’incontro con Dio, tutto è ispirato da questo centro vivo e provoca anche l’impegno sociale, fa opera sociale.

Quale la presenza dello Spirito fuori della Chiesa?

Ne parla il Concilio e ne parlavano anche i Padri della Chiesa. Vediamo che fuori della Chiesa Dio non è assente. Dio non dimentica nessun luogo, nessuna cultura. Vediamo che rinasce il senso di Dio, della responsabilità dell’altro, l’amore dell’altro. Nelle grandi religioni questi elementi sono presenti. Nel cristianesimo abbiamo la pienezza degli elementi della fede, ma non esclude che elementi importanti siano presenti altrove. C’è un’apertura del cuore umano. Come vescovi dobbiamo impegnarci a non mostrare solo il lato giuridico istituzionale, ma anche il lato del mistero che continua l’umiltà del Signore che si degna di essere presente come voce viva, presenza viva. Nel mondo c’è desiderio di una voce che non parli per sé, ma in nome della fede in Dio….

E l’annuncio cristiano in Paesi dove può provocare guerre di religione o violenze?

Dobbiamo testimoniare il Signore Redentore che vince solo per la forza della convinzione provocata da una testimonianza.

Il 30 maggio 1998 si è conclusa la prima fase della storia dei Movimenti, quella in cui si trattava di fare spazio ad essi da parte della realtà istituzionale della Chiesa. Ora siamo nella seconda fase, quella del riconoscimento dell’unità sostanziale delle realtà carismatiche e dell’istituzione; quando il Papa dice che "la Chiesa stessa è movimento", che cosa vuol dire per noi vescovi?

Il vescovo diventa meno monarca e più pastore di un gregge; sta faccia a faccia col gregge ed è pellegrino coi pellegrini, come diceva Sant’Agostino: siamo tutti discepoli alla scuola di Cristo. Pur rimanendo rappresentante del sacramento, il vescovo diventa più un fratello in una scuola in cui c’è un solo padre e un solo maestro. Garantisce che la Chiesa non è un mercato, ma una famiglia. Identifica la Chiesa particolare e la Chiesa universale. Non è la fonte del diritto e della legge, ma agisce come guida e come testimonianza di unità nel contesto della familiarità della Chiesa con un solo maestro. Occorre perciò evitare il pericolo di una sovraistituzionalizzazione: i tanti "Consigli", pur utili, non possono essere come un gruppo di governo che complica la vita dei fedeli e fa perdere il contatto diretto dei pastori con essi. Un giorno una persona mi raccontò: "Vorrei parlare col mio parroco, ma mi dicono che è sempre in riunione!". Si deve trovare una collaborazione con tutti i componenti del popolo di Dio, affinché ci sia un’unità più ricca.

La Chiesa sarà sempre più minoranza? E quale allora l’importanza dei Movimenti?

Lo sviluppo degli ultimi cinquant’anni mostra che la religiosità non scompare, perché è un desiderio ineliminabile del cuore dell’uomo. Bisogna, però, che non sia guidato male, perché allora sorgerebbe una patologia religiosa. Per questo abbiamo la responsabilità di offrire la risposta vera, e questa è una responsabilità storica della Chiesa in questo momento in cui la religione può diventare una malattia che non offre il volto di Dio, ma elementi sostitutivi che non guariscono. Anche se minoranza, la priorità per noi è quella dell’annuncio. In Occidente le statistiche parlano di una riduzione del numero dei credenti; viviamo un’apostasia della fede, quasi si dissolve l’identità tra la cultura europea-americana e la cultura cristiana. La sfida oggi è che la fede non si ritiri in gruppi chiusi, ma che illumini tutti e parli a tutti. Pensiamo alla Chiesa dei primi secoli: i cristiani erano pochi, ma hanno suscitato ascolto, perché non erano un gruppo chiuso, ma portavano una sfida generale per tutti, che toccava tutti. Anche oggi abbiamo una missione universale: rendere presente la vera risposta all’esigenza di una vita corrispondente al Creatore. Il Vangelo è per tutti e i Movimenti possono essere di grande aiuto, perché hanno lo slancio missionario degli inizi, pur nella piccolezza dei numeri, e possono incoraggiare la vita del Vangelo nel mondo.

a cura della Redazione

 


N. B. Per queste attualità ecclesiali abbiamo utilizzato il testo che si trova in: www.focolare.org/it/5sif_i.html