"Gente in mezzo a tutti i popoli, vicina e accessibile a tutti, con una sola grande passione, quella del Vangelo"

I Movimenti nella storia della Chiesa

di Andrea Riccardi

L’autore, professore di Storia del Cristianesimo presso la Terza Università di Roma, è il fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Nel suo intervento al convegno dei Movimenti e nuove Comunità ecclesiali a Speyer, dando un rapido sguardo alla storia della Chiesa, fa cogliere lo specifico dei Movimenti ecclesiali, il loro inserimento storico nella vita carismatica della Chiesa e il contributo provvidenziale che essi danno nella costruzione di un mondo vivificato dalla forza rinnovatrice del Vangelo.

Qui, a Spira, stiamo partecipando a un momento ricco della vita della Chiesa. Al termine di questo nostro secolo, la coscienza ecclesiale del valore dei Movimenti giunge a un punto alto di intensità, come si è visto soprattutto nella Veglia di Pentecoste del 1998 con Giovanni Paolo Il in piazza San Pietro. Questo nostro incontro di Spira è un passaggio importante. Qui convergono esperienze tanto diverse: si ritrovano con tanto in comune, con gli stessi accenti, talvolta senza essersi parlati precedentemente. Questo incontro esprime il clima spirituale che stiamo vivendo. Questo convergere ha un significato: i diversi Movimenti si ritrovano come parti di un movimento dello Spirito che ha segnato in profondità la Chiesa del nostro secolo.

Il nostro secolo

Questo nostro secolo è iniziato (si pensi al Giubileo del 1900) come un secolo laico, in cui la fede doveva tutt’al più rinchiudersi nelle coscienze e nei perimetri dei luoghi di culto. È un mondo che si sentiva uscito da Dio, come ha scritto acutamente Gatichet. Egli voleva alludere a una grande differenza (anche se preparata dall’Ottocento) con i secoli precedenti. Mai nella storia umana un secolo è stato così laico e secolarizzato. Questo non vuole dire che la vita religiosa o le Chiese non siano state attive nel Novecento; ma si sono dissolti i quadri religiosi, sociali e ufficiali che, tra i mutamenti, avevano accompagnato da tempo immemorabile la storia umana.

Eppure il Novecento – lo dico in maniera davvero sommaria – è stato un secolo di grandi conquiste umane: la storia ha subìto un’accelerazione profonda rispetto ai secoli precedenti.

Lo si vede nei decisivi cambiamenti nella qualità della vita umana o negli strumenti che la società si trova a disposizione per incidere sulla natura e sulla vita.

Guardando a ritroso il Novecento, se ne scorge però anche il profilo di un secolo terribile. Mai nella storia umana gli uomini si sono uccisi in una maniera così larga e violenta. Secolo della democrazia e dei diritti umani, ma anche secolo delle guerre, che – come vediamo – non sono ancora concluse. Dopo l’89 abbiamo sperato di allontanare la tragica compagnia della guerra almeno da alcune regioni, ma essa si è ripresentata triste e puntuale. Il nostro è stato un secolo della mobilitazione dei popoli nelle passioni collettive, quelle democratiche, ma anche quelle nazionaliste e quelle totalitarie: spesso utopie tragiche. Un secolo in cui i popoli sono stati protagonisti di grandi mobilitazioni, ma spesso manipolati da pochi, da dittatori, da gruppi dirigenti preda di ideologie o di logiche di potere.

In questo secolo uscito da Dio i cristiani sono stati presenti. Può sembrare una contraddizione, ma nella storia difficile, combattuta, secolarizzata del Novecento, la vita cristiana è rifiorita. È rifiorita in situazioni difficili. È rifiorita quando, presi dal benessere, sembrava che si potesse far a meno della fede. Questo secolo, bello e terribile, aveva un gran bisogno di Vangelo e di amore.

Come è avvenuta questa fioritura? Spesso nella povertà e nella prova di tante situazioni dolorose. È brillato l’aspetto sacramentale e spirituale della Chiesa. Sono entrate in crisi invece tante istituzioni che erano tradizionalmente connesse alla vita della Chiesa. La storia ha travolto tante istituzioni che sembravano, per abitudine secolare, compagne della vita cristiana. È apparsa centrale – come diceva al congresso dei Movimenti il card. Ratzinger – "la struttura sacramentale della Chiesa, nella quale essa riceve sempre di nuovo l’eredità degli apostoli, l’eredità di Cristo".

Brilla di nuova luce il ministero

Nel cuore del Novecento, il Vaticano Il ha proposto una dottrina profonda su questo aspetto. Non è un caso che il "ministero" abbia brillato di grande luce nel nostro secolo: penso al rinnovamento della vita sacerdotale, ma soprattutto ai papi del Novecento che, molto di più dei precedenti sono stati un grande riferimento per i cattolici del mondo e spesso anche al di fuori dall’ambito cattolico. Il primato del vescovo di Roma, nel Novecento, ha brillato spesso anche di una luce carismatica. In un mondo difficile, la Chiesa si è trovata più povera e provata: in questa situazione ha riscoperto il cuore della sua vita, la preghiera e l’Eucarestia. Ne è un esempio il movimento liturgico con la riforma liturgica del Vaticano II, che ha posto la preghiera e la liturgia al centro della vita ecclesiale. Del resto nell’Est europeo, cattolici e ortodossi, sotto il peso della persecuzione che riduceva o annientava la vita della Chiesa, avevano già riscoperto il suo cuore liturgico.

Rifiorisce l’aspetto carismatico

In un mondo "uscito da Dio" è rifiorito l’aspetto carismatico della vita della Chiesa rappresentato dai Movimenti e dalle nuove Comunità. Non voglio qui parlare del ruolo dei laici nella vita della Chiesa che. come sappiamo, non ha origine nell’Ottocento. La vicenda dei Movimenti si innesta nella nuova responsabilità dei laici nella Chiesa e della loro responsabilità del Vangelo nel mondo. Giovanni Paolo II nel suo discorso della Vigilia di Pentecoste ha detto: "È da questa provvidenziale riscoperta della dimensione carismatica della Chiesa che, prima e dopo il Concilio, si è affermata una singolare linea di sviluppo dei Movimenti Ecclesiali e delle nuove Comunità".

Il Novecento è, per la Chiesa, una grande stagione carismatica, paragonabile a qualche altra grande stagione della Chiesa. Quando ero giovane, agli inizi dell’esperienza della Comunità di Sant’Egidio, uno dei motivi che mi ha spinto allo studio della storia è stata la realtà del Movimento che vivevo. Di fronte alle obbiezioni forti di chi vedeva la Chiesa in maniera molto geometrica, localista e la identificava solo in alcune sue strutture e istituzioni, volevo capire meglio: soprattutto ritornare al vissuto ricco e carismatico della storia della Chiesa, di cui spesso si sono persi la memoria e i contorni in una concezione della Chiesa ridotta a solo alcuni suoi aspetti.

Il carisma del monachesimo

Mi si allargava il cuore e si allargava il respiro della Comunità di Sant’Egidio, quando scoprivo larghe stagioni carismatiche nella storia. Ritrovavo la grande stagione monastica (con le sue diverse tradizioni e le sue differenti ondate), che reagiva a una Chiesa identificata con la città e le sue istituzioni. Questa reazione non era una rottura, ma la ricerca fedele di un "di più" di vita cristiana secondo il Vangelo. Il carisma del movimento monastico, sia quello orientale che quello occidentale finiva per avere una forza attrattiva sui cristiani della città. Le grandi solitudini del deserto di Antonio si popolavano di monaci e di cristiani. Certo il movimento monastico era essenzialmente di celibi ma, per vie differenti, finiva per acquistare uno spessore di popolo coinvolgendo famiglie e clero. Mi colpiva come questo Movimento non si contrapponesse alla Chiesa-istituzione, ma portasse a pienezza alcuni aspetti della sua vita, rendendola attraente e eloquente per tanti.

Il carisma di san Francesco

Mi si allargava il cuore quando mi confrontavo con la storia della grande stagione carismatica di Francesco d’Assisi che fece uscire il Vangelo dalle cattedrali e dalle grandi abbazie del Duecento. Lo fece parlare e cantare nella lingua di tutti lungo la strada degli uomini, soprattutto dei piccoli. Il carisma di Francesco, nel disordine regolato del Movimento francescano, acquistava uno spessore di popolo coinvolgendo preti e laici, non sempre in posizione ultima rispetto alle altre componenti. Il carisma trascinava un popolo che predicava il Vangelo e faceva la pace in un Medio Evo bellicoso: eventi imprevedibili nascevano dalla semplicità di una vita cristiana che si voleva secondo la forma del Vangelo e senza aggiunte. Questa stagione portava a un rinnovamento della Chiesa non mediante un progetto di riforma, ma attraverso il rifiorire del tessuto ecclesiale. Si caratterizzava per l’esigenza di ridire il Vangelo alla gente e di testimoniarlo fuori dai confini della cristianità, come mostra l’esperienza francescana con l’Islam.

Ho citato queste due stagioni, ma si potrebbero citare altri momenti, come quello cinquecentesco del Divin Amore e altri. Il card. Ratzinger ricorda come l’aspetto carismatico non si esprime solo nei Movimenti, ma anche in correnti e iniziative. Ma ci sono stagioni particolari, più lunghe di un secolo, come quella monastica e quella francescana. Il Novecento, anche vedendolo ormai in maniera retrospettiva, ha l’aspetto d’una stagione carismatica. Il vissuto carismatico non è memoria del passato ma realtà del presente e del futuro. Alla fine del secolo si coglie questo aspetto con chiarezza. È una delle maggiori eredità lasciata al prossimo secolo e alle generazioni di cristiani che verranno.

La nostra stagione carismatica

Questo nostro convegno di Spira ci consente di ritrovare l’esperienza del nostro Movimento come frutto di questa stagione: è la stagione di un movimento dello Spirito che tutto comprende, tutto suscita, tutto mette in movimento e porta a compimento. Non è una stagione conclusa, perché tanti orizzonti nuovi si aprono; ma è giunta alla sua maturità. Infatti molti Movimenti nascono nella seconda metà del Novecento, alcuni dopo il Vaticano II. Spesso ogni Movimento ha una sua adolescenza che lo porta a concentrarsi sulla sua personalità cristiana. La maturità ecclesiale – mi sembra – giunge con la scoperta dei fratelli e delle sorelle, con il senso del proprio carisma ma anche con la gioia di veder crescere altri carismi. È la maturità di spendersi anche per gli altri Movimenti. È la maturità del convergere, con la propria libertà e la propria identità, come – per dirla con Giovanni Paolo II – "forme di auto-realizzazioni e riflessi dell’unica Chiesa".

Non si può trovare un’unica filiazione o teologia o spiritualità per tutti i Movimenti; ma per tutti c’è un’unica stagione dello Spirito. Come nelle grandi stagioni carismatiche, all’inizio dei Movimenti si trova la pura semplicità del Vangelo che è il cuore originante delle diverse spiritualità dei Movimenti. La sorpresa della loro nascita si è spesso accompagnata alla constatazione o alla critica che fossero troppo semplicistici per far fronte ai complessi problemi della Chiesa soprattutto in un mondo secolarizzato. Ma, con il tempo, si è visto come dalla pura semplicità evangelica scaturissero esperienze sempre più complesse, articolate, significative per la Chiesa. La semplicità evangelica ha prodotto, lungo gli anni, tanta sapienza e tanta esperienza. Si verifica ancora una volta come una scelta cristiana semplice e radicale sia feconda di conseguenze imprevedibili.

Carismi diversi a servizio di tutti

La stagione carismatica della Chiesa non è apparsa in contraddizione con l’istituzione o il ministero, come qualche volta è avvenuto in passato. Certo ogni crescita di un nuovo soggetto in famiglia provoca difficoltà, tensioni, ma alla fine si è tutti meno soli. Mi sembra – e ne dobbiamo essere grati a Giovanni Paolo II – che nella Chiesa si sia coscienti che i carismi sono un grande dono per tutti, che il vescovo, che il parroco sono meno soli. Ma anche, dopo qualche incertezza, mi sembra chiaro che la coscienza del carisma è anche quella del limite proprio e del bisogno del ministero che discerne, che accompagna. Insomma questa stagione carismatica ha portato a una fioritura del tessuto della Chiesa in maniera più ricca e complessa, a un allargamento della famiglia e quindi a uno scambio di maggior amore.

I Movimenti sono diversi, con radici, spiritualità, storie, età differenti; ma tutti figli di un’unica grande stagione carismatica. A vederli agire nella vita quotidiana si potrebbero notare le differenze, ma contemplandoli insieme si scopre un unico disegno: la Chiesa entra con simpatia lungo le vie di un mondo che sembra uscito da Dio. Cristiani comuni, ma radicati nel carisma dell’apostolato, entrano nella vita quotidiana del mondo attraverso la parola, la testimonianza, i comportamenti. La radicalità evangelica, alla base dei Movimenti non porta all’estraniazione. La gente dei Movimenti è come tutti. In genere essi realizzano quel "paradosso" di cui si legge in quel trattatello anonimo tra il II e il III secolo noto come Lettera a Diogneto: "Abitando nelle città greche e barbare, come a ciascuno è toccato, uniformandosi alle usanze locali per quanto concerne l’abbigliamento, il vitto e il resto della vita quotidiana, mostrano il carattere mirabile e straordinario, a detta di tutti, del loro sistema di vita". È il paradosso della radicalità evangelica, di gente impegnata nella missione, ma nelle vesti e nella vita di tutti.

Nel Novecento uscito da Dio, uomini e donne, come tutti, hanno fatto di Dio il cuore della loro vita. Attraverso di loro – non attraverso i quadri sociali, politici o istituzionali – Dio rientra nella vita. Loro manifestano la filantropia di Dio, cioè che Dio è amico dell’uomo. Lo fanno in una maniera amica, amici delle donne e degli uomini di questo tempo. Questa manifestazione è la missione o l’evangelizzazione, che è la realtà stessa – non un’attività – dei Movimenti. Essi vivono comunicando ciò che vivono. Questo è talvolta irresistibile, non per la forza del proprio potere e del peso sociale, ma perché si parla la lingua di tutti, contemporanea a tutti, e comunicativa dell’amicizia di Dio per gli uomini. Questo avviene anche di fronte alle grandi contraddizioni del nostro secolo innanzi a cui molti restano attoniti. Forse la più grande contraddizione è proprio quella della guerra, che ha infestato puntualmente la storia novecentesca. Mi ha sempre colpito – lo dico anche perché abbiamo qui con noi la nostra cara amica Chiara Lubich – come il Movimento dei Focolari sia nato nella seconda guerra mondiale, in quelle ore terribili in cui ognuno pensava a sé o al massimo alla salvezza della propria famiglia. In un secolo segnato dalle grandi mobilitazioni, dalle grandi passioni politiche e dalle loro cadute, è nato e cresciuto il nostro popolo composto da diverse famiglie, che parla tante lingue. È il popolo della Chiesa e, allo stesso tempo, è gente in mezzo a tutti i popoli, vicina e accessibile a tutti, che ha una sola grande passione, quella del Vangelo.

Andrea Riccardi