Una svolta nella Chiesa

È in atto nel campo ecclesiologico una nuova presa di coscienza circa la fisionomia della Chiesa, nelle sue due dimensioni costitutive: istituzionale e carismatica; due aspetti complementari e coessenziali – a dire di Giovanni Paolo II – di un’unica realtà.

Già prima del Vaticano II - come ha scritto recentemente il teologo inglese Ian Kerr nel The Catholic Herald del 10/9/’99 - John Henry Newman con la sua opera Consultare i fedeli in materia di dottrina, elaborata su base patristica, segnò l’alba di una riscoperta della Chiesa allo stesso tempo apostolica e carismatica, composta da tutti i battezzati guidati dallo Spirito con carismi diversi. Questa visione influì certamente nei documenti del Vaticano II.

In seguito, come fa notare il Kerr, era di moda parlare di "attuazione" del Concilio e molti passi sono stati fatti nella giusta direzione, ma non di rado i tentativi hanno dato l’impressione di una dialettica purtroppo conflittuale fra vescovi-istituzione e laici-carismi, creando un certo malessere e spingendo alcuni ad arroccarsi per difendere chi l’istituzione e chi i carismi.

Affermare infatti la dimensione carismatica della Chiesa è una cosa, ma metterla in pratica è un’altra. Come deve essere visto e vissuto l’aspetto carismatico in rapporto all’istituzione? Come opposizione, come sottomissione, come qualcosa di marginale o di pietistico? O non piuttosto come due aspetti della stessa ed unica realtà, che si rapportano tra loro in modo dinamico e inscindibile?

Trenta anni dopo il Concilio, è iniziata una nuova tappa. E, come osserva l’autore sopra citato, essa è legata al contributo dei Movimenti. Attraverso la loro esperienza sempre più matura, fondata appunto sui diversi carismi fioriti così abbondantemente in seno alla Chiesa, si comincia a capire meglio il significato profondo dei due primi capitoli della Lumen Gentium. Secondo il Kerr: "È la Chiesa apostolica e carismatica, più che quella clericale-laicale, che i Movimenti sono riusciti a ricuperare per il prossimo millennio". E questo - aggiungiamo noi - non a scapito dell’istituzione, ma a suo favore, perché l’aspetto carismatico della Chiesa non tocca solo i laici, ma compenetra e feconda anche le istituzioni ecclesiali e la vita stessa dei pastori.

Alcuni avvenimenti recenti ci svelano, quasi in modo iconico, questa svolta ecclesiale in atto: come ad esempio l’incontro storico con il Papa di 350.000 persone di 60 Movimenti e Comunità ecclesiali in Piazza San Pietro alla vigilia di Pentecoste 1998; le molte giornate organizzate dai Movimenti e Comunità in tutto il mondo per far crescere la comunione fra loro; il Congresso internazionale dei loro fondatori o responsabili svoltosi a Speyer, Germania, nel giugno scorso e, sempre nello stesso mese, il Seminario di vescovi sui Movimenti a Roma promosso dal Pontificio Consiglio per i laici in collaborazione con la Congregazione per i vescovi e la Congregazione per la dottrina della fede.

Questa presa di coscienza del rapporto vitale e non conflittuale tra istituzione e carismi, avrà senz’altro dei riflessi su tutta la vita ecclesiale: sulla configurazione stessa della Chiesa, sul modo di fare pastorale, sulla formazione dei cristiani, sul ruolo dei religiosi, sulla teologia e sull’incontro con la cultura contemporanea.

È in atto una svolta che c’impegna tutti e che non è sempre facile. Ci sono nella Chiesa quelli più propensi alla realtà strutturale e quelli più attratti dal nuovo che nasce dalla vita. Si sa che questo fatto, sociologico e psicologico, può provocare stagnazione in chi si concentra unicamente sull’istituzione, o dispersione in chi si concentra solo sui carismi.

La storia della Chiesa testimonia successi e fallimenti nell’articolarsi del rapporto fra aspetto istituzionale e aspetto carismatico. Tali difficoltà divennero palesi in modo emblematico e doloroso con la Riforma. Per tanti versi il rapporto risultò difficile e a volte tragico, perché tra i cristiani venne meno la carità.

E qui forse arriviamo al vero perché dell’emergere proprio oggi di una nuova comprensione della natura della Chiesa. Essa, come si sa, non è fondata su criteri sociologici ma teologici. Si definisce, infatti, come carità, come comunione. Ma se l’amore è la legge della Chiesa (Lumen Gentium 9), tutti i suoi figli devono porre in atto tra loro la dinamica dell’amore trinitario. È quanto Gesù ha portato sulla terra duemila anni fa. Forse oggi ci rendiamo conto che questa dinamica non serve solo come via di santità per alcuni individui privilegiati, ma è la strada maestra che tutti dobbiamo percorrere. Essa aiuta a vivere lo stile di vita trinitaria - per quanto è possibile su questa terra - non solo fra individui, ma anche fra tutte le varie componenti ecclesiali: vescovi, laici, Movimenti, Ordini religiosi, fra coloro, insomma, che più rappresentano l’istituzione e coloro che più rappresentano i carismi.

Ed è a questa comunione che Giovanni Paolo II chiama ripetutamente tutta la Chiesa. Tanti oggi sono colpiti dall’interesse del Papa per i Movimenti. Forse tale interesse è dovuto precisamente al fatto che egli ha colto gl’impulsi dello Spirito Santo per questa svolta ecclesiologica e si è sentito spinto a farsene autorevole promotore.

Ci sembra importante rilevare questa novità e continuare ad approfondirla sia attraverso lo studio che nella vita. Speriamo che i vari contributi del presente numero della rivista possano servire allo scopo.
 
 

Brendan Leahy