Notizie dal mondo dei seminari – 21

Puntare la bussola…

È di queste settimane la notizia di un Simposio della Chiesa austriaca dal titolo "Chiamati a servire". Per due giorni i vescovi, i rettori di seminario e gli incaricati della pastorale vocazionale, presenti pressoché al completo, hanno riflettuto sulla vocazione sacerdotale, nel contesto dell’attuale situazione ecclesiale, in una società per molti versi post-cristiana.

Importante non soltanto l’intervento dei nuovi Movimenti (Focolari e Comunità Emmanuele) chiamati a comunicare la loro esperienza, ma anche la decisione della Conferenza episcopale di istituire, a livello nazionale, un anno propedeutico per i seminaristi. L’esame di analoghe esperienze nella Repubblica Ceca, in Italia ed in Francia intendeva illuminarne l’impostazione. Di speciale interesse il racconto del vescovo ausiliare parigino, mons. Pierre d’Ornellas, di cui riferisce ampiamente l’agenzia Kathpress.

Nella capitale francese, l’esperienza di un anno propedeutico vanta ormai una storia quindicinale. Ogni anno, tra 120 interessati individuati dai responsabili della pastorale vocazionale, si scelgono 20 giovani che "sanno quello che vogliono" e per i quali la vocazione sacerdotale non rappresenta una fuga da qualche crisi esistenziale.

Se quest’esperienza all’inizio era concepita come un "anno di discernimento spirituale", in cui si metteva fortemente in luce lo specifico della vita sacerdotale, ora l’obiettivo primario dell’anno propedeutico è quello di scegliere coscientemente Cristo, e "non per diventare sacerdoti", ma in quanto battezzati.

Concretamente, si tratta di una catechesi basilare, che ai nostri giorni – specie nelle grandi metropoli – non si può presupporre, e di una formazione alla vita nella Chiesa, che pone l’accento sulla vocazione alla santità e vuole essere un "tirocinio di carità fraterna". Inseriti nel programma vi sono contatti non soltanto con la realtà diocesana, ma con la città come tale e, in particolare, esperienze in mezzo ai poveri ed ai sofferenti, senza compiti di guida: si tratta di vivere "con" i poveri e non "per" i poveri.

Prospettive illuminanti non solo per la fase propedeutica – si direbbe –, ma anche per gli anni della formazione filosofica e teologica. Tutto ha senso se poggiato su un’intensa esperienza di Vangelo vissuto e, prima di tutto, del mistero pasquale.

"Puntare la "bussola" della nostra vita su ciò che costa, per incontrarvi Gesù crocifisso, abbandonato, risorto", è stato un motto al Congresso internazionale di seminaristi, a fine dicembre a Castel Gandolfo. In questi mesi, molti seminaristi ne hanno fatto l’esperienza. Ed hanno visto cambiare scenari interiori ed esteriori. Ne diamo qualche spunto sulle pagine seguenti.

 

 

Riconoscere il suo volto ed agire…

... a contatto con chi soffre

Italia. "Presto attualmente il mio servizio civile. Qualche giorno fa stavo andando al lavoro in bicicletta, quando, a metà percorso circa, si spezza in due la catena. Sono costretto a fare a piedi il pezzo di strada che resta. Riesco comunque ad arrivare in orario, svolgo regolarmente il servizio e mi faccio indicare il posto più vicino per riparare la bicicletta. Mi avvio quando vedo dall’altra parte della strada un uomo con la borsa della spesa che cammina barcollando. Mi fermo a guardarlo per capire se è ubriaco o se fa fatica a camminare. Mi accorgo che fa fatica ed ha pure dei dolori forti. Appoggio la bici al muro e mi offro di aiutarlo. Lui, stupito, accetta e così, camminando a braccetto, lo accompagno, fino al posto in cui abita. Per strada dobbiamo fermarci di tanto in tanto per il dolore e mi racconta un po’ il suo problema. Alla fine mi ringrazia e mi saluta. Io ritorno a prendere la bicicletta per portarla ad aggiustare. E mi dico che se non si fosse rotta la catena, non avrei mai incontrato Gesù presente in quell’uomo".

(A. B.)

... quando verrebbe invece da criticare

Argentina. "Al rientro in seminario, è giunta la notizia che i responsabili avevano deciso di mandare a casa vari compagni di teologia. Non conoscendo le motivazioni, tutti siamo rimasti molto sorpresi e si è creato un senso di malessere e di incertezza in tutta la comunità. Capivamo però che il vero amore non si poteva esaurire nell’amicizia, bensì ci chiedeva di vivere la parola di Gesù: "Chi ascolta voi ascolta me". Vedendo come quei giovani si trovavano soli, senza lavoro, scoraggiati ed angosciati, ci siamo ricordati di quello che avevamo scoperto al Congresso a Roma: occorreva dare un nome a quei dolori, riconoscere in essi un volto di Gesù crocifisso ed abbandonato, abbracciarlo e buttarsi poi ad amare. Abbiamo quindi dato vita ad una comunione di beni e sensibilizzato alcuni sacerdoti affinché aiutassero quei nostri compagni e li accogliessero temporaneamente nelle loro parrocchie. In una parola, abbiamo cercato di non lasciarci prendere dalle critiche distruttive, ma di attingere nell’unità noi la forza e la luce per amare concretamente. Gli altri seminaristi sono rimasti colpiti da questo nostro atteggiamento ed hanno preso coscienza che è proprio nel dono di sé che si trova la pace e la serenità. Tutto ciò ci ha fatto comprendere che al primo posto della nostra vita non deve essere lo studio o un grado accademico ma Dio, Dio-Amore". (N. e J.)

... anche quando siamo noi stessi in difficoltà

Filippine. "Poco dopo il mio ritorno nelle Filippine, mentre stavo recandomi in montagna per la pastorale, ho subito un incidente. Viaggiavamo su un veicolo a motore, l’autista, una donna ed io, quando improvvisamente il conducente ha perso il controllo della situazione, a causa dell’agitazione di quella signora in un tratto particolarmente arduo e pericoloso. Mentre cadevamo a terra, mi sono reso conto di aver subito alcune contusioni, ma notavo che il conducente stava ben peggio di me. Pur dolente, mi sono messo immediatamente ad aiutarlo, cercando di fermare con la mia camicia il sangue che usciva dalle sue ferite. Nel frattempo la signora si sentiva svenire. Veniva da prendermela con lei per l’accaduto, ma ho cercato di starle vicino e l’ho portata in un posto più riparato. Per me tutto ciò era un incontro con Gesù crocifisso ed abbandonato che si presentava in ciascuno di noi con un volto particolare". (C. N.)

... nelle più varie situazioni del quotidiano

Italia. "Vedo quanto aiuta aver presente nelle più varie situazioni Gesù crocifisso ed offrire ogni cosa a lui. Quando i responsabili mi comunicano che per la pastorale non sarei andato più nella parrocchia nella quale mi ero trovato tanto bene coi sacerdoti, dico a Gesù: "per te!". Quando incontro una signora di convinzione laica che mi fa partecipe del dolore per la malattia della sua mamma e mi chiede un prete con cui parlare: "per te!". Quando condivido la sofferenza di un giovane religioso per la morte improvvisa di entrambi i genitori: "per te!". Quando un mio compagno mi dice che vede in me un modello per la sua vita sacerdotale: ancora "per te!"". (S. I.)

... per rinnovare i rapporti in seminario

Spagna. "Mi sono reso conto come cambiano i rapporti con i compagni in seminario, quando siamo disposti a morire a noi stessi. In concreto, ciò ha significato per me mettere alcuni libri a me molto cari a disposizione di un seminarista che non gode di tanta simpatia fra i compagni. Dopo alcuni mesi, quel seminarista mi ha restituito i volumi, con una cartolina molto bella che esprimeva la sua riconoscenza. Mi sono allora accorto che può avvenire il "miracolo" di un rapporto nuovo quando siamo disposti a mettere in gioco i nostri gusti e le nostre cose". (S.M.)

"Il nostro seminario stava passando un momento non tanto felice. C’era discriminazione di persone e sono caduto anch’io nella tentazione di non intrattenermi con alcuni miei compagni. Dopo il Congresso a Roma, il mio atteggiamento è cambiato radicalmente ed ora vedo i miei compagni con occhi nuovi, pronto ad instaurare con ciascuno un rapporto vero. Ringrazio Dio per avermi dato questa luce". (A. A.)

... di fronte allo scoraggiamento

Italia. "Ultimamente mi faceva soffrire il fatto che nella mia classe non ci sono veri rapporti fraterni. Mi sembrava che si "predicava" tanto, ma che in fondo si viveva ben poco. Quando ne ho parlato con qualcuno, mi è stato consigliato di rassegnarmi. Alcuni di noi – si diceva – sono insieme già da otto anni, eppure non sono mai riusciti a condividere le cose più belle che Dio ha compiuto nella loro vita. A sentir dire così, mi veniva voglia di lasciare tutto. Ma ecco la parola di vita del mese di aprile – "Io sono la porta" – con il commento che invitava a far proprie fino in fondo le situazioni di amarezza, le difficoltà, le delusioni, i dolori. Da quel momento nella mia mente si è fatta strada una preghiera: "Signore, voglio riconoscerti in questa situazione. Tu non sei sceso dalla croce, ma ci sei rimasto per me! Donami sempre la forza per ricominciare"". (S.V.)

 

Non fermarsi nel trauma

Dalle risposte, colte dalla viva voce, di Chiara Lubich ai seminaristi

Perché il mistero di Gesù abbandonato è così importante per poter costruire l’unità?

"Il mistero di Gesù abbandonato è importantissimo per poter vivere l’unità, perché la croce di Gesù, che contiene anche quel grido, è servita a unire gli uomini con Dio e a unire gli essere umani fra di loro.

Ma come Gesù ha vissuto il suo grido?

Nonostante l’enorme separazione che sentiva dal Padre, ha detto: "Nelle tue mani raccomando il mio spirito". Quindi Gesù nell’abbandono è proprio maestro di come si deve superare ogni disunità, per grave sia. Così anche noi ogniqualvolta ci troveremo di fronte ad un dolore, che assomiglia al suo, dobbiamo non stare fermi, non fermarci nel trauma, ma andare al di là con l’amore...

In tal modo si può spendere la vita per il mondo intero, con un programma immenso. Tutti i dolori del mondo li devi sentire, in certo modo, tuoi, perché sei un cristiano, sei un seguace di Cristo.

E sai cosa otterrai come effetto? Abbracciando tutto il giorno Gesù abbandonato, avrai l’impressione che il tuo cuore sia pieno di Spirito Santo".

(Congresso internazionale di seminaristi, 31 dicembre 1998, sintesi nostra)

L’atto fondamentale

"L’atto fondamentale della mia vita e del mio servizio sacerdotale è questo: dire assieme a Gesù "Abbà, Padre!". Voglio essere intimamente radicato là dove Lui è. Ed Egli, essendo crocifisso, è all’estremo limite, all’ultimo confine. Rivolgendomi insieme con Gesù al Padre, mi rivolgo dunque contemporaneamente a tutto quanto dentro di me e fuori di me e attorno a me rimane non spiegabile, a tutto quello che è contrario, a tutti gli abissi... Tutto ciò – questo mi è dato di conoscere – è in qualche modo assunto da Lui. Ed è così che mi trovo in comunione con Lui ed assieme a Lui divento capace di creare quella comunione che apre le mani a destra e a sinistra, ponendo ad un tempo Lui stesso al centro".

Klaus Hemmerle

 

In dialogo

Il 3 maggio scorso, nel seminario di Capodimonte a Napoli, studenti di vari Movimenti ecclesiali, impegnati nella commissione ecumenica del seminario, hanno organizzato un incontro-dialogo fra le tre grandi religioni monoteiste: ebraismo, cristianesimo, islamismo, con l’intervento di teologi ed altri esponenti qualificati delle tre religioni. Oltre a molti seminaristi e numerosi aderenti dei diversi Movimenti, erano presenti i rappresentanti della comunità ebraica e di quella islamica di Napoli e vari membri delle commissioni ecumeniche delle diocesi vicine, in tutto quasi 400 persone. Secondo alcuni relatori si è trattato del primo incontro a questi livelli organizzato da un seminario.

In Brasile recentemente si è celebrata l’annuale settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Per l’occasione, nella città di João Pessoa, nel Nordest della nazione, alcuni seminaristi hanno stampato foglietti con preghiere e canti per l’inizio delle lezioni in tutte le classi. Hanno preparato inoltre un pannello che è stato collocato nella hall centrale dove, per cinque giorni consecutivi, durante gli intervalli delle lezioni, convenivano ca. 250 persone, fra seminaristi, religiosi, formatori e professori. Un giorno sono intervenuti per un saluto anche pastori di varie Chiese che, per la gioia di tutti, hanno accettato di fermarsi in seminario pure a pranzo. A conclusione della settimana, in città si è celebrato un Triduo, con la partecipazione di 600 persone di otto denominazioni, fra cui parecchi seminaristi. Particolarmente apprezzata la fantasiosa coreografia realizzata da seminaristi di vari Movimenti con cui si è conclusa la serata dedicata alla cultura cristiana, tra ripetuti applausi. Ministri di varie Chiese hanno espresso la loro gioia al vedere nascere "una nuova generazione di sacerdoti aperti all’ecumenismo".