La Chiesa e il mondo dell’arte

Il Papa agli artisti

Riportiamo la bella e sostanziosa presentazione fatta dal card. Paul Poupard alla Lettera di Giovanni Paolo II agli artisti.

È una Lettera scritta con intimità e verità di accenti, sincerità di stato d’animo, partecipazione oserei dire appassionata di "collega", che guarda con amore straordinario alle arti universali in simbiosi con la fede cattolica. Alla sua base non c’è storia da raccontare, se non riferimenti significativi a Cyprian Norwid e Adam Mickiewicz, Nicolò Cusano e Pavel Florenskij, Dante e Dostoevskij, Claudel e Chagall, le divine liturgie di Oriente e di Occidente. C’è il desiderio indefesso del Santo Padre di riaffermare, rinnovare e, se necessario, rilanciare il dialogo con gli artisti, all’indomani del Concilio Vaticano II, ampiamente citato proprio perché quell’assemblea "ha gettato – scrive il Papa – le basi di un rinnovato rapporto fra la Chiesa e la cultura, con immediati riflessi anche per il mondo dell’arte, che si propone nel segno dell’amicizia, dell’apertura e del dialogo". Con questa Lettera, il rapporto si approfondisce e sviluppa nel segno dell’intimità, della condivisione e della speranza.

Le prospettive in cui il Pontefice inserisce il suo personalissimo dialogo con gli artisti sono tre, ben delineate: una teologica, una storica ed una terza che pervade tutta la Lettera, centrata sull’esistenza dell’uomo e la responsabilità e finalità dell’arte: una prospettiva etico-esistenziale.

La prospettiva teologica struttura l’intero pensiero del Papa. La Santa Trinità – Padre, Figlio e Spirito Santo – entra e pervade l’animo dell’artista e le sue opere. La creazione del Padre, l’incarnazione del Figlio e l’ispirazione dello Spirito Santo operano continuamente nell’animo dell’artista.

Con il Padre, l’artista è associato nell’opera divina: "Dio ha chiamato all’esistenza l’uomo trasmettendogli il compito d’essere artefice... chiamandolo a condividere la sua potenza creatrice".

Con il Figlio incarnato, l’arte contempla la fondamentale manifestazione del "Dio-Mistero", operando una "fioritura di bellezza" che ha pervaso e nutrito duemila anni di storia dell’umanità. "Facendosi uomo, il Figlio di Dio ha introdotto nella storia dell’umanità tutta la ricchezza evangelica della verità e del bene, e con essa ha svelato anche una nuova dimensione della bellezza: il messaggio evangelico ne è colmo fino all’orlo". Ecco lo Splendor Veritatis, in fecondo dialogo tra Fides et Ratio.

Con lo Spirito Santo, "misterioso artista dell’universo", consociato al Padre e al Figlio nell’opera creatrice, il Papa si rivolge direttamente agli artisti del Terzo Millennio, rileggendo l’intera storia della creazione e redenzione dell’umanità. "Lo Spirito creatore pervadeva sin dall’inizio l’opera della creazione". E oggi pervade ogni creazione artistica, incontrando il genio dell’uomo, raggiungendolo "...con una sorta di illuminazione interiore che unisce insieme l’indicazione del bene e del bello, e risveglia in lui le energie della mente e del cuore, rendendolo atto a concepire l’idea e a darle forma nell’opera d’arte". Così l’essere umano "...ha la possibilità di fare una qualche esperienza dell’Assoluto che lo trascende". La bellezza di questo Assoluto "è cifra del mistero e richiamo al trascendente". Permettetemi di sottolineare quanto Giovanni Paolo II sia davvero artista, quando descrive la bellezza come "invito a gustare la vita e a sognare il futuro"!

La prospettiva storica occupa la centralità della Lettera. Il Papa premette: "Non è nelle mie intenzioni richiamare cose che voi, artisti, ben conoscete". Eppure questo excursus non manca di fecondità: il mondo classico, in cui il bello si coniuga al vero perché "...anche attraverso le vie dell’arte gli animi fossero rapiti dal sensibile all’eterno"; il Medioevo, con l’arte delle icone, "in un certo senso sacramento", in Oriente, e l’arte delle chiese in Occidente, piegando così "la materia all’adorazione del mistero"; l’Umanesimo e il Rinascimento, in cui l’attenzione per l’uomo, il mondo, la realtà della storia "di per sé, non è affatto un pericolo per la fede cristiana, centrata sul mistero dell’Incarnazione, e dunque sulla valorizzazione dell’uomo da parte di Dio". Infine l’età moderna, con le sue luci e le sue ombre, segnata dall’assenza e talvolta dall’opposizione a Dio. Ma anche qui emerge quell’incondizionata fiducia e forte ottimismo tipico di Giovanni Paolo II: "La Chiesa ha continuato a nutrire un grande apprezzamento per il valore dell’arte come tale. Questa, ...quando è autentica, ha un’intima affinità con il mondo della fede, sicché, persino nelle condizioni di maggior distacco della cultura dalla Chiesa, proprio l’arte continua a costituire una sorta di ponte gettato verso l’esperienza religiosa... (e) l’artista si fa in qualche modo voce dell’universale attesa di redenzione".

La prospettiva etico-esistenziale ne scaturisce spontaneamente. Il Papa invita a "penetrare con intuizione creativa nel mistero del Dio incarnato e, al contempo, nel mistero dell’uomo". Questa è vera missione responsabile. Ogni uomo è chiamato ad essere artefice della propria vita: "in un certo senso, egli deve farne un’opera d’arte, un capolavoro". Ancor più questo vale per l’artista, in cui si sommano due disposizioni, quella morale e quell’artistica. Perché nel modellare un’opera d’arte "egli riflette non solo ciò che è, ma come lo è". Il rapporto tra bello e bene prende una fisionomia molto attuale nel pensiero di Giovanni Paolo II, come stimolo alla coscienza e fonte di attività creatrice responsabile: l’artista "avverte al tempo stesso l’obbligo di non sprecare questo talento – la vocazione artistica – ma di svilupparlo". L’artista è al servizio del bene comune: "C’è dunque un’etica, anzi una spiritualità del servizio artistico, che a suo modo contribuisce alla vita e alla rinascita di un popolo".

La Chiesa ha bisogno dell’arte. Perché "l’arte deve rendere percepibile e, anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello spirito, dell’invisibile, di Dio". Giovanni Paolo II con coraggio, tipico suo, fa a se stesso e propone a tutti gli artisti e lettori, credenti e non credenti, un’ultima domanda, che mi ha colpito: "L’arte ha bisogno della Chiesa?". Egli stesso la definisce una domanda provocatoria: e con quante provocazioni Giovanni Paolo II ci abbia colpito nei suoi oltre vent’anni di pontificato ne siamo tutti testimoni. Il Papa afferma che questa provocazione "...ha una sua motivazione legittima e profonda". Entra così nell’animo stesso dell’artista: lo esplora, perché lo conosce, artista lui stesso. In una visione che non esclude la fecondità di altri contesti religiosi, ma non relativizza il fatto di come "il dogma centrale dell’Incarnazione del Verbo di Dio offre all’artista un orizzonte particolarmente ricco di motivi di ispirazione".

L’appello finale agli artisti riconferma l’alleanza tra Vangelo ed arte, la prossimità tra il mistero del Dio incarnato e il mistero dell’uomo: siate ben consci, artisti di tutto il mondo, che "...l’umanità di tutti i tempi – anche quella di oggi – aspetta di essere illuminata sul proprio cammino e il proprio destino". Rifacendosi alla propria personale esperienza, sorregge questa sua esortazione finale con una citazione del poeta Adam Mickiewicz: "Emerge dal caos il mondo dello spirito", ed una preghiera alla Vergine Santa, la "tutta bella" cantata da Dante, per gioire nel riverbero dello Spirito di Dio. Firmata nel giorno della Pasqua di Risurrezione, questa Lettera ci porta con ammirazione, ebbrezza e indicibile gioia, verso la bellezza autentica, "aprendo gli animi al senso dell’eterno", per gustare, già su questa terra, un poco di Paradiso, grazie a nuove epifanie della bellezza, auspicate dal Santo Padre.

Card. Paul Poupard