Il bello: presenza dell’Amore

Chi conosce il Centro Mariapoli di Castelgandolfo sa che esso accoglie persone di ogni vocazione, età, razza negli incontri che si susseguono ogni settimana. Questa volta però presentava un aspetto veramente insolito.

Entrando trovavi opere d’arte esposte ovunque, ti ricevevano persone vestite in costume d’epoca che facevano da guide e offrivano informazioni, il palco della sala appariva ingrandito e attrezzato con innumerevoli luci e tutto il necessario per fare spettacoli. Dove ti giravi trovavi dei gruppi parlando d’arte, o facendo le prove per le varie perfomances previste.

Anche il programma è stato svolto in modo originale. Tutto era intercalato o accompagnato da esibizioni artistiche. Oltretutto – bisogna dirlo – di qualità. In una parte della giornata ci si trovava tutti insieme; mentre in altri momenti, in apposite sale, si svolgevano contemporaneamente diversi tipi di espressioni artistiche: spettacolo, arti letterarie, musica, arti figurative, architettura, fotografia, video…

Era il primo convegno internazionale degli artisti del Movimento dei focolari. Inizialmente si era pensato a 500 partecipanti, ma in realtà ne sono arrivati 1.700, oltre quelli che hanno dovuto rinunciarvi per mancanza di posti: segno dell’enorme interesse suscitato dall’evento. Voluto da Chiara Lubich – affascinata dalla Bellezza fin dagli inizi del suo carisma – per avviare una "terza fase" nel Movimento, come ha spiegato nel tema che ha dato l’avvio all’incontro e col quale apriamo anche il nostro numero.

Il rapporto fra arte e cristianesimo è costitutivo, com’è inscindibile il rapporto fra Bellezza ed esistenza. "E Dio vide che tutto quel che aveva fatto era davvero molto bello", sarebbe una versione corretta del celebre passo della Genesi (così ad es. la Traduzione interconfessionale della Bibbia). L’ha fatto notare l’architetto Danilo Zanzucchi all’inizio della sua relazione, dove mostrava come ogni grande carisma ha dato luogo nella storia ad espressioni artistiche proprie ed originali.

La Bellezza è "nome proprio" di Dio. Ad essa è particolarmente sensibile l’umanità contemporanea, come hanno intuito Simone Weil e tanti altri con lei. Perciò non è strano che questo incontro sia apparso a tanti come un canto che manifestava, allo stesso tempo, la gloria di Dio e la dignità dell’essere umano.

Un Dio testimoniato non necessariamente nominandolo. Come ha detto lo scultore Benedetto Pietrogrande: attraverso l’arte è possibile "la percezione di una Presenza d’amore". Allo stesso tempo, parola, gesti, melodie, forme, infiniti modi di esprimersi e di relazionarsi, mostravano la grandezza e la nobiltà di cui è capace l’animo umano. Se il Paradiso è descritto anche come contemplazione della bellezza di ciò che Dio ha costruito in ogni membro dell’umanità, in quei giorni si gustava, anticipato, un po’ di Paradiso.

Eppure gli artisti di questo incontro non apparivano sognatori illusi, perché nutriti ad una spiritualità che ha approfondito in modo unico le abissali profondità che all’intelletto ed alla vita rivela l’abbandono di Cristo. Si avvertivano persone che facevano i conti con quel dolore di cui è intrisa l’esistenza, e che con l’arte ha un vincolo misterioso e particolarmente fecondo. Non ci dice questo in modo unico "il più bello dei figli dell’uomo" appeso ad una croce, abbandonato da Dio, "uomo dei dolori"? Le esperienze che pubblichiamo, lo evocano chiaramente.

C’era in tutto ciò un riflesso della Trinità. Per esempio la scultrice Ave Cerquetti finì la sua esperienza leggendo quello che aveva scritto qualcuno alla vista di un’opera artistica che era espressione d’unità fra coloro che l’avevano concepita ed eseguita: "A volte si vedono lavori d’équipe, ma difficilmente si realizzano opere con tale armonia, perché alla fine ognuno esegue un pezzettino di lavoro, tentando, nel migliore dei casi, di ‘omogeneizzarlo’ con gli altri: varie mani che lavorano assieme. Ma qui le mani sembrano tutte dello stesso corpo: traspare proprio l’unità!".

Il mimo Alberto Ivern, che ha interpretato diversi pezzi nel convegno, ci ha mandato un lungo scritto riflettendo su ciò che ha sperimentato e capito. Conclude così: "Se Gesù è presente in mezzo a coloro che si amano, è Lui che si esprimerà non solo in atti di bontà e di verità ma anche di bellezza. E giacché tutti questi aspetti sono uno in Gesù, anche gli atti di bontà e di verità si andranno ‘abbellendo’ e ogni persona sarà la più bella delle versioni di se stessa".

Per ciò che riguarda la formazione specifica dei sacerdoti, fanno pensare le parole del card. belga Danneels in un suo intervento sull’arte che ha avuto vasta eco (Il bello guarisce, Louvain-la-Neuve, maggio ’98): "Nei corsi di teologia, anche se non si deve trascurare il senso critico e la ricerca del vero, esistono ancora troppi pochi ponti fra teologia e letteratura, arte o storia. Com’è possibile che Dio, che è la sorgente di ogni bellezza, appaia così poco come tale nelle nostre università?".

La Bellezza non è retaggio di alcune persone dalla sensibilità particolare o da gruppi d’iniziati, ma la meta di tutti, la "casa" in cui ogni essere umano si sente a suo agio, realizzato nella sua vocazione più profonda. Ogni comunità cristiana, anche nei suoi edifici ed in tutte le sue espressioni, è chiamata a manifestarla. Anche tutto ciò che facciamo nel mondo per superare le ingiustizie, le povertà, i rapporti falsati, è crescita nell’armonia, nella bellezza che riflette la Gloria di Dio.

Enrique Cambón