Amore a Gesù abbandonato ed equilibrio psichico

Mentre la rivista stava andando in macchina, c’è pervenuta quest’esperienza, molto ben intonata con il tema trattato in questo numero.

Carissimi, ho trascorso due mesi molto intensi, nei quali è stato necessario trovare nuovi equilibri in casa, sul lavoro, e non sempre è stato, ed è, facile. Oggi però ho avuto una comprensione nuova di Gesù abbandonato ed è questo che intento comunicarvi.

Tante volte lo amo, ma oggi ho capito che, anche quando non lo strumentalizzo (perché se ne vada il dolore, ad esempio, e torni la gioia) almeno inconsciamente c’è sovente un secondo fine: l’amo perché ci sia la pace. Certo, a volte non è facile accettare certe ‘ingiustizie’, o sgarbi, disprezzi più o meno grandi, ma per amore della pace supero tutto vedendo il suo volto in ogni dolore. Oggi mi sembrava però che fosse troppo, che ci fosse un limite alla sopportazione, che non servisse più a nulla neppure amarlo, e che ad un certo punto è meglio saper dire ‘basta’, e ribellarsi, per non rompere l’equilibrio psichico. Poi ho capito. Mi è sembrato che il vero amore a Gesù abbandonato cominciasse proprio in quel momento, fosse ciò che oltrepassa il limite, ciò che non ha più una ragione, quando non vale più la pena... Sì, ho capito che lì, oltre il limite umano, c’è l’amore più puro.

Proprio questa mattina avevo letto il discorso di Chiara a Malta sui riflessi della spiritualità dell’unità nella psicologia. Ho sperimentato che l’amore a Gesù abbandonato supera quel limite oltre al quale, umanamente, ci sarebbe solo da impazzire. Occorrerebbe dire ‘basta’ perché non saltino i nervi. Sì, con Gesù abbandonato si dice un altro ‘basta’, si dice basta a questo mondo e a tutto quello che passa, e si capisce che nulla ha importanza, neppure le cose più belle e sante, neppure la pace: solo lui. E allora non c’è ragione per perdere l’equilibrio. Quando si vola non si ha più bisogno d’appoggi, ed è impossibile dunque sbilanciarsi. Amare Gesù abbandonato è tuffarsi nell’abisso dell’amore di Dio.

G. L.