"Fides et ratio"

 

La sfiducia nella verità è, alla fine, sfiducia nella persona umana, nella sua capacità di ricercare con l’intelligenza e di aderire con la libertà a quella verità che la fa diventare pienamente ciò che è chiamata ad essere secondo il disegno di Dio.

Dietro l’ultima enciclica di Giovanni Paolo II c’è la stessa passione per l’uomo che sin dalla Redemptor hominis ha animato tutto il suo pontificato. È una passione che, nella coscienza e nella missione della Chiesa, è tutt’uno con la passione per Gesù Cristo, nel quale ci è svelato insieme – come il Papa non si stanca di ripetere – il mistero di Dio e il mistero dell’uomo.

La sfiducia nella verità che permea, pure in forme e con tonalità diverse, alcuni consistenti filoni culturali del nostro tempo, ha radici lontane, che vanno messe allo scoperto per essere sanate e per trovare una risposta in positivo a quella ricerca di senso e di sapienza nel gustare e nel comprendere l’esistenza che pure è nascosta, e non di rado affiora, nella gente del nostro tempo. E non è proprio, programmaticamente, "amore alla sapienza" ciò che ha da essere la filosofia?

L’enciclica Fides et ratio è, dunque, un appassionato manifesto per dire l’importanza, anzi l’indispensabilità di un’autentica ricerca filosofica per risvegliare e promuovere quel desiderio di verità che, abitando la coscienza umana, la indirizza ad accogliere con fiducia e con gioia il dono della verità piena che le viene offerta da Dio in Cristo.

La ragione umana infatti è per natura sua aperta alla verità. Questa la tesi di fondo che Giovanni Paolo Il esplora ed espone sia in senso storico sia in senso teoretico, riferendosi a tutta la grande tradizione del pensiero cristiano, e in particolare all’insegnamento dei Concili Vaticano I e Vaticano Il.

E la rivelazione, quale dono gratuito con cui Dio si comunica alla sua creatura, non deprime né aliena questo slancio nativo e affascinante, ma lo presuppone, lo salva e lo porta a compimento. Là dove questo slancio – come oggi spesso avviene – si affloscia e si ripiega su di sé sino a spegnersi, non è più possibile accogliere la verità che ci è donata. E la persona umana rischia di fallire il senso del suo stesso esistere. La filosofia, intesa come ricerca riflessa, critica e metodica della verità dell’essere che dischiude il senso dell’esistere, è necessaria per risvegliare e testimoniare questo slancio. Certo, quando essa si riduce a mero esercizio accademico e analitico, allontanandosi dalla sua originaria vocazione, non può non mostrarsi inutile, se non dannosa. Ma se è ciò che ha da essere, la filosofia svolge una funzione di lievito e di orientamento assolutamente prioritaria nella determinazione degli orientamenti di pensiero, di scelta morale e di prassi storica di una cultura.

Difesa, dunque, del significato umanistico della filosofia. Forse mai, sino ad ora, un documento del magistero cattolico ne aveva così celebrato il valore e sostenuto la funzione. Insieme all’invito – che non è esteriore alla ragione stessa, ma ne rappresenta il naturale ancorché gratuito compimento – ad aprirsi con fiducia e gratitudine all’orizzonte nuovo, e pieno, di verità e di senso donato dalla rivelazione e, di conseguenza, a un rapporto d’amicizia e di cooperazione con la teologia, pur nella distinzione dei ruoli e nell’autonomia dei metodi.

Se, infatti, la filosofia esprime nella massima tensione quella ricerca di verità che la persona umana è, la teologia, dal canto suo, è l’approfondimento della verità rivelata accolta nella fede, cui la ragione è chiamata per essere fedele a sé stessa e, insieme, alla verità ricevuta. Per questo occorre risanare quella separazione tra ragione e fede, filosofia e teologia che ha caratterizzato la modernità. La storia del cristianesimo, dai primi secoli, grazie all’opera dei Padri della Chiesa, sino alla straordinaria sintesi di San Tommaso d’Aquino, testimonia il fecondo e provvidenziale incontro tra la filosofia greca e la rivelazione cristiana. Ed anche nel periodo della modernità vi è stato chi – Giovanni Paolo Il cita Newman, Rosmini, E. Stein, E. Gilson, J. Maritain – ha tentato con lungimiranza le vie, spesso ardue, d’un incontro tra la tradizione metafisica del pensiero classico e le conquiste positive che sono presenti, pur tra derive perniciose, nel pensiero moderno.

L’opera va proseguita, auspica il Papa, tenendo ferma la necessità assolutamente essenziale per la filosofia, così come per la teologia, dell’apertura all’essere nel suo valore metafisico e trascendente. Del resto, il dialogo con le antiche culture religiose e di pensiero dell’Oriente (dall’India alla Cina e alle culture tradizionali) esige oggi un’opera non dissimile da quella compiuta dai Padri della Chiesa nei primi secoli in rapporto alla cultura greca e latina. Occorre sceverare, nel patrimonio di tali millenarie culture, ciò ch’è universalmente valido e anche ciò che esprime in modo originale l’anelito alla verità e l’accoglimento dei raggi della sua luce nella sapienza dei popoli, favorendo un’appropriata inculturazione del vangelo insieme con l’evangelizzazione delle culture, e arricchendo così il patrimonio della tradizione cattolica e dell’umanità.

Non è un caso che, a titolo d’esempio della complementarietà dei diversi approcci all’unica verità alimentati dalla linfa vitale delle differenti culture illuminate dal vangelo, Giovanni Paolo Il ci ricordi alcuni pensatori dell’Oriente cristiano che finora non avevano ancora fatto capolino in un testo ufficiale del magistero: V. Solov’ev, P. Florenskij, P. Caadaev, V. Lossky.

In tale ottica, l’enciclica guarda al futuro. "Portare gli uomini alla scoperta della loro capacità di conoscere il vero e del loro anelito verso un senso ultimo e definitivo dell’esistenza" – sottolinea il Papa – non può infatti non sollecitare l’uomo contemporaneo al riconoscimento "che egli sarà tanto più umano quanto più, affidandosi al vangelo, aprirà se stesso a Cristo" (n. 102), il quale rischiara la verità dell’essere nello splendore dell’Amore trinitario rivelato nella sua pasqua di morte e risurrezione (cf. n. 79, 93).

È in Cristo morto e risorto, in fin dei conti, che avviene il confronto decisivo della ragione con la rivelazione di Dio che chiama la persona umana ad aprirsi alla "sapienza della croce", secondo la quale – nel mistero della kenosi di Dio – "la sofferenza e la morte possano esprimere l’amore che si dona senza nulla chiedere in cambio" (n. 93). Così, il paradosso dell’esistenza umana sondato con inesausta passione dalla filosofia viene illuminato dal paradosso inesauribile del Verbo di Dio incarnato e crocifisso.

È stata notata in questa enciclica "qualche inevitabile lacuna..." (cf "Regno-attualità", 18/98, 580). Non è compito del magistero, infatti, articolare compiutamente delle risposte, ma segnalare i problemi e le prospettive di fondo entro cui, nella luce della fede, vanno impostati e affrontati. Un motivo in più per prendere sul serio l’invito del Papa che, di fronte alla tentazione della frammentazione e allo smarrimento del senso, sollecita gli uomini e le donne di cultura a tentare con coraggio la via d’una "visione unitaria e organica del sapere", che abbia al suo centro la persona umana orientata al ritrovamento di sé nel mistero del Verbo incarnato.

Questo è uno dei compiti – sottolinea Giovanni Paolo Il – di cui il pensiero dovrà farsi carico nel corso del prossimo millennio (cf n. 85). E non a caso, al suo assolvimento, insieme ai filosofi e ai teologi, invita anche gli uomini e le donne della scienza e dell’arte.

Piero Coda

Notizie brevi

Kazakhistan – La Chiesa cattolica in questo Paese ha ottenuto il riconoscimento ufficiale delle autorità con un accordo che regola i rapporti bilaterali tra la Santa Sede e questa repubblica centro-asiatica, firmato lo scorso 24 settembre in Vaticano.

Il portavoce vaticano, Joaquín Navarro-Valls, ha dichiarato che "con la firma di questo documento è stato raggiunto un primo accordo ufficiale tra la Santa Sede e uno dei Paesi dell’ex Unione Sovietica, il più grande dell’Asia centrale".

Alla Chiesa viene concessa la possibilità di svolgere la sua opera in campo pastorale, sociale, caritatevole ed educativo, garantendole anche l’accesso ai mezzi di comunicazione sociale. I sacerdoti cattolici avranno anche libera entrata nelle case di cura pubbliche e nelle carceri.

L’accordo prevede pure la collaborazione in campo culturale tra le istituzioni della Chiesa cattolica e quelle della repubblica del Kazakhistan. La Chiesa ha anche ottenuto l’autorizzazione a possedere i beni necessari al compimento della sua missione pastorale, in conformità alla legislazione della repubblica centro-asiatica.

Dopo la firma degli accordi, la delegazione kazakha, guidata dal presidente della repubblica Nursultan Abiscevich Nazarbaev, è stata ricevuta in udienza dal Papa.

Il Kazakhistan conta circa 17 milioni di abitanti, in maggioranza musulmani ma con una consistente presenza di cristiani ortodossi. I cattolici sono ufficialmente 366.000, il 2 per cento della popolazione. Tuttavia, i discendenti di famiglie cattoliche, lì deportate durante il regime comunista sovietico, sono un milione e mezzo; quasi tutti hanno perso i contatti con la fede. La Chiesa ha perciò notevoli possibilità d’evangelizzazione.

L’amministrazione apostolica è guidata da mons. Ian Lenga. Nel territorio operano una quarantina di sacerdoti, per la stragrande maggioranza stranieri, sparsi in una ventina di parrocchie. Vi sono inoltre una trentina di suore e altrettanti seminaristi, che studiano in Russia, nel seminario di San Pietroburgo.

Giappone - Il prossimo anno ricorrerà il 450° anniversario dell’arrivo di san Francesco Saverio in Giappone. A Kagoshima, il luogo dove il missionario era sbarcato, la Chiesa, il governo e le associazioni locali stanno organizzando congiuntamente la celebrazione dell’evento.

Il vescovo di Kagoshima, mons. Paul Shin’ichi Itonaga, ha annunciato che le celebrazioni si prolungheranno dal 15 agosto (giorno dello sbarco, nel 1549) sino alla festa del santo, il 3 dicembre 1999.

La diocesi spera di poter completare la nuova cattedrale entro il prossimo anno. Sono inoltre previsti convegni e mostre speciali, oltre a messe commemorative, compresa la celebrazione eucaristica che si terrà nell’arena municipale di 5.000 posti alla presenza dell’inviato del Papa. I cattolici locali sperano anche che da Roma giunga il braccio destro del santo, come già avvenuto nel 1949.

A coordinare i festeggiamenti sarà l’associazione per il giubileo di san Francesco Saverio, gruppo interreligioso fondato nel 1992 e attualmente presieduto da Nobuhisa Shimadzu, 32° discendente della famiglia feudale che governava Satsuma, l’antico nome della città, e che aveva dato il permesso al santo di predicare il cristianesimo.

Ancora in occasione dell’anniversario, verranno poste nello Xavier Memorial Park le statue del missionario spagnolo e dei primi due giapponesi che egli convertì, Anjiro, un samurai, e Bernardo, un giovane che fu poi mandato in Europa a studiare, e dove fu presentato al Papa. In città esistono già altre due statue in ricordo del santo.

Seguendo lo spirito del missionario, che era diventato grande amico del monaco-capo buddhista della zona, ai preparativi per il giubileo collaboreranno anche i buddisti, oltre ai cristiani delle altre confessioni. I cattolici rappresentano lo 0,5 per cento del milione e ottocentomila abitanti di Kagoshima.

Singapore - Una delegazione di giovani musulmani ha recentemente visitato alcune parrocchie cattoliche per meglio comprendere la fede cristiana.

È avvenuto lo scorso 13 settembre, nella chiesa di san Michele. I giovani islamici, tutti di un’età compresa tra i 17 e i 30 anni, appartenevano alla Muslim Converts’ Association of Singapore, un’associazione fondata nel 1970 da cinesi convertitisi all’Islam, con lo scopo di educare ed assistere materialmente i neo-musulmani emarginati dalle proprie famiglie d’origine.

I ragazzi musulmani sono stati ospiti dei coetanei cattolici per cinque giorni. Durante la permanenza, hanno approfondito le loro conoscenze sulla fede cattolica e su questioni riguardatiti il ruolo del Papa, la Vergine Maria, l’autenticità della Bibbia e il significato della salvezza tramite Gesù Cristo.

L’esperienza ha entusiasmato i giovani islamici, che hanno partecipato con fervore agl’incontri per loro organizzati. Mohammed Imran, presidente dei Comitato per i rapporti esterni dell’associazione musulmana, ha detto di aver trovato la visita "illuminante", essendo anche la prima volta che entrava in una Chiesa cattolica.

Nicole Batchelor, rappresentante dei giovani cattolici, ha sottolineato come l’evento abbia costituito "un primo passo verso il dialogo interreligioso a livello parrocchiale", e ha evidenziato l’apertura mentale riscontrata nei coetanei islamici.

La delegazione musulmana ha visitato, oltre alla parrocchia cattolica, altre due Chiese protestanti.

Seoul - In seguito ad un appello del vescovo ausiliare mons. Andrew Choi Chang-mou, più di 60 sacerdoti della diocesi di Seoul si sono detti disponibili ad andare volontariamente in Corea del Nord a svolgere il ministero nelle comunità cristiane che non hanno il prete.

In vista di una futura riunificazione delle due Coree, l’archidiocesi di Seoul ha dato vita al Comitato pastorale per l’unità nazionale, che ha sostituito i precedenti comitati di Riconciliazione e di Riunificazione pastorale. Lo scorso 12 settembre, mons. Choi, membro del nuovo Comitato, ha inviato a tutti i sacerdoti della diocesi un messaggio, chiedendo la disponibilità a trasferirsi in Corea del Nord. Su circa 500 sacerdoti, oltre 60 hanno risposto positivamente.

Prima della divisione della Corea nel 1948, esistevano 54 parrocchie nel Nord: 23 nella diocesi di Pyongyang, 20 nella provincia di Hwanghae, ecclesiasticamente appartenente all’arcidiocesi di Seoul, e 11 nella diocesi di Hamhung.

La diocesi di Hamhung, il cui amministratore apostolico è il benedettino Placid Ri Tong-ho, abate dell’abbazia di Waegwan in Sud Corea e di quella di Tokwon in Nord Corea, ha tre seminaristi nel Sud. L’abate Ri, presidente dei Comitato per l’evangelizzazione della Corea del Nord della Conferenza episcopale coreana, intende mandarli al Nord non appena sarà possibile, dopo l’ordinazione.

L’arcidiocesi di Seoul aveva creato il Comitato pastorale per la riunificazione alla fine dei 1997, per preparare i cattolici pastoralmente, economicamente e spiritualmente alla riunificazione. Tra i compiti del Comitato vi era anche quello di aiutare i futuri missionari in Corea del Nord. Il Comitato per la riconciliazione nazionale era stato fondato ancora prima, con lo scopo di creare un’atmosfera di perdono e riconciliazione con il Nord.

Nel frattempo, anche la Chiesa protestante del Sud si sta preparando a ridar vita alle sue 2.000 parrocchie del Nord.

 

a cura della redazione