"Vivere dentro e offrire al prossimo solo la linfa che sgorga dal Cielo dentro di noi, per trascinare il mondo, che vive fuori, negli abissi dello spirito"

L’amore eleva

di Chiara Lubich

Continuando a trattare della spiritualità comunitaria o collettiva, Chiara Lubich quest’anno parla della preghiera così come viene vissuta concretamente da coloro che si ispirano al carisma dell’unità. Ci sembra che la sua proposta venga incontro, in maniera particolare, a tutti coloro che si sforzano di incarnare il vangelo nella vita normale di ogni giorno.

Affrontiamo quest’anno il terzo aspetto della vita secondo la spiritualità dell’unità, quello che riguarda la preghiera.

L’amore in noi, infatti, che ci fa essere Gesù - come abbiamo visto l’anno scorso -, non crea solo "comunione", non "irradia" soltanto, ma "eleva": è principio e fonte della nostra vita interiore, della nostra unione con Dio, della nostra vera preghiera. Ci concentreremo perciò quest’anno su di essa, sulla meditazione e sull’unione con Dio.

La preghiera

Per quanto riguarda la preghiera, consulteremo, anche questa volta, nostri scritti dei vari tempi o conversazioni conservate, per vedere come lo Spirito Santo, attraverso il carisma dell’unità, ci ha insegnato a pregare.

Non ci inoltreremo nella preghiera comunitaria che offre la liturgia, né in preghiere di persone con vocazioni particolari, come sacerdoti o religiosi, ma sulla preghiera richiesta a tutti in generale.

Come si sa, la preghiera, che è rapporto con Dio, è costitutiva dell’uomo, proprio del suo essere uomo. Creato, infatti, da Dio a sua immagine e somiglianza, egli ha la possibilità di un rapporto con Lui da tu a Tu.

Che sia congeniale all’uomo pregare, lo si può capire, ad esempio, venendo a conoscere i nostri fratelli di altre religioni. Fra essi, si scoprono testi di preghiera di una meravigliosa bellezza, che testimoniano un’azione segreta, ma efficace, di Dio che spinge l’uomo a pregare.

L’uomo è veramente tale se prega

E così è anche per noi cristiani. Fratelli di Gesù per la grazia, troviamo in Lui il modello per poter rapportarci con il Padre. Gesù, infatti, non predicava soltanto, non faceva unicamente miracoli, non chiamava solo discepoli a seguirlo; s’immergeva anche nella preghiera. Anzi, come Gesù era sempre in comunione col Padre suo, sempre di fronte a Lui, così dovrebbe essere dei suoi seguaci.

Come è noto, i cristiani pregano in maniere varie. Si possono, quindi, evidenziare i tratti tipici e salienti della preghiera anche di chi è investito del carisma dell’unità.

Essi emergono chiaramente se si confronta la nostra preghiera con quella che praticavano i cristiani, almeno nei nostri paesi, anche i meglio preparati, quando il Movimento ebbe inizio.

Ricordo che si diceva come in essa "devono lavorare la mente, la volontà, il cuore. Con la mente occorreva riflettere sulle parole pronunciate; con la volontà bisognava sforzarsi di fare propositi su di esse; con il cuore amare quanto si prometteva, in modo da poterlo eseguire."1

Ed erano senz’altro ottimi consigli.

Tuttavia, nel Movimento, la preghiera è stata subito un’altra cosa. Si è sottolineato, ad esempio, fin dai primi mesi, il dovere di "pregare sempre" richiesto da Gesù. Ma come si poteva pregare sempre? Era chiaro che ciò non poteva verificarsi moltiplicando gli atti di preghiera...

Si poteva pregare sempre, essendo Gesù. Gesù, infatti, prega sempre. Se in qualsiasi nostra azione non fossimo stati noi a vivere, ma Cristo in noi, la giornata sarebbe stata una preghiera continua. E ciò era possibile se avessimo impostato la vita sull’amore, se fossimo stati una viva espressione della parola "amore", sintesi di tutta la Legge e i Profeti.

Pregare sempre

Un altro modo di "pregare sempre" – che si praticò più tardi – è stato quello di offrire azione per azione a Dio, durante la giornata, con brevi espressioni d’amore, come: "Per te, Gesù".

Tutto il nostro agire si poteva trasformare così in un’azione sacra. E si era e siamo convinti che offrendo in tal modo, ad esempio, il lavoro a Dio e facendolo bene, si coopera con Lui alla creazione del mondo, si è concreatori.

È questa una preghiera molto sentita ai giorni nostri, in cui si vede il mondo e tutto il cosmo in evoluzione e si ricorda all’uomo il suo dovere di "soggiogare la terra."2

E ancora, lavorando per un’Opera di Dio, e quindi per la Chiesa, si partecipa con Cristo alla redenzione del mondo.

La grande attività, che ha caratterizzato da sempre il Movimento, avrebbe potuto compromettere la preghiera, renderla imperfetta e non degna d’essere offerta a Dio. Ecco perché nel Movimento si è sempre pensato che occorre dare un posto privilegiato alla preghiera.

"Che importa – si trova scritto già dai primi tempi – darsi tanto da fare per conquistare molte persone alla causa di Dio, quando la nostra anima rimane piccola e imperfetta perché non trova un’ora veramente tranquilla per quel suo tipico nutrimento che è la preghiera?

O quando quelle preghiere, che sono per noi un sacrosanto dovere, sono fatte in mezzo a tante distrazioni, sono dette superficialmente ed in fretta, o vengono abbreviate?"3

Ostacoli alla preghiera

E, a proposito, ancora, dei difetti che poteva avere la nostra preghiera, troviamo:

"Poter stare in comunione con l’Onnipotente e farlo così poco, così di fretta e spesso svogliatamente.

Alla fine della vita ci pentiremo d’aver dato tanto poco tempo alla preghiera."4

Un altro ostacolo alla preghiera potrebbe essere uno stato di aridità spirituale. Ma in chi è impegnato a vivere la spiritualità dell’unità si nota una certa facilità nel superare l’aridità nella preghiera. Essa, infatti, non è che un aspetto di Gesù abbandonato, un suo volto, e, come si sa passare dalla croce alla risurrezione in altri casi, così qui.

Noi vediamo assai provvidenziale il fatto che si possa, in genere, vincere l’aridità: in mezzo al mondo, come la maggior parte di noi siamo, è bene che certe prove spirituali non si protraggano. Abbiamo altre tentazioni da superare.

Si ritiene importante per la preghiera anche la condizione fisica. Infatti, cerchiamo di non stancarci troppo prima del suo momento, per non arrivare davanti a Dio privi di forze, di capacità di concentrazione, per non dare a Lui i momenti meno felici della nostra giornata.

Preparazione alla preghiera

Si è convinti ancora che la preghiera va preparata. Dicono gli esperti che essa ha bisogno di una preparazione remota e di una prossima.

È preparazione remota il mantenersi col cuore distaccato da tutto. E a questo, mi sembra, siamo tutti più o meno impegnati. La nostra vita, infatti, è un continuo amare Gesù crocifisso e abbandonato, che ci insegna a perdere tutto.

Tanto spesso parliamo di tagli, di "potature" e soprattutto di quel distacco che porta con sé l’essere proiettati nell’amore verso i fratelli, il vivere gli altri e non noi stessi. Sì, questa preparazione speriamo ci sia. Almeno, è la nostra quotidiana tensione.

La preparazione prossima invece consiste in un momento di raccoglimento prima di iniziare.

Si è avvertito poi, e si avverte, tutta l’imprescindibilità della preghiera, il suo valore.

"In Cielo – si scriveva nell’89 –, dove speriamo di andare, la vita non sarà tanto apostolato o altro, quanto lode, adorazione, ringraziamento a Dio, Trinità Santissima. Dobbiamo imparare fin da adesso a vivere come si vivrà lassù."5

Così pregava Gesù

Ma c’è nel Movimento una preghiera che - con le infinite e divine ricchezze che contiene - è tutta racchiusa in una parola, in una sola parola, che Gesù pronunciava e ci ha insegnato, che lo Spirito mette sulle nostre labbra.

Gesù pregava, pregava il Padre suo. Per Lui il Padre era "Abbà" e cioè il babbo, il papà, cui si rivolgeva con accenti di infinita confidenza e di sterminato amore. Lo pregava essendo nel seno della Trinità, dove Egli è la seconda divina Persona.

Ma, giacché era venuto in terra per amore nostro, non gli è bastato essere Lui in questa situazione privilegiata di preghiera. Morendo per noi, redimendoci, ci ha fatti figli di Dio, come Lui, fratelli suoi, e ha dato anche a noi, tramite lo Spirito, la possibilità d’essere introdotti nel seno della Trinità, in Lui, assieme a Lui, per mezzo di Lui. Cosicché anche a noi è stata resa possibile quella sua divina invocazione: "Abbà, Padre!"6 – "Papà, babbo mio!, nostro" – con tutto ciò che essa comporta: totale abbandono al suo amore, certezza della sua protezione, sicurezza, consolazioni divine, forza, ardore che nasce in cuore a chi è certo di essere amato...

È questa la tipica preghiera cristiana, una preghiera straordinaria. Non si riscontra in altri luoghi, né in altre religioni. Al più, se si crede in una divinità, la si venera, la si adora, la si supplica stando, per così dire, all’esterno di essa. Qui no, qui si entra nel Cuore di Dio.

Naturalmente, si può dire "Abbà, Padre!", con tutto il significato che questa parola comporta, solo se lo Spirito la pronuncia in noi.

E, perché ciò sia, occorre anche qui - come richiede il carisma dell’unità - essere Gesù, null’altro che Gesù.

La meditazione

E poi la meditazione.

Fra le pratiche di pietà che il membro del Movimento s’è impegnato ad assolvere vi è pure la meditazione.

È logico che, se siamo chiamati ad una spiritualità personale e collettiva insieme, occorre edificare con il "castello esteriore" (e cioè l’Opera, la Chiesa) il "castello interiore" e cioè l’unione della nostra anima con Dio dentro di noi. E ciò si raggiunge soprattutto con la meditazione.

Anche per essa occorre prepararsi. Se non facciamo la piccola fatica di raccoglierci e non chiudiamo "le imposte", il che vuole dire far tacere i sensi – chiudere gli occhi, ad esempio – per cercare Lui, Dio non può farsi trovare (i mistici dicono che Dio è nel centro dell’anima) e non può intrattenersi con noi, inondandoci della sua presenza, e donandoci le cose belle che Egli porta.

Troviamo questo scritto del ’72:

"La Trinità dentro di me!
L’abisso dentro di me!
L’immenso dentro di me!

La voragine d’amore dentro di me!
Il Padre che Gesù ci ha annunciato
dentro di me!

Il Verbo!

Lo Spirito Santo, che voglio sempre avere per servire l’Opera,
dentro di me!

Non domando di meglio.
Voglio vivere in questo abisso,
perdermi in questo sole,
convivere con la Vita Eterna.

E allora? Potare la vita fuori
e vivere quella dentro.

Di quanto taglio di comunicazioni
con l’esterno
(parole spesso non necessarie, ecc.)
di tanto parlo con la Trinità
dentro di me."
7

Ma su cosa fare meditazione?

È sempre stata nostra convinzione che dobbiamo farla prevalentemente sulla Sacra Scrittura e sulla nostra spiritualità. A chi fa parte di un Movimento ecclesiale si consiglia proprio così. È utilissimo, svegliandosi la mattina, meditare, ad esempio, sull’Epistola e sul Vangelo del giorno. Dopo, la Liturgia è più partecipata, più gradita, molto più bella.

Se si desiderano leggere testi spirituali, biografie e scritti di santi o altro, si può fare, ed è cosa ottima, ma come lettura spirituale.

Come si fa meditazione?

Per fare meditazione si comincia col leggere un libro con calma, dopo essersi messi davanti a Dio. Se, ad un certo momento, si ha l’impressione che Egli prenda l’anima e la elevi, allora bisogna chiudere il libro, stare con Lui, ascoltarlo, rispondergli, amarlo, adorarlo, chiedergli grazie.

Può darsi che, dopo un po’, si pensi che il colloquio possa considerarsi chiuso. Allora si riapre il libro e si legge ancora. Praticamente la meditazione deve diventare un vero colloquio con Dio. Ci si sente ascoltati, Gli si parla, e tutta l’anima è presa da Lui. È come aprire una bottiglia di profumo che sparge la sua fragranza su tutta la giornata.

È poi esperienza nel Movimento che non è bene fare delle meditazioni, per così dire, "interessate", dove si prendono appunti che possono poi servire ad altri. Lo si può fare dopo. È meglio nella meditazione trovarsi da soli con Dio. Non si può nemmeno dilungarsi nel leggere, lasciandosi prendere da golosità spirituale. Non sarebbe vero amore.

Effetti

Se la meditazione è fatta bene, il suo effetto è questo: fa perdere l’attrattiva delle cose di questo mondo, anche belle, per concentrare l’anima in Dio, nell’intimo colloquio con Lui, per poi ritornare fra le persone e le cose di questo mondo con tutte le intenzioni soprannaturalizzate.

Unione con Dio

Anzitutto abbiamo sempre avuto la convinzione che il carisma dell’unità deve portare le persone a una grande unione con Dio, appunto perché "carisma dell’unità".

Ecco come uno scritto parla della nostra unione con Dio:

"Unità è la parola riassuntiva di tutta la nostra spiritualità. Unità con Dio, unità coi fratelli. E specificatamente come nostra tipica via: unità coi fratelli per raggiungere l’unità con Dio.

Lo Spirito, infatti, ci ha svelato una via tutta nostra, pienamente evangelica, per unirci con Dio. Noi, in genere, non lo cerchiamo, anzitutto, nel profondo del nostro cuore o nella natura. Noi lo cerchiamo e lo troviamo passando per il fratello, amando il fratello. Amare il fratello mettendo in pratica i punti salienti dell’arte di amare, che vengono approfonditi in questo convegno.

Solo in questo modo - amando i fratelli - abbiamo garantita anche l’unità con Lui, lo scopriamo vivo e palpitante nel nostro cuore. Ed è questa unità con Dio che ci spinge, a sua volta, verso i fratelli, che ci aiuta a far sì che il nostro amore per loro non sia fittizio, non insufficiente, non superficiale, ma radicale, pieno, completo, sostanziato di sacrificio, pronto sempre a dare la vita, capace di realizzare l’unità."8

È questa un’esperienza da sempre e di tutti, da quando è nato il Movimento. Amavamo i fratelli tutto il giorno ed alla sera ci trovavamo in cuore l’unione con Dio. Unione benedetta e strabenedetta in modo speciale, anche qui, da quei membri del Movimento che vivono in mezzo al mondo. Questo "sperimentare" Dio, il suo Regno in noi, infatti, è il più importante antidoto al materialismo che domina dovunque e prende molti.

E quest’altro scritto-preghiera di molti anni fa, sottolinea ancora la verità che, amando i fratelli, si trova Dio.

"Quando l’unità con i fratelli è completa, quando è fiorita nuova e con cresciuta pienezza dalle difficoltà – e, come la notte s’è dileguata in giorno, le lacrime in luce – allora, molto spesso, ti trovo, o Signore. Rientrando nel tempio dell’anima mia, t’incontro, o - non appena le circostanze mi lasciano sola - m’inviti, m’attiri, dolcemente ma decisamente, alla tua divina presenza.

Allora solo tu regni dentro e fuori di me (...). E l’anima è sommersa come in un delizioso nettare ed il cuore sembra divenuto il calice che lo contiene. L’anima è tutta un canto silenzioso noto a Te solo: una melodia che ti raggiunge perché da Te parte e di Te è composta. (...)

E... strana cosa - strana all’intelligenza umana - siamo andati ai fratelli tutto il giorno e, a sera, abbiamo trovato il Signore, che ogni orma, ogni ricordo di creatura ha dileguato."9

E questa strada ci sembra particolarmente gradita al Signore. Possiamo, infatti, osservare che per chi cammina verso Dio per una via piuttosto individuale, il colloquio amoroso e spontaneo con Lui è una conquista, a volte sofferta, che può richiedere tempo; e conquista non sempre raggiunta.

Per chi, invece, cammina per una via più collettiva, come la nostra, si può affermare che questo colloquio si conosce, almeno in certi momenti, fin dall’inizio. E lo possono sperimentare anche i bambini.

È nostra esperienza poi, che questa unione con Dio può arrivare, col tempo, a sottostare ad ogni azione, ad esserne il sottofondo.

E cosa succede dopo aver sperimentato l’unione con Dio?

"L’unione con Dio – si afferma in altra occasione – si sviluppa poi con molteplici grazie che Egli dona alla nostra anima, magari in seguito anche a più o meno consistenti prove. L’Apostolo Paolo, enumerando le sue glorie, parla addirittura di rivelazioni. Per noi possono essere mozioni, impulsi divini alla nostra volontà per sempre rinnovate conversioni, che possono avvenire in occasione dei nostri convegni, per la forte presenza di Gesù in mezzo a noi. Oppure particolari consolazioni o illuminazioni o altro."10

Ora, certamente tutti noi ci siamo sforzati di amare il prossimo; tutti noi abbiamo superato delle prove e tutti noi abbiamo ricevuto delle grazie. La pianticella della nostra unione con Dio dovrebbe aver fatto la sua apparizione ed essersi sviluppata nella nostra anima e potrebbe raccontarci la sua storia... Potremmo anche elencarne i frutti.

È tutto questo un patrimonio spirituale importantissimo e delicatissimo, che non percepiamo se non con i sensi dell’anima; che, per chi vive in mezzo al mondo, è qualcosa di fuori dell’ordinario, che ha del miracoloso: è Regno di Dio dentro di noi.

Ciò che dobbiamo fare è non disperderlo, ma raccoglierlo, ricordandoci che fa parte di quella vita che vivremo nell’Aldilà...

E si custodisce e s’accresce questo patrimonio spirituale agendo su quattro fronti: essendo sempre nella tensione d’amare i nostri fratelli; superando ogni piccola e grande prova con l’amore a Gesù abbandonato; ricordandoci con gratitudine delle grazie, che Dio ci ha elargito nella vita; e infine, dato che si tratta di vita interiore, di rapporto con Dio, mettendo fuoco sul fuoco e cioè curando in modo speciale le pratiche di pietà: le preghiere del mattino e della sera, la meditazione, la partecipazione all’Eucaristia, ecc.

Rimanendo certi che, come afferma chi è esperto: Dio chiama tutti a questa unione.

Per dare il giusto posto alla preghiera, poi, nel Movimento abbiamo di fronte a noi lei, Maria, la Madre di Gesù. Come si può infatti immaginare Maria, come ci viene descritta dalla Scrittura? Come viene dipinta, cantata, scolpita dagli artisti di tutti i tempi?

Non certo come una persona estroversa, agitata, precipitosa, sempre di corsa, attenta unicamente a ciò che avviene al di fuori. Ma come una creatura, soffusa di mistica bellezza, che rivela un immenso tesoro nascosto nel suo cuore: Dio.

Così dovrebbe essere di noi.

 

Chiara Lubich

 


1. Cf Lettera di Silvia Lubich alle aspiranti, Bozzana, 22-7-’39.
2. Cf Gn 1, 28.
3. C. Lubich, In cammino col Risorto, Città Nuova, Roma 1989, p.33.
4. Id., Scritti Spirituali/1, L’attrattiva del tempo moderno, cit., 1998, p. 269.
5. Id., In cammino col Risorto, cit., p. 83.
6. Cf Mc 14,36; Rm 8,15.
7. C. Lubich, Diario, 22-5-’72.
8. Id., Cercando le cose di lassù, Città Nuova, Roma 1992, p. 156.
9. Id., Scritti Spirituali/1, L’attrattiva del tempo moderno, cit., p. 108-109.
10. Id., Cercando le cose di lassù, cit., p. 47.