La chiesa nel mondo

Convegno teologico internazionale

Dal 15 al 17 aprile scorso si è tenuto nel Centro Mariapoli di Castelgandolfo presso Roma un convegno teologico con la partecipazione di circa 2.000 persone provenienti dai cinque continenti: sacerdoti e religiosi, laici e religiose. Tutte persone interessate all’argomento perché teologi di professione o insegnanti o studenti di questa materia, o impegnati nella pastorale e quindi desiderosi di aggiornamento. Il convegno era stato organizzato dalla Scuola Abbà, un gruppo interdisciplinare di studio sorto in seno al Movimento dei focolari per enucleare la teologia che sgorga dal carisma dell’unità. Per la caratteristica metodologia di questa scuola, le giornate a Castelgandolfo hanno avuto un impatto tutto particolare. Ce ne dà un assaggio Hélio Fronczak, sacerdote brasiliano, che ci ha rilasciato – con la freschezza e la spontaneità di chi vi ha partecipato personalmente – una sintesi personale del Congresso. Seguono poi impressioni e rilievi di altri partecipanti.

Ho udito...

– Temi di teologia e mistica, donati con tanta profondità e semplicità allo stesso tempo che, quando terminavano, veniva spontaneo esclamare: «Che bello! Bellissimo!».

– Una conversazione sulla “spiritualità collettiva” proposta ai nostri giorni attraverso il carisma dell’unità, che ha fatto nascere nel cuore un deciso proposito di impegnare tutta la mia vita per la concretizzazione del testamento di Gesù: «Che tutti siano uno».

– La chiamata alla santità come un dono che il Padre ci fa in Gesù e che noi dobbiamo accogliere più che cercare affannosamente con le proprie forze: si tratta di entrare nella vita santa che il battesimo ci conferisce, dando spazio alla crescita di Gesù in noi e tra di noi.

– Una conversazione sul paradiso esposta dal relatore con tale efficacia da provocare in me un unico desiderio: fare tutta la mia parte per vivere fin da adesso la realtà della comunione trinitaria – essenza del paradiso – affinché, quando arriverà “l’ora della nostra morte”, essa sia soltanto un vivere ancor più profondamente il paradiso!

– Una conversazione sull’inferno esposta con molta chiarezza. Metteva in luce come esso consista nel più terribile tormento: la totale assenza di comunione, tanto che, alla fine, mi veniva da pregare così: «Grazie, Gesù, per averci dato tutti gli strumenti per vivere sin d’ora in comunione e per averci mostrato il cammino per entrare nel seno del Padre».

Ho visto...

– Circa duemila persone, riunite in una grande sala, che facevano un silenzio tale che, quando un relatore parlava, potevo quasi sentire il battito del mio cuore.

– Gruppi di persone di paesi diversi che si comunicavano le loro impressioni con tanta immediatezza e fraternità da sembrare un’immagine dell’«erano un cuor solo ed un’anima sola».

– Un domenicano italiano e un francescano nordamericano che conversavano con tanta affabilità come fossero dei frati della stessa Congregazione che si ritrovassero dopo lungo tempo.

– Tante persone, con un volto così luminoso, da sembrare che stessero sperimentando la più profonda felicità possibile su questa terra.

Ho sperimentato...

– Pace, gioia, serenità, esultanza interiore, felicità piena! Ma, in verità, era tutto molto più profondo di quanto questi concetti riescano ad esprimere.

– Che il carisma dell’unità risponde in maniera straordinaria alle più profonde esigenze del mondo d’oggi di incontrarsi veramente con Dio.

– Che il paradiso è un’esperienza che possiamo fare fin da adesso se ci amiamo gli uni gli altri come Gesù ci ha amato, pronti a dar la vita gli uni per gli altri.

Ho concluso...

– Che ci troviamo in un particolare kairòs, nel quale Dio, attraverso il carisma dell’unità, schiude più ampiamente quanto la Sacra Scrittura già contiene, facendola più comprensibile alla mentalità odierna.

– Che sta nascendo dalla spiritualità dell’unità una dottrina che riannoda i diversi campi della teologia, come speculazione e vita spirituale, esegesi e impegno di vivere la Parola.

– Che la Scuola Abbà, che studia le scienze alla luce del carisma dell’unità, ha un originalissimo metodo di ricerca, per cui il teologo, il filosofo e gli specialisti dei diversi campi delle scienze si rapportano tra loro in una comunione trinitaria che dà la possibilità di conoscere più profondamente la creazione, offrendo nuove luci per la nostra epoca e per il futuro.

– Per cui si intravvede una nuova ed originale ontologia, una nuova ed originale sociologia, un nuovo ecumenismo...

 

Io ho visto, ho udito ed ho sperimentato tutto questo nel primo Congresso teologico promosso dalla Scuola Abbà.

Di fronte a una tale esperienza  ringrazio Dio per questo cammino evangelico, che vorrei percorrere con i piedi piantati sulla terra e col cuore e la mente sempre più immersi nel Paradiso.

Reazioni di altri partecipanti

Il dr. Albert Rauch e il dr. Nikolaus Wyrwoll dell’Östkirchliches Institut di Regensburg (Germania) hanno rilevato le conseguenze ecumeniche della dottrina esposta nel congresso.

Secondo loro la presentazione della dottrina fatta dalla Scuola Abbà facilita la via per capirsi con le Chiese ortodosse circa la questione del Filioque; e aiuta a superare la preoccupazione di triteismo espressa nei nostri riguardi da parte di ebrei e musulmani.

Anche riguardo alle religioni extra-bibliche si aprono nuove vie. Se il seme dell’albero contiene già perfettamente l’albero, e se una frase della Sacra Scrittura contiene tutta la Scrittura, i “semi del Verbo” in queste grandi religioni potremmo dire che contengono in nuce già tutto il Verbo, anche se ancora non pienamente rivelato. D’altra parte anche noi non vediamo senza veli! Pure in noi e tra noi cristiani bisogna rivelare, manifestare la gloria che già esiste, ma è nascosta.

Tom Norris, professore di teologia dogmatica  al Saint Patrick’s College di Maynooth in Irlanda, ha intravisto la possibilità di riunificare il sapere teologico.

«Nella storia della salvezza lo Spirito Santo, tra l’altro, svolge il ruolo di attualizzare la rivelazione in mezzo a noi, rinnovando continuamente la faccia della terra e infiammandola.

Il carisma dell’unità fa vedere come questo rinnovamento si ripercuote anche ai nostri giorni nella teologia. Se nel passato essa è stata ferita dalla frantumazione in trattati separati, ecco ora una teologia che scaturisce dall’Uno trinitario di Dio-Amore.

Da qui emana poi una sorgente rinnovatrice dei vari campi del sapere teologico. È bella questa teologia della Santissima Trinità, della cristologia con Gesù abbandonato e Gesù in mezzo, della chiesa, corpo di Cristo, che “trinitizza” l’umanità e tutto il creato, di Maria, icona della Trinità e theotókos.

I due temi sul paradiso e sull’inferno, poi,  sono stati due capitoli straordinari di escatologia».

Una nota assai ricorrente in quei giorni era lo stupore davanti ad un aggiornamento teologico ricco di sapienza.

Un sacerdote impegnato nella pastorale, don Eraldo Ferrero di Cuneo, incantato dalla luce di questa teologia che parte dalla vita e porta alla vita, come al tempo dei Padri, si è espresso in forma poetica.

«Ho visto la grande fontana del villaggio
Acqua viva dell’unica Sorgente. 
Una sola fontana, con tanti zampilli,      
dove ognuno può dissetarsi,       
e lavarsi dalla testa ai piedi,       
persino giocarci dentro e nuotare...        
perché la grande Fontana           
è la Vita del villaggio,   
è la festa del villaggio,  
è l’Unità del villaggio,  
perché tutti vivono dell’acqua della Fonte,          
anche le piante, i fiori, gli animali...      
E ciascuno trova in essa ciò che cerca.    
Ho bevuto alla Grande Fontana  
e mi son sentito un piccolo zampillo,      
proprio io».

Dopo la conversazione su Maria, don Luciano Galante di Verona, Italia, esprime gioia e stupore.

«Oggi ho contemplato Maria     
e nel volto di lei           
la Trinità         
il Paradiso        
la Chiesa con tutta l’umanità».

 

Marcelo González di Buenos Aires ha fatto un’ottima tesi di dottorato in teologia su “La Trinità economica e immanente nel dibattito teologico contemporaneo”. Attualmente nel suo Paese è professore di teologia dogmatica all’Università e in vari centri di studi superiori, oltre che assistente teologo in due commissioni episcopali (fede e cultura ed ecumenismo), e coordinatore dell’area dogmatica della Società Argentina di Teologia.

Così egli racconta la sua esperienza del congresso:

«Innanzitutto, di fronte a quanto ci è stato donato in questi giorni, ho intravisto qualcosa di quello che tante volte è stato oggetto del mio studio e del mio insegnamento. Entrare nell’Uno Trino, cominciare a vivere dentro il suo mondo intimo. Viaggiare nel Verbo in una realtà stupenda. Questo “entrare” è diventato immediatamente per me come una chiamata a entrare più a fondo nell’unità, in Gesù abbandonato, nella chiesa e nella vita degli esseri umani.

In secondo luogo, il dono di questa luce è stato per me un “salto mortale”, una specie di terremoto intellettuale che ha fatto crollare  concetti e sistemi. Non è che sono caduti perché erano falsi, ma perché li avvertivo insufficienti.

Per questo voglio dichiarare la mia gratitudine per poter continuare quest’avventura e per imparare a pensare nella Trinità e in Gesù abbandonato».

Per molti l’aggiornamento teologico è stato una forte spinta al rinnovamento della propria vita cristiana.

Così un sacerdote vietnamita, Francesco Van Phat: «Da lungo tempo mi trascinavo dietro un angoscia: come conciliare lo studio con la vita, perché vedevo quanto la teologia che avevo studiata ne fosse lontana. Per noi orientali lo studio ha senso solo se serve alla vita. L’uno e l’altra vanno insieme. In questo convegno ho trovato la risposta».

E un altro sacerdote: «Questa è una teologia che nutre l’anima: mentre si ascolta, si impara e cresce la presenza di Cristo tra noi. Poi tutto era chiaro, semplice, logico, al punto che le cose che venivano dette mi sembravano mie, come se le avessi sempre sapute ma che finalmente le potessi esprimere nei vari relatori.

Mi sembrava che ognuno di loro donasse per amore quello che aveva studiato e l’uno era arricchimento per l’altro. Ma anche ognuno di noi poteva dire:  “Ciò che è mio è tuo e ciò che è tuo è mio”, perché alla base c’era l’amore reciproco. Questo mi sembra che è un ‘di più’ della teologia, quando nasce dall’unità».

Potremmo continuare ancora, perché  numerosissime lettere ci sono giunte da ogni parte per dirci la gioia (e la sete) di una teologia comunionale, capace di rispondere alle domande più profonde del nostro tempo.

E. P.