Nella varietà dei riti è sempre l’unica Sposa di Cristo che veste abiti diversi, ognuno con la sua particolare bellezza

 

Costruire l’unità

di Ciulla Kola

 

 

Nella Piana degli Albanesi, in Sicilia, vive una comunità di rito greco cattolico, le cui origini risalgono al 1480, quando un grande gruppo di profughi albanesi lasciarono la loro terra, invasa dai Turchi, e cercarono rifugio nella vicina Italia. Con fatica, ma con grande tenacia essi hanno salvato la propria identità e conservato il proprio rito religioso fino ai nostri giorni. Oggi essi sono costituiti in eparchia (l’equivalente della nostra diocesi) ed hanno un proprio vescovo. Ma contrasti e pregiudizi secolari rendono ancora oggi difficile la convivenza con le comunità di rito latino. È in questo contesto che si comprende l’esperienza che sta vivendo Ciulla Kola, un sacerdote cattolico di rito bizantino.

Una storia di difficoltà

Fino al 1600 le nostre comunità dipendevano dai vescovi latini, perché non esisteva ancora l’eparchia col vescovo di rito bizantino. All’inizio i nostri rapporti con i cattolici di rito latino erano buoni, ma con il passar del tempo si sono deteriorati. Il concetto di unità nel rito latino esigeva l’uniformità in tutto, anche nella lingua, e i vescovi latini, da cui dipendevano le comunità cattoliche bizantine, cercavano lentamente di assorbirle nel rito latino. A questo scopo in ogni paese, dove c’era una comunità bizantina, fu istituita parallelamente una parrocchia di rito latino. La cosa non piacque alle comunità bizantine e da qui ebbe origine una certa rivalità tra i due riti.

In questa dolorosa situazione provavo un’amarezza acuta nel constatare che le comunità cristiane in lotta tra loro non si fondavano su Gesù, ma sulle povere tradizioni umane e pensavo che la vita del primi cristiani, come si legge negli Atti degli Apostoli, fosse ormai irrealizzabile.

L’unità è possibile

Quando ho conosciuto il Movimento dei focolari sono rimasto colpito e fortemente affascinato dal carisma dell’unità. Chiara Lubich mi ricordava e mi mostrava concretamente che anche oggi le comunità cristiane hanno la possibilità di vivere con Cristo, il Risorto, realmente presente dove due o più sono uniti nel suo nome.

La ricchezza di questo carisma mi si rivelava in tutta la sua profondità, perché non si fonda su un amore sentimentale e passeggero, ma su quella realtà pasquale che è Cristo crocifisso e abbandonato, preludio della risurrezione.

Di fronte a questa luce mi è rinata la speranza di veder rifiorire la chiesa nella ricchezza dei suoi diversi riti. Anche le due comunità in Sicilia, quella bizantina e quella latina, potevano diventare un dono l’una per l’altra e sperimentare tra loro la presenza del Risorto. Ma qualcuno avrebbe dovuto cominciare ed ho detto con gioia il mio sì a questo nuovo stile di vita. Parlando nel silenzio con Gesù, l’ho pregato che mi aiutasse a riconoscere e ad amare lui in tutte quelle persone e situazioni anche difficili che avrei incontrato, specialmente in quelle in cui è più arduo scoprire la sua presenza misteriosa ma reale.

Superare i pregiudizi secolari

Non passa molto tempo e mi incontro con un sacerdote di rito latino, lontano quattro chilometri da Piana degli Albanesi. Avevo l’impressione che nutrisse una certa antipatia nei miei confronti. Lo trovo presso la casa di riposo, di cui sono responsabile, in un orario in cui normalmente non sono presente. Era intento a riempire dei bidoni di acqua dalla sorgente di proprietà della casa di riposo.

Egli, alla mia vista, resta imbarazzato e silenzioso, aspettandosi forse qualche battuta velenosa da parte mia. Invece gli faccio una gran festa. Sorpreso mi chiede scusa perché stava prendendo l’acqua senza il mio permesso. Gli rispondo che l’acqua è un dono di Dio per tutti e che, se mi trovavo ad essere il responsabile della casa di riposo, era per servire gli altri e ad un servo il padrone non chiede permesso, anzi gli sottolineo che ero felice di quello che stava facendo e lo invito a prendere un caffè. Mi ringrazia, mi abbraccia e mi dice che mai avrebbe pensato ad una simile reazione da parte mia. Da quel momento è nata una profonda e sincera amicizia tra noi ed egli ben volentieri mi chiama per essere sostituito o aiutato nella sua parrocchia.

Un ricordo mi rimarrà sempre impresso nella mente, ma soprattutto nel cuore. Nella festa del “Corpus Domini” di qualche anno fa, non sentendosi tanto bene, mi pregò di fare la processione nella sua parrocchia. Io indossai i paramenti del rito latino – cosa che non avrei mai fatto prima – e feci la processione portando Gesù Eucaristia per le vie della città. Questa processione è stata e rimane la più bella della mia vita perché, andando al di là della diversità dei riti, ho percepito la presenza reale di Gesù nell’eucaristia.

I disegni misteriosi di Dio su questo amico sacerdote si sono manifestati poi con una malattia grave ed ho avuto la possibilità di poterlo accompagnare personalmente in clinica per gli accertamenti. Ho conosciuto così per primo la gravità del suo male che gli dava solo pochi giorni di vita. È stato un periodo nel quale la nostra comunione si è fatta più profonda. Egli, non avendo nessuno, è venuto spesso da me nella casa di riposo e, quando gli era possibile, partecipava con me all’eucaristia celebrata in rito greco. Così per due mesi, fino a quando il Signore è venuto a prenderlo. Due mesi di grazie straordinarie, perché è cresciuto fra noi un rapporto profondo di fraternità.

Farsi tutto a tutti,
anche nella liturgia

Altro momento forte l’ho vissuto quando una domenica sono stato invitato a celebrare una santa messa in una parrocchia nella diocesi di Napoli.

Si sono presentati da me due laici con sul viso il disappunto per non aver trovato un sacerdote che potesse celebrare la messa domenicale nella loro comunità, essendo il parroco ammalato.

Inizialmente ho spiegato che per me era impossibile, perché sono di rito bizantino e non avevo con me l’attrezzatura e i libri del mio rito, né avevo il permesso di celebrare in rito latino. Loro hanno insistito dicendomi che in ogni caso ero un sacerdote cattolico e dovevo pur saper celebrare validamente una messa in qualsiasi rito. A questo punto non mi son sentito più di rifiutare. Ho telefonato al mio vescovo, spiegando la cosa e chiedendo il permesso e mi veniva concesso. Un chierico di rito latino mi ha aiutato durante la celebrazione. Forse le cerimonie non si sono svolte in maniera perfetta, ma si sentiva la presenza di Dio nel raccoglimento profondo di quella comunità.

Le due comunità
stanno dando i primi passi

Infine l’ultima esperienza col parroco di rito latino, la cui chiesa è a 50 metri dalla mia. La parrocchia latina è personale, cioè non ha un territorio proprio ma estende la giurisdizione sui fedeli di rito latino che si trovano dentro i confini della nostra parrocchia. Non di rado allora capita che i cristiani frequentino la chiesa più vicina anche se non del proprio rito, suscitando lamentele.

Trovandomi in questa situazione, non mi è stato facile instaurare rapporti amichevoli tra le due comunità. Ho cercato allora di accogliere con serenità questa situazione di disagio, disponendomi a mettere in pratica le parole di Gesù: «A chi ti vuol togliere la tunica, tu lascia anche il mantello» (Mt 5, 40).

Anche se finora non abbiamo raggiunto un rapporto profondo tra le due comunità, qualcosa si sta muovendo, perché si sta attenuando sempre più la rivalità tra i due riti. Quest’anno, al termine della catechesi annuale dei bambini quando si fa la celebrazione liturgica in cui essi, accompagnati dai genitori, ricevono per la prima volta il sacramento della penitenza, ho invitato il parroco latino a darmi una mano. Ho notato che la gente di ambedue i riti ha apprezzato questo piccolo ma significativo gesto d’unità.

Avendo data la mia totale disponibilità a consumare la vita per l’unità, vado avanti con gioia, anche se sono cosciente che non mancherà mai la croce. Questa però ha ormai per me un volto, quello di Gesù nel suo abbandono, al quale cerco di andare incontro “sempre, subito e con gioia”. Ed ho tante volte sperimentato che l’amore può abbattere qualsiasi barriera.

Ciulla Kola