Dialogo con i lettori

 

 

La conquista
della libertà

La domanda non è stata rivolta ad un religioso che fa i tre voti, ma ad un giovane sacerdote diocesano della Francia che, attraverso la spiritualità dell’unità, ha riscoperto insieme a tanti altri preti e laici il valore universale dei consigli evangelici. Gesù, infatti, non li ha proposti ad una sola categoria di persone, ma a tutti i suoi discepoli, anche se ciascuno poi deve attuarli secondo la propria vocazione. Ecco la risposta del giovane prete.

Il battesimo. In questi giorni sto meditando sul battesimo di Gesù. Un episodio in cui entra in azione la Trinità stessa: il Figlio esce dall’acqua e vede lo Spirito, lo Spirito scende dal cielo e si posa sul Figlio, il Padre dona la sua voce e parla a noi del Figlio.

Nella mia vita di battezzato e di prete – fatte le dovute proporzioni – mi sembra che a volte sono più vicino all’atteggiamento del Figlio, in altre circostanze invece mi sento maggiormente abitato dal dinamismo proprio dello Spirito Santo, e in altre occasioni ancora, più simile al modo di essere del Padre.

Il Figlio: mi sento come lui quando cerco di risalire contro corrente quel fiume d’acqua nel quale corro il rischio di affogare, o quando tento di discernere nella mia vita la presenza di Dio.

Lo Spirito: sono simile a lui quando mi impegno nel creare legami d’amore tra il cielo e la terra, tra Dio e le persone, o tra gli stessi esseri umani per costruire un mondo unito.

Il Padre: mi avvicino a lui quando devo prendere la parola con una certa autorità per ridire l’Amore di Dio, ma ancor di più quando mi sforzo di amare per primo.

Ma nella mia vita ci sono anche momenti di deserto, nei quali non sono più capace di ritrovare in me queste rassomiglianze divine. Sono momenti difficili da sopportare, soprattutto quando mi rendo conto di essermi rinchiuso volontariamente in me stesso. Mi sento vuoto e come annientato dalla mia insignificanza, dalle mie incoerenze. Ho perso la libertà, perché mi sono attaccato a qualcosa o a qualcuno, magari anche solo a me stesso.

Spesso questi momenti di deserto, di lotta interiore si rivelano come un invito dello Spirito a progredire, a seguire Cristo sulla croce. Allora essi appaiono interessanti e carichi di una ricchezza infinita, perché sorgenti di novità nella scoperta che posso fare di Dio, degli altri e di me stesso.

A volte ci sono degl’intervalli tra il momento in cui riconosco nei miei fallimenti la realtà di Gesù abbandonato in croce e il momento in cui gli dico: «Io ti amo!». Che sia breve o lungo, questo tempo è sempre pieno di sofferenza, perché si tratta di un’impressione di malessere : è come sentirsi cadere nel vuoto. Non può essere questo il salto nella fede?

Dopo il battesimo Gesù è stato spinto dallo Spirito nel deserto, dove ha dovuto immediatamente far fronte a tre tipi di tentazioni. Esse corrispondono molto bene, mi sembra, a ciò che passa nel mio cuore e nella mia vita di fronte all’impegno di vivere la povertà, la castità e l’obbedienza.

Il possedere. Fin da seminarista ho l’abitudine di presentare ogni mese, a chi mi rappresenta il perno della comunità di cui faccio parte, un quadro delle mie spese personali. Non vedo in ciò un cammino ascetico individuale, ma piuttosto uno stile comunitario di vivere l’economia. Quel che ricevo e quel che possiedo non mi appartiene egoisticamente, ma costituisce il bene della mia comunità.

Più di una volta sono stato tentato di riprendermi le cose e di essere meno concreto e preciso. È una tentazione sempre ricorrente. Allora mi domando: «Devo continuare per questa strada?». Per le grandi spese (la macchina, il computer, i lunghi viaggi) come per le grosse entrate ho potuto sempre vedere le cose insieme agli altri. Ma l’avere non si limita a queste grandi somme: il quotidiano è fatto di mille dettagli insignificanti che poco a poco costituiscono la trama essenziale della mia esistenza giornaliera. Tutto questo interferisce – e come! – nel costruire o nel distruggere la vita di comunione.

Mi sono attardato volontariamente su un certo modo di possedere, ben sapendo che ne esistono altri: di tutti desidero spogliarmi per diventare una persona veramente libera.

Il sapere. Questa dimensione è importante, perché tocca in me due campi molto sensibili, nei quali devo esercitare la castità: quello degli studi e quello dell’affettività.

Conoscere l’altro è già avere su di lui una certa presa, è vivere con lui una certa avventura. È necessario allora tutto un gioco per cercare di padroneggiare un istintivo desiderio di possesso sul piano sia intellettuale che spirituale e anche carnale.

Sono cosciente che questa dimensione personale, riguardante la conoscenza, possiede un’implicazione di tipo comunitario e riconosco che ho ancora un po’ di difficoltà nell’abbordare con semplicità questo aspetto nei nostri incontri fraterni. È ancora per me un punto delicato, che mi fa soffrire. Di fatto la mia comprensione del mistero pasquale e del segreto dell’unità è passata attraverso questo crogiolo, specialmente durante un indimenticabile colloquio con un altro sacerdote, quando la luce è finalmente entrata a fiotti anche nelle regioni più recondite del mio essere, rendendomi libero e felice.

Anche in questo campo, più amo l’altro come Dio lo ama, e più mi sento libero.

Il potere. Non credo di essere caparbio, ma forse alle volte sono un po’ cocciuto. L’obbedienza ai superiori, al vescovo, al prossimo, spesso per me è sorgente di gioia e di stupore.

Tuttavia, per certi aspetti, devo ancora acquistare una maturità più profonda che mi permetta di uscire da una certa concezione idealizzata dell’autorità. Infatti trovo difficoltà nell’accettare gli sbagli, i tentennamenti, le pesantezze di ogni tipo di autorità.

Ciò che mi esaspera non sono tanto gli sbagli commessi dagli altri, quanto l’immagine di me stesso che mi torna come di riflesso. Perché le deformazioni che noto nell’autorità mettono a nudo le mie mancanze e i miei difetti.

Devo crescere in questa dimensione, affinché l’autorità che viene esercitata su di me e il potere di cui anch’io dispongo siano veramente a servizio della comunione e fonte di libertà.

Naturalmente, l’impegno a vivere i valori evangelici della povertà, castità e obbedienza non costituisce per me la conclusione di un percorso, ma un invito a rimettermi quotidianamente sulla giusta via, quella della comunione.

Emmanuel Pic