La chiesa nel mondo

 

Il patriarca Alessio II
a Vilnius

Una cerimonia di preghiera nel monastero ortodosso del Santo Spirito, ha suggellato nel luglio scorso, dopo l’avvenimento di Graz, un incontro ecumenico a Vilnius, capitale della Lituania. Vi hanno partecipato l’arcivescovo della città, mons. Audrys Backis ed il Patriarca ortodosso di Mosca e di tutta la Russia Alessio II, insieme a numerosi altri metropoliti giunti da altri Stati dell’ex Unione Sovietica, tra cui Estonia e Lettonia. Presente al rito anche il capo dello Stato ed il presidente del Parlamento lituani. Occasione dell’incontro le celebrazioni per il 650.mo anniversario della morte dei martiri lituani Antony, Joann e Eustaphius e del 400.mo anno della fondazione del monastero del Santo Spirito. È stata questa la prima visita di un capo della chiesa ortodossa in Lituania.

Fedeli ortodossi e cattolici si sono dunque uniti insieme ai loro pastori e dopo la messa nel Monastero si sono recati in processione al Santuario della Madonna chiamato Porta dell’Aurora, luogo di devozione sia per i cattolici che per gli ortodossi. Qui hanno preso la parola l’arcivescovo di Vilnius ed il Patriarca Alessio II.

L’arcivescovo cattolico ha ricordato il vero ecumenismo che le due comunità cristiane hanno vissuto nei tempi difficili della persecuzione, quando i credenti nei lager, nelle prigioni, pur essendo privi di chiese e di sacramenti, erano però uniti tra di loro nella carità fraterna dalla stessa fede. Egli ha augurato che gli antichi martiri della Lituania, insieme a quelli di questo secolo, ortodossi e cattolici, siano il seme di una nuova unità tra le due chiese.

Il Patriarca Alessio ha risposto, accennando alle difficoltà che l’ecumenismo incontra in Europa ed esprimendo la speranza che gli ostacoli possano essere superati e si possa camminare insieme, ponendo in pratica la Parola di Dio.

L’incontro è stato un piccolo segno di speranza, un passo ecumenico concreto, cui ha partecipato anche il popolo. Il dialogo, dunque, continua.

Debito internazionale
e giubileo del duemila

«Nello spirito del Giubileo biblico, la comunità internazionale guardi all’anno duemila come l’anno di incisive iniziative per la risoluzione definitiva della questione del debito» estero dei Paesi più poveri.

L’8 ottobre scorso questo appello è stato lanciato dal segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, mons. Diarmuid Martin, alla conclusione di un convegno promosso dal Comune di Roma e dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, sul tema “Oltre la crisi del debito internazionale: le prospettive per il nuovo millennio”.

L’appello, contenuto nell’Esortazione apostolica Tertio Millennio Adveniente di Giovanni Paolo II per ristabilire un maggiore rapporto di equità tra le nazioni e consentire ai Paesi più poveri di avere equo accesso alle ricchezze materiali e spirituali appartenenti alla famiglia delle nazioni stesse, era già stato rivolto dal presidente di Giustizia e Pace, cardinale Etchegaray, in occasione della recente riunione di Hong Kong dei governatori della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. Il porporato aveva chiesto tra l’altro una volontà politica più netta da parte dei Paesi ricchi, perché «non ci può essere una vera globalizzazione senza un rinnovato senso di solidarietà internazionale».

Riscontrando con soddisfazione la notizia che come effetto della riunione di Hong Kong, entro l’anno in corso, almeno sei Paesi tra i più poveri entreranno nel processo risolutivo del loro debito estero, mons. Martin, rivolgendosi alle Istituzioni finanziarie internazionali, ha auspicato l’estensione dell’iniziativa a «tutti i Paesi dove si riconosce che il debito è insostenibile, soprattutto in termini sociali».

Il rappresentante vaticano ha quindi indirizzato l’appello del Papa per la risoluzione del problema del debito ai governi dei Paesi più forti del mondo, soprattutto a quelli del G7. Ma anche singolarmente ai cittadini dei Paesi ricchi, «affinché non si arrendano alle politiche di isolazionismo e protezionismo» e si facciano araldi dello spirito di solidarietà.

Ed infine un invito agli stessi Paesi poveri. «Sui loro governi – ha detto mons. Martin – ricade la responsabilità di una diversa gestione dell’economia e della preoccupazione per i più deboli. Nella ricerca di soluzioni sostenibili essi devono far in modo che ogni utile ricavo, proveniente dalla riduzione del peso dei debito del passato, sia destinato a beneficio dei cittadini, soprattutto che sia investito a favore dei giovani, ragazzi e ragazze, offrendo loro una base più sicura per la loro partecipazione al futuro».

Non è mancato il richiamo anche al cosiddetto “settore privato”, alle banche e all’industria che, traendo le maggiori opportunità dal nuovo assetto globale dell’economia, devono trovare la maniera, attraverso l’investimento e attraverso la condivisione di conoscenze e tecnologie, di portare il loro contributo allo sviluppo e alla crescita dei Paesi più poveri.

Che il giubileo del 2000 non si riduca ad una semplice celebrazione religiosa, ma abbia un’incidenza nella vita sociale è la preoccupazione di tutte le chiese cristiane.

Se n’è parlato, ad esempio, in un seminario tenuto a Santa Severa, Roma, nell’ottobre scorso, per i responsabili delle rubriche religiose cattoliche e protestanti delle televisioni dell’area latina.

Nel corso dei lavori – cui sono intervenuti la giornalista Lidia Menapace, il pastore Giorgio Girardet, professore emerito della facoltà valdese di teologia e don Giovanni Cereti, docente di teologia ecumenica all’Istituto san Bernardino di Venezia – si è insistito sul giubileo come momento di dialogo e di riconciliazione e sulla necessità della televisione di riflettere su questi temi e documentare esperienze concrete e positive di “restituzione dei debiti”, secondo il significato biblico del termine “giubileo”.

Bosnia-Erzegovina

I capi religiosi di quattro comunità religiose in Bosnia-Erzegovina, la comunità islamica, la chiesa ortodossa, la chiesa cattolica e la comunità giudaica, si sono incontrati a Vienna ed hanno costituito un comitato interreligioso che si è impegnato con programmi concreti di collaborazione per la riconciliazione e la pace. Il rappresentante da parte della chiesa cattolica era il card. Puljic.

In seguito, a Sarajevo, è stata sottoscritta la Dichiarazione sull’obbligo morale comune e sull’impegno, approvata dai quattro capi religiosi della Bosnia- Erzegovina, che regola l’attività del suddetto comitato.

Il 9 luglio scorso si è svolto a Belgrado l’incontro ecumenico tra il card. Puljic, presidente della conferenza episcopale della Bosnia-Erzegovina e il patriarca della chiesa ortodossa serba Pavle.

Austria

La seconda assemblea ecumenica europea a Graz ha rappresentato per la chiesa cattolica in Austria un evento significativo. L’elevato numero di partecipanti, in primo luogo, ma anche la generosa ospitalità e le molteplici iniziative presentate e realizzate da parte degli austriaci hanno offerto un’impressionante testimonianza delle forze vive della chiesa in questo Paese.

Per quanto riguarda il Dialogo per l’Austria, avviato dalla conferenza episcopale, è stato già elaborato un testo base, che costituisce il fondamento per un processo di consultazione il più ampio possibile, a cui tutti sono invitati a partecipare. Parallelamente si sono svolti alcuni incontri tematici riguardanti gli attuali problemi socio-politici.

Intanto la statistica ecclesiastica per l’anno 1996 registra per la prima volta dal 1991 una nuova crescita del numero di cattolici di circa 3.000 unità. In base a tali stime si professano cattoliche in Austria 6.061.480 persone. C’è natore però un leggero calo nella prima parte di quest’anno del numero dei partecipanti alla messa. Nelle due domeniche scelte a campione si sono raccolti nelle chiese per la celebrazione eucaristica rispettivamente 1.109.956 fedeli (quaresima) e 1.073.543 (settembre). In ripresa appare invece il numero dei sacerdoti (2.654 diocesani e 1.809 religiosi).

 

Bosnia-Erzegovina

I capi religiosi di quattro comunità religiose in Bosnia-Erzegovina, la comunità islamica, la chiesa ortodossa, la chiesa cattolica e la comunità giudaica, si sono incontrati a Vienna ed hanno costituito un comitato interreligioso che si è impegnato con programmi concreti di collaborazione per la riconciliazione e la pace. Il rappresentante da parte della chiesa cattolica era il card. Vinko PuIjic. In seguito, a Sarajevo, è stata sottoscritta la Dichiarazione sull’obbligo morale comune e sull’impegno, approvata dai quattro capi religiosi della Bosnia- Erzegovina, che regola l’attività del suddetto comitato.

Il 9 luglio scorso si è svolto a Belgrado l’incontro ecumenico tra il card. Vinko Pulijic, presidente della conferenza episcopale della Bosnia - Erzegovina e il patriarca della chiesa ortodossa serba Pavle.

 

 

a cura della redazione