«Ci siamo trovati in molti a leggere insieme la Parola di Dio: cattolici, ortodossi, luterani, persone indifferenti e non credenti»

 

La forza dell’unità

di Vitalija Marti

 

 

Suor Vitalija, religiosa scolastica francescana della città di Belgrado, Serbia, racconta dove ha trovato la forza per andare avanti in questi anni così difficili per la sua terra.

Q

uando molti anni fa ho conosciuto la spiritualità dell’unità, una nuova luce è entrata nella mia vita. Sono stata toccata dall’Amore di Dio, mi sono sentita amata personalmente da Lui e gli ero profondamente grata per avermi chiamata a seguirlo come religiosa.

Potevo ricambiare questo amore cominciando da chi mi stava più vicino, nella mia comunità, e poi portandolo a chiunque avrei incontrato lungo la giornata.

Erano i tempi di guerra...

In quegli anni noi religiose eravamo molto oberate dal lavoro negli ospedali statali con turni molto impegnativi di giorno e di notte. Questo ritmo, ovviamente, non facilitava una vera vita comunitaria tra di noi.

I ritiri, ad esempio, non avevano la regolarità necessaria, come pure lo studio delle nostre regole e costituzioni o la conoscenza più profonda della nostra fondatrice. Questa situazione causava in tutte una certa stanchezza spirituale.

Nel vangelo
la forza per andare avanti

Quando la luce dell’ideale dell’unità entrò in me e nelle altre consorelle, abbiamo cominciato a ravvivare l’amore scambievole fra noi e abbiamo sperimentato in maniera tutta nuova la presenza di Gesù promessa a chi vive nell’unità: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo ad essi» (Mt 18, 20). E questo ci dava la forza e la gioia per testimoniare il Suo amore con chiunque venivamo a contatto nell’ambiente ateo in cui lavoravamo.

Dopo un po’ di tempo infermieri e medici mi hanno chiesto quale fosse la radice di questa mia felicità, ed ho potuto comunicare loro che cercavo di mettere in pratica il vangelo insieme a molte altre persone, e che questo mi aiutava anche nei momenti più difficili.

Col tempo ci siamo trovati in molti a leggere insieme la Parola di Dio: ortodossi, luterani, persone indifferenti, non credenti. Non solo, ma anche a scambiarci le esperienze, ad affrontare insieme le difficoltà, scoprendo nell’amore il movente di ogni azione e l’unica via per poter cambiare il mondo attorno a noi.

Questa esperienza andava oltre l’ospedale e coinvolgeva parenti, amici, conoscenti. Ed ogni volta rimanevo sbalordita di fronte a ciò che Dio operava nelle persone che incontravamo. Ricordo ad esempio la conversione di un giovane al cristianesimo e il cambiamento profondo di una personalità importante nel campo politico.

Un convento originale:
suore di vari ordini vivono insieme

Sono trascorsi gli anni e, per la situazione ancora più difficile che si è venuta a creare a causa della guerra, molte persone di altre nazionalità hanno dovuto lasciare il nostro Paese. Anche tante religiose di diversi ordini, per motivi di sicurezza, hanno dovuto abbandonare le case abitate da decenni e quelle che rimanevano dovevano riunirsi formando nuove comunità.

Proprio in questo momento mi è stato chiesto di prendere la responsabilità di un nuovo convento. Non mi era facile lasciare la realtà costruita per anni, a volte con fatica, ma ho sentito che dovevo dire il mio sì fino in fondo alla nuova volontà di Dio ed obbedire ai miei superiori.

L’impatto è stato duro. Mi sono trovata in un nuovo ambiente dove mi sembrava difficile poter creare tra noi una vera armonia, perché ognuna aveva una formazione diversa e viveva come era abituata precedentemente.

Mi mancavano quei momenti di scambio fraterno in cui ci si accordava sui programmi, ci si consigliava. Lì mi sono ricordata che l’amore è vero se passa per la croce. Il mio amore doveva avere la misura del Suo: «Amatevi come io ho amato voi». Ho riscelto con nuovo impegno Gesù nel suo abbandono sulla croce. Mettendo in comunione con chi poteva aiutarmi quanto stavo vivendo, ho capito ancora di più che dovevo accettare le altre consorelle così come erano, senza pretendere di cambiarle.

A poco a poco l’amore gratuitamente donato ritornava, si costruivano rapporti profondi, altri si consolidavano. Abbiamo iniziato ad aiutarci concretamente, ad essere più aperte tra noi, a vedere il positivo in ognuna.

Un giorno, ad esempio, una consorella spontaneamente ha chiesto in prestito una macchina per accompagnarmi ad un incontro, un’altra l’ha sostituita nel suo compito.

In questa atmosfera d’amore scambievole tutte eravamo più felici e la diversità non era più un motivo di sofferenza, ma era diventata un contributo all’unità.

Uno dei momenti più belli è quando ci incontriamo con le religiose di altri conventi. Qui nonostante le difficoltà di spostamento per i molti impegni di ognuna, è sempre una festa il ritrovarci insieme.

L’unità che si costruisce acquista una dimensione ancora più profonda e ci fa scoprire la bellezza di ogni ordine come fiori diversi dell’unico giardino della madre chiesa. Sperimentiamo che le esperienze delle consorelle di altre congregazioni, sono un prezioso arricchimento che poi si riversa sulle nostre comunità.

Tutto allora diventa più vivo e abbiamo la forza per superare le inevitabili difficoltà del nostro ambiente, dove come cattolici siamo una minoranza in piena diaspora.

Dare la vita per la propria gente

Mi ricordo l’estate del 1995, quando in Serbia cominciavano ad arrivare migliaia di profughi. La situazione era diventata molto tesa, perché le forze estremiste volevano occupare con la violenza le case e i conventi cattolici. Ogni giorno le notizie erano sempre più allarmanti.

Alcune religiose di vari ordini volevano fuggire e la paura ci aveva prese. È stato un periodo molto difficile, vivevamo in continua tensione.

Siamo riuscite a metterci in contatto col focolare e, vedendo la situazione in unità, abbiamo ritrovato il coraggio di restare al nostro posto per amore della nostra gente, con in cuore la certezza che l’amore può vincere anche le situazioni più assurde.

Abbiamo comunicato anche alle suore degli altri conventi la nostra decisione, e loro hanno aderito. Poi, tutte insieme, abbiamo riversato questa nuova forza sui laici e su chiunque incontravamo. È stato un periodo indimenticabile per il sostegno che abbiamo potuto dare a molti.

Ora le condizioni di vita sono più tranquille. Siamo grate a Dio per ciò che abbiamo vissuto, e ci sentiamo spronate ad impegnarci ancora di più nel costruire l’unità nella nostra terra.

 

 

Vitalija Marti