«Nella barca dell’ecumenismo dobbiamo starci, costi quel che costi, perché Qualcuno la condurrà in porto, anche se noi non lo scorgiamo ancora»

 

Ecumenismo di popolo

di Aldo Giordano

 

 

Molti si interrogano sul significato dell’assemblea di Graz per il futuro del cammino ecumenico. Riportiamo al riguardo una relazione del segretario esecutivo del consiglio delle conferenze episcopali europee, che ha vissuto l’avvenimento in prima persona e ne offre una visione ricca e stimolante.

La sorpresa è stata nell’incontro

Oltre ai 700 delegati ufficiali delle chiese legate alla Conferenza delle Chiese Europee (KEK) e delle Conferenze Episcopali Europee, hanno partecipato circa 150 rappresentanti di organizzazioni ecclesiali ed ecumeniche, invitati degli altri continenti e di altre religioni e più di 10.000 credenti di tutte le nazioni europee. A questi vanno aggiunti gli abitanti di Graz, dell’Austria e di alcuni paesi vicini che hanno vissuto dei momenti dell’assemblea, senza iscrizione.

Non ho mai partecipato ad un incontro dove le diversità fossero così numerose e così chiaramente visibili tra le varie regioni d’Europa, tra le generazioni, tra le varie chiese, ma anche all’interno delle stesse chiese... Erano diversità culturali, storiche, sociali, teologiche, ecclesiologiche...

La gran maggioranza dei partecipanti ha testimoniato la straordinarietà del fatto d’incontrarsi, di dialogare, di conoscersi, di ascoltarsi, di pregare, di discutere, di far festa... E proprio in forza di questo incontro fraterno è ripartita con la coscienza che il cristianesimo ha la grande capacità di rispondere alle attese dell’umanità di oggi e che le chiese, nonostante tutte le ferite che hanno mostrato, hanno una grossa vitalità ed una ricchezza molto varia. Le diversità non sono necessariamente un motivo di conflitto, ma possono diventare doni reciproci. Il camminare insieme è possibile ed irrinunciabile. Non si può ritornare indietro.

Un partecipante, per commentare l’assemblea, ha usato l’icona evangelica del granello di senapa, il più piccolo dei semi, che diventa un albero grande dove le varie specie di uccelli possono costruire il loro nido (Mt 13, 31-32; Mc 4, 30-32; Lc 13, 18-19). Il piccolo seme dell’ecumenismo e della riconciliazione è improvvisamente già diventato un albero dove le molteplici diversità possono trovare insieme casa.

Il dialogo tra est e ovest

Il punto più impegnativo e più delicato dell’assemblea è stato il dialogo tra ovest ed est: questo appare il kairòs attuale dell’Europa. Grande gioia ha dato la notevole partecipazione da parte dei paesi dell’est (quasi la metà dei presenti: più di mille rumeni, 400 russi, 300 dell’Ucraina, 300 dell’Ungheria...). L’assemblea ha certo respirato le tensioni che oggi sono nell’aria anche a livello ecumenico ed ha visto la difficoltà di un dialogo fiducioso, ma certo è stata un passo in questa direzione. I problemi e le polemiche rimandano ad un malessere più profondo, cioè a quel disorientamento cruciale che esiste oggi in Europa, generato dall’incontro avvenuto in fretta in questi ultimi anni tra due storie e due culture diverse che hanno vissuto in parallelo, un incontro che sta avvenendo ad un ritmo incalzante. Ma, nonostante le insinuazioni di alcuni giornalisti, l’assemblea non ha accentuato la polemica. I rappresentanti dell’est e dell’ovest hanno gioito nell’incontrarsi e sono ripartiti con una fiducia nuova circa il futuro di questo rapporto.

Un bagno di chiesa

Innumerevoli incontri sono apparsi dei piccoli/grandi miracoli:

I membri delle delegazioni della chiesa serbo-ortodossa e delle conferenze episcopali della Croazia, della Bosnia Herzegovina e della Slovenia si sono trovati per discutere sulle possibilità di un aiuto reciproco ed hanno dichiarato la loro gioia per l’atmosfera serena ed aperta dell’incontro.

Per gli ortodossi ed i greco cattolici della Romania è stata spesso l’occasione per una significativa conoscenza reciproca e un confronto sulle difficoltà. Gli ortodossi hanno anche espresso gioiosa sorpresa per l’accoglienza ricevuta dalle famiglie cattoliche di Graz. Circa 100 rappresentanti delle chiese della Russia hanno discusso insieme sulla realtà della libertà di religione nel proprio paese e come contributo per l’assemblea hanno trasmesso alcuni dubbi su certe tendenze del cammino ecumenico in questi ultimi tempi. Ma anzitutto hanno espresso la gioia del ritrovarsi insieme e la certezza che il cammino ecumenico deve continuare.

Avevamo rischiato nel cercare di fare dell’assemblea uno spazio dove tutte le realtà ecclesiali potessero avere un luogo di espressione e di parola. Ho l’impressione che le posizioni più critiche o di dissenso hanno avuto il loro giusto posto all’interno dell’onda di fondo del popolo di Dio sempre costruttiva, pur nelle diversità dei punti di vista. Lo spirito dell’unità ha percorso le strade di Graz. C’è stata la possibilità di accogliere e mostrare le espressioni suscitate dallo Spirito nel campo dell’ecumenismo e della riconciliazione.

In qualche momento abbiamo temuto il riprodursi nell’assemblea di qualche forma di sterile polarizzazione (progressisti e conservatori) che caratterizza alcune chiese (anche cattoliche) ed alcuni rapporti fra le chiese. In realtà ci siamo ritrovati, in genere, aldilà delle polarizzazioni.

La presenza della chiesa ufficiale in mezzo al popolo dei credenti è stata un altro segno di speranza. Un’assemblea priva dell’una o dell’altra realtà sarebbe stata estremamente povera.

La presenza dei delegati, dei rappresentanti di molti organismi e movimenti ecclesiali ed ecumenici ha offerto una grande possibilità di conoscenza reciproca e crescita della stima. Ogni forma di concorrenza o addirittura di disprezzo appare retrograda.

Molti di coloro che hanno collaborato alla realizzazione dell’assemblea ci hanno espresso la loro gioia e gratitudine per l’esperienza vissuta. Sorprendente è stata anche la presenza e consapevolezza di tanti giovani.

Moltissime persone continuano ad esprimerci la gratitudine per l’accoglienza ricevuta dalla città di Graz e dalle sue comunità, nonostante alcune difficoltà organizzative.

Questi ed altri elementi ci portano ad affermare che la novità dell’assemblea, la sua sorpresa stia proprio in questo miracolo dell’incontro. Esso non è stato né conflitto, né indifferenza, né mera tolleranza, né compromesso, ma qualcosa d’altro. Un’autorevole personalità ha parlato di un «bagno di chiesa». Questo è il primo elemento su cui riflettere per individuare, a livello pensato, gli elementi di un metodo per l’ecumenismo e la riconciliazione.

Un nuovo metodo ecumenico

Colgo personalmente la novità dell’assemblea nel delinearsi di un metodo dell’ecumenismo. Le mie considerazioni nascono dalla domanda: «Come è stato possibile questo incontro tra persone così diverse?». Ciò che ha reso possibile questo incontro diventa a mio parere un’indicazione metodologica per il cammino ecumenico in questo momento storico:

1. Attorno all’assemblea si è creata una grande rete di preghiera, di offerta, di gesti di riconciliazione. Questo ci ha veramente sorpresi. Il vedere quante persone si sono impegnate e con quanta passione, ci ha fatto dire che i tempi sono maturi per un deciso passo avanti nell’ecumenismo e nella riconciliazione. Ogni incontro ecumenico necessita di questa sorgente, a monte, di vita e di preghiera.

2. Gli elementi del programma che hanno generato più comunione sono stati la preghiera in comune, l’ascolto e lo scambio sulla Parola di Dio e gli interventi che hanno proposto Dio come la sorgente di ogni riconciliazione. La base di ogni incontro ecumenico è costituito dalla preghiera in comune e dall’ascolto della Parola di Dio che diventa vita vissuta. Occorre ripartire dal vangelo.

3. Durante l’assemblea è emersa la realtà e indispensabilità di un ecumenismo di popolo. Nel popolo di Dio c’è una coscienza ecumenica che sta maturando e diffondendosi. Questo non è certo da intendersi in contrapposizione ad un ecumenismo dei vertici, ma nel senso di un cammino fatto insieme: magistero, credenti, teologi.... Non è più possibile riservare l’ecumenismo solo al dialogo teologico o solo agli incontri tra i responsabili delle chiese o solo alle attività di alcuni gruppi di frontiera. Graz è stato un segnale chiaro che l’ecumenismo deve diventare popolare ed essere nel cuore della pastorale ordinaria delle comunità. Il “popolo ecumenico”, come qualcuno l’ha definito, esprime una grande ricchezza di carismi e doni spirituali. Il processo ecumenico deve coinvolgere l’intero popolo di Dio, come aveva già detto il Concilio Vaticano II: «La cura di ristabilire l’unione riguarda tutta la chiesa, sia i fedeli che i pastori, e ognuno secondo la propria capacità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici» (UR 5).

4. Per il rafforzarsi e diffondersi del movimento ecumenico, i partecipanti hanno preso coscienza dell’importanza di una spiritualità ecumenica (come sottolineato negli interventi di Chiara Lubich e di Fr. Roger di Taizé), fortemente radicata nel vangelo del Cristo e nel suo mistero pasquale di Croce e di Risurrezione, cioè in quel Dio che per amore soffre la separazione e diviene separazione per aprire la via di quell’unità che attinge alla stessa vita trinitaria di Dio. Il Cristo Crocifisso che giunge a sperimentare l’abbandono è la via dell’unità. Al cuore del cammino ecumenico occorre una spiritualità ecumenica comunitaria, fortemente radicata nel vangelo. In particolare occorrono persone che sappiano amare la croce delle difficoltà di una non completa comunione, perché un giorno si possa sperimentare la Risurrezione dell’unità.

5. Un commento generale dei partecipanti è stato: «Si è respirato una buona atmosfera!». Quest’atmosfera in realtà è qualcosa di profondo e misterioso. Senza averne forse piena coscienza, si è percepito la realtà di una Presenza Trascendente. Il vero dia-logos si compie là dove accade la presenza dello Spirito del Risorto (Logos), perché ci sono due persone (diverse/dia) che sono disposte a donarsi le loro diversità. Se siamo soli non accade nessuna vera novità, ma se il Cristo è presente in mezzo ai suoi, diventa Lui il protagonista dell’ecumenismo. Non si tratta più di tentare di rivendicare gli uni gli altri la verità della propria posizione, ma di convertirci tutti alla sequela dell’unica Verità, dell’unico Signore che cammina con noi. L’atmosfera si è creata perché tanti partecipanti all’assemblea hanno già intrapreso questo cammino. Essi sono stati i protagonisti più creativi dell’incontro, anche se nascosti. In questa linea è stata anche essenziale la disponibilità gratuita e straordinaria di centinaia di collaboratori e l’accoglienza degli organizzatori locali e della città di Graz. Se come chiese riusciamo a vedere i doni da scambiarci reciprocamente, l’ecumenismo è possibile, nonostante tutti i nostri limiti. Per arrivare a cogliere le nostre diversità come dei doni che devono contribuire alla creazione di una nuova unità, occorre, come premessa, un lungo ed umile cammino di ascolto reciproco, di attenzione, rispetto, abbandonando la violenza dell’imporre troppo velocemente i propri passi all’altro. L’altro va riconosciuto come interlocutore credibile.

6. Si è sperimentata la gioia di incontrarci e conoscerci tra cristiani, diversi, ma già anche uniti dalla stessa fede. Il movimento ecumenico deve dare spazio per conoscerci nelle nostre diversità e soprattutto per scoprire tutto ciò che già ci unisce. Non è vero che ci conosciamo a sufficienza.

7. A Graz i cristiani si sono interrogati su quale contributo essi possono e devono dare per l’Europa e per il mondo. Una dimensione del processo ecumenico è l’impegnarsi insieme per il bene dell’umanità, specialmente per i più deboli. Il vivere il vangelo insieme, in favore dell’uomo, ci fa scoprire che quanto ci unisce è molto di più di quello che ci divide.

Speranza per il futuro

Tutti hanno collaborato perché l’evento di Graz fosse un momento di Dio per le chiese cristiane, a cominciare da Giovanni Paolo II che, con la sua passione sofferta per l’unità, l’ha portato continuamente in cuore. Ciò che ha detto sull’assemblea ecumenica nel discorso sulla pace di inizio anno 1997, in Polonia il 31 maggio 1997, nel messaggio rivolto all’assemblea, durante gli Angelus delle domeniche 23 e 29 giugno 1997 e soprattutto il fatto che abbia costantemente pregato per questo incontro, ha commosso molti e ha dato una grande luce e fiducia.

Le Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), per il mondo cattolico, sono state le prime protagoniste dell’assemblea. I presidenti, i segretari generali ed i responsabili per l’ecumenismo delle varie conferenze, con i loro collaboratori, si sono sobbarcati una mole di lavoro per rendere possibile in ogni paese un processo di riconciliazione.

La presenza, l’aiuto e l’esperienza degli organismi romani, specie quelli che hanno il compito del dialogo, ci hanno fatto percepire in modo vivo la cattolicità e l’unità della chiesa.

L’assemblea di Graz è stata l’occasione per il CCEE di instaurare una fitta rete di rapporti con numerosi organismi, associazioni, movimenti che con gioia hanno partecipato il loro carisma per il bene universale della chiesa. Questo ha già portato ricchi frutti nell’assemblea, ma certo sarà un rapporto che continuerà e genererà altri frutti.

Abbiamo notato lo stesso impegno negli organismi della Conferenza delle Chiese Europee (KEK).

Subito dopo l’assemblea ecumenica la KEK ha tenuto la sua XI assemblea generale. In essa molti hanno commentato, riferendosi alla settimana precedente: «Ora sentiamo che ci manca qualcosa di importante; fra noi mancano i cattolici! Ci sentiamo più soli».

Concludendo direi che non abbiamo perso la voglia di sognare. Resta forte la speranza che l’assemblea sia un contributo per realizzare la preghiera di Gesù al Padre: «Che tutti siano uno...», ed anche un contributo per il processo di riconciliazione dell’umanità avviata verso il terzo millennio dell’era cristiana.

Abbiamo la consapevolezza, “umile e crocifissa” (come qualcuno ha scritto) che sulla barca dell’ecumenismo dobbiamo starci, costi quello che costi ed ora più che mai, con la certezza che Qualcuno sa in che porto arriverà la barca, anche se noi non lo scorgiamo ancora.

Adesso non ci resta che restituire tutto nelle mani del Padre, perché Lui possa trasformare ogni cosa, ciò che è riuscito e ciò che ha fatto soffrire, in un contributo per l’unità.

Aldo Giordano