La chiesa nel mondo

Tailandia: dialogo interreligioso

Tra la fine di dicembre e gli inizi di gennaio, Chiara Lubich, insieme ad una delegazione del Movimento dei focolari, ha avuto una serie di importanti incontri e colloqui con il mondo buddista della Tailandia.

Preparato nell’arco di vari anni di attività del Movimento in questo Paese, e propiziato da precedenti iniziative, il dialogo interreligioso fra cristiani e buddisti nella prospettiva della spiritualità dell’unità ha conosciuto attraverso questi recenti avvenimenti una forte accelerazione, dischiudendo nuove speranze per l’amicizia e la collaborazione già iniziata.

Ecco un primo approfondimento del significato teologico di questi incontri offerto da don Piero Coda, che vi ha personalmente partecipato, e che poi ha assistito a Manila al conferimento a Chiara Lubich del dottorato honoris causa in sacra teologia presso la Pontificia Università Santo Tomás.

Chiang Mai è la seconda città della Tailandia, ricca di una straordinaria tradizione religiosa ancora oggi viva e fiorente, nel solco del buddismo theravada, la scuola che persegue la fedeltà più rigorosa all’insegnamento originario del Budda. Anche per questo non può non stupire ciò cui ci è dato di assistere il 6 gennaio (festa dell’Epifania del Signore) nell’aula magna dell’università Mahajularacha, posta sotto l’alta protezione del re di Tailandia, in cui studiano circa ottocento monaci buddisti, quando il gran maestro Ayahn Thong, fondatore di vari monasteri (da lui ne dipendono un centinaio) e monaco di fama internazionale per le sue traduzioni del canone buddista, invita Chiara Lubich a raccontare la sua esperienza spirituale, perché divenga oggetto di approfondimento nell’università. Così come ciò che accade il giorno seguente nel tempio Wat Rampoeng, centro di studio e di pratica della meditazione vipassana, quando lo stesso gran maestro presenta Chiara a oltre cento monache buddiste in abito bianco e ad alcune centinaia di monaci, laici e laiche venuti per un periodo di esperienza nel monastero, dicendo: «Il saggio non è né uomo né donna, né bambino né adulto. Quando qualcuno accende una luce nell’oscurità non ci si domanda chi esso sia. Chiara è qui per donarci la luce che ha trovato». È la prima volta che una donna, cristiana, può offrire in un simile consesso la sua esperienza come maestra spirituale.

Attraverso le meditazioni proposte da Chiara Lubich, i successivi intensi dialoghi con i partecipanti, le prospettive di collaborazione che già stanno prendendo forma, si può affermare che sembra profilarsi per il futuro, in questa regione del Sudest asiatico, una promettente stagione di dialogo. Il cardinale arcivescovo di Bangkok, M. Kitbunchu, che Chiara ha incontrato all’inizio della sua permanenza in Tailandia e, da parte buddista, il supremo patriarca Somdet Phra Nyanasamvara, nel corso di una cordiale udienza, hanno incoraggiato e caldeggiato l’iniziativa.

Riflettendo sui frutti di questi avvenimenti, ed esaminando le dichiarazioni positive rilasciate da molti dei partecipanti buddisti agli incontri, viene da chiedersi quale sia il metodo di dialogo che ha permesso di aprire questa via imprevista e che occorre intensificare, con prudenza e in attento ascolto degli impulsi dello Spirito, per contribuire a dare una risposta a quella che – senza dubbio – è una delle sfide maggiori per il cristianesimo all’alba del terzo millennio: l’incontro con il buddismo.

Come ha avuto occasione di sottolineare il cardinale F. Arinze, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo tra le religioni, la via maestra per un vero e proficuo dialogo è la spiritualità. Quando si incontrano tra loro autentiche esperienze spirituali – ha spiegato – succede sempre qualcosa di significativo. Inoltre, bisogna tener presente – come ha richiamato Chiara Lubich in un’intervista lasciata alla Radio Vaticana a seguito di questi incontri – che il Movimento dei focolari ispira la sua azione di dialogo e di annuncio alla preghiera di Gesù: «Siano uno, affinché il mondo creda» (Gv 17, 21). Se siamo realmente uno – ha proseguito Chiara – Gesù risorto, come ha promesso, è in mezzo a noi (cf Mt 18, 20) e testimonia se stesso, disponendo le menti e i cuori ad accogliere la parola della salvezza attraverso l’effusione del suo Spirito. Dunque, primato della testimonianza e, insieme, impegno radicale a «farsi uno» nell’amore con i propri interlocutori, secondo quanto insegnato dall’apostolo Paolo («mi son fatto giudeo con i giudei, greco con i greci, tutto a tutti, per guadagnare a Cristo il maggior numero...»), e ancor prima da Gesù stesso, che «non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso...» (cf Fil 2, 7).

Occorre annunciare Gesù dialogando, e cioè mettendosi nella pelle dell’altro. Non solo perché è necessario apprezzare sinceramente le ricchezze delle diverse religioni, vedendovi all’opera come insegna la Nostra Aetate la Provvidenza di Dio (cosa che – come ho costatato in questo caso provoca la reciprocità, e cioè l’apertura ai doni del cristianesimo e la richiesta di ascoltare i suoi principi di vita e di dottrina); ma anche perché occorre esprimere la verità del vangelo calandosi dentro le categorie di vita e di pensiero e la sensibilità spirituale e culturale dell’altro. In quel clima di amore reciproco vissuto che alcuni di questi monaci avevano già sperimentato, ad esempio visitando la cittadella di Loppiano in Italia e di Tagaytay nelle Filippine o partecipando a iniziative locali del Movimento, e che si è ricreato negli incontri di questi giorni, essi, in qualche modo, hanno percepito che nella vita cristiana il momento solo negativo della purificazione, del distacco e della concentrazione meditativa sino all’annientamento che conduce al Nirvana, tipici della loro tradizione, sono trascesi per grazia nella luce della risurrezione di Gesù testimoniata dalla vita della chiesa: «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli» (1 Gv 3, 14). Un monaco buddista infatti, assai significativamente, ha detto di aver come sperimentato un «nirvana riempito di luce».

Su questa base e in un clima di forte spiritualità, l’annuncio del vangelo diventa possibile e così il dialogo anche dottrinale. Non per nulla, in tutti questi incontri, è emersa un’enorme stima per Giovanni Paolo II quale figura di straordinaria statura spirituale. Certo, la strada è ancora impervia, ma aveva ragione R. Guardini quando, già alcune decine d’anni fa, dichiarava: «Ciò che Budda intende per nirvana, per risveglio supremo, non è ancora stato cristianamente compreso e valutato. Chi volesse farlo, dovrebbe essere divenuto perfettamente libero nell’amore di Cristo ed essere nel medesimo tempo unito molto rispettosamente a quell’uomo misterioso del secolo VI avanti Cristo».


Servizio Informazione Religiosa (SIR)

Filippine:
una teologia per l’oggi

Dopo la Tailandia, Chiara Lubich ha visitato le Filippine, unico Paese asiatico a maggioranza cattolica. In questa terra, la fondatrice dei Focolari ha annunciato la nascita di una scuola per lo studio degli sviluppi teologici che stanno scaturendo dal carisma dell’unità tipico dei Focolari, in risposta alle istanze più urgenti del nostro tempo. Avviene nel corso della cerimonia del dottorato honoris causa in teologia, conferitole il 14 gennaio dall’Università Santo Tomás di Manila, la più antica dell’Asia.

«Il mio ideale era lo studio della filosofia, la ricerca della verità», esordisce Chiara Lubich nel corso della cerimonia nell’aula magna dell’Università. Poi una nuova comprensione: «Gesù è la verità incarnata».

Nei rifugi, durante la guerra, può portare con sé solo il Vangelo: «Quelle parole, sentite tante volte, acquistavano un senso profondo, come se una luce le illuminasse: scritte con divina scultoreità, spronavano a tradurle in vita».

Di qui matureranno «le idee-forza di una nuova spiritualità nella chiesa, la spiritualità dell’unità».

Questi i prodromi delle linee teologiche elaborate dalla Scuola Abbà e presentate da Chiara nel suo denso discorso.

Tra i vari aspetti del novum teologico, emerge «il Dio di oggi»: Gesù crocefisso che «sperimenta la più abissale separazione che si possa pensare» sino al grido per l’abbandono del Padre, «col quale è e resta uno». In Lui «la chiave per comprendere e attuare l’unità», «la divina risposta agli abissi di sofferenza e di prova scavati nel cuore degli uomini dall’ateismo, dalla miseria materiale e morale, dalla ricerca di senso e di ideali delle nuove generazioni, dalle divisioni tra le chiese». «In “Colui che era Dio e annientò se stesso” si dischiude anche una via provvidenziale per quel dialogo con le tradizioni religiose dell’Oriente che rappresenta una delle frontiere più impegnative e urgenti all’alba del terzo millennio».

Chiara evidenzia in più punti che «non di noi si tratta, ma di Dio che opera», e cita un eminente teologo, Hans Urs von Balthasar, che afferma come nella storia della chiesa sino ai nostri giorni, i carismi abbiano in sé una potenzialità anche teologica, che «può arricchire la chiesa in modo quanto mai inaspettato e tuttavia perenne».

In quanto donna, «in questo tempo di femminismo», il decano della facoltà di teologia, P. Braulio Pena, l’aveva posta accanto a figure come M. Teresa di Calcutta e Teresa d’Avila e Caterina da Siena, queste due «già riconosciute teologi della chiesa».

Lo stretto legame tra spiritualità e teologia fatte vita da un “Movimento profetico”, «i suoi scritti che hanno portato una novità nella vita della chiesa nel mondo contemporaneo e ispirato migliaia di cristiani in tutto il mondo», sono le motivazioni espresse dal decano, per questo riconoscimento accademico con cui Chiara Lubich – secondo la formula solenne pronunciata dal rettore – è stata investita «dottore in sacra teologia, affinché possa insegnare e interpretare liberamente e pubblicamente».

Un dottorato questo che – ha affermato ancora il rettore – «è il primo assegnato ad un laico, ad una donna, con una petizione firmata da tutti i vescovi delle Filippine». Nei 386 anni di vita dell’Università era stato conferito finora solo a 8 persone: 6 cardinali, 1 vescovo e 1 sacerdote.

Tra le congratulazioni giunte all’Università, anche la benedizione del Papa e del Patriarca ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo I.

Nell’aula magna erano presenti il card. Jaime Sin, arcivescovo di Manila, arcivescovi e vescovi, autorità accademiche e oltre 1400 persone. L’Università statale e altri 7 atenei di Manila erano collegati via cavo.

Ed è festa il 19 e 20, all’incontro con i membri più stretti del Movimento: 3500 provenienti anche dalla Corea, Giappone, Macao, Hong Kong, Australia e da altri paesi asiatici. Donano a Chiara una somma cospicua che viene da lei consegnata a Bukas Palad (Mani Aperte), un’opera sociale animata dai membri del Movimento che negli anni ha coinvolto un numero sempre maggiore degli stessi beneficiati che si trasformano in volontari. Sono ora 40 i programmi di aiuto in atto per i quartieri più diseredati di Manila.

Il 22 gennaio C. Lubich è stata invitata a intervenire all’assemblea generale della Conferenza episcopale filippina riunita in quei giorni a Tagaytay, presso Manila. La fondatrice dei Focolari ha parlato dell’itinerario che Dio ha tracciato nella sua vita, da cui è fiorita una nuova opera nella chiesa, «un piccolo popolo – come lo vede Giovanni Paolo II – di ogni razza, lingua, religione, sparso nel mondo intero, espressione del grande popolo di Dio, in marcia per concorrere all’edificazione della civiltà dell’amore, verso la meta di un mondo più unito».

Concludono questa tappa nelle Filippine l’incontro con la ex-presidente Cory Aquino e un’affollata conferenza stampa.

Taiwan: consonanza con la cultura cinese

Anche l’Università Fu Jen di Taipei ha voluto onorare Chiara Lubich conferendole il 25 gennaio il dottorato honoris causa in teologia, il primo conferito da questo ateneo.

Il giorno dopo Chiara è intervenuta ad un incontro di spiritualità promosso anche dalla Conferenza episcopale ed il Consiglio nazionale dei laici. 1.000 i partecipanti: cattolici, cristiani delle diverse chiese, buddisti, taoisti, persone di convinzioni non-religiose. Sia a questo incontro che alla cerimonia del dottorato, l’amore universale, che è alla radice dell’esperienza di Chiara Lubich e del Movimento che ne è nato, si è rivelato in profonda consonanza con la cultura cinese. Tale la motivazione espressa dal prof. Peter Tuen Ho Yang, rettore dell’università Fu Jen: «Se oggi conferiamo questa laurea in teologia è perché l’idea centrale del pensiero di Chiara è in profondo accordo con l’essenza della cultura cinese». E il presidente della Conferenza episcopale, il vescovo Paul Shan s.j., prendendo la parola ha riconosciuto «il grande impulso vitale dato dal Movimento a tutta la chiesa, nel campo spirituale e sociale».

Nuovi sviluppi si profilano non solo nella prospettiva del dialogo interreligioso, ma anche dell’inculturazione della fede nelle culture orientali.

La diffusione del Movimento dei focolari in Asia è partita dalle Filippine, dove i primi centri sono sorti nel 1966. Ora il Movimento è presente in quasi tutti i Paesi del continente: dal Pakistan al Giappone, dalla Corea alla Malaisia. Vi aderiscono anche membri delle grandi religioni orientali.

 

Servizio Informazioni Focolari (SIF)

 

Castel Gandolfo:
 vescovi a convegno

Vent’anni fa ebbe luogo a Rocca di Papa, presso Roma, per iniziativa del vescovo tedesco Klaus Hemmerle, il primo convegno di spiritualità dei vescovi amici del Movimento dei focolari. Dodici i vescovi presenti, provenienti da varie parti del mondo, dalla Tailandia al Brasile, dalla Germania alla lontana penisola di Macao nel Mar cinese. Da allora, ogni anno si è riproposto l’appuntamento con un crescente numero di partecipanti, con la costante benedizione dapprima di Paolo VI e poi di Giovanni Paolo II. Su invito di quest’ultimo, a partire dal 1982, si sono svolti anche quindici incontri ecumenici di vescovi a Roma, Istanbul, Trento, Londra e nella cittadella ecumenica dei focolari ad Ottmaring, vicino ad Augsburg in Germania.

Quest’anno, dal primo al sette febbraio i vescovi convenuti a Castel Gandolfo erano circa un centinaio da 42 Paesi dei 5 continenti. Significativa cornice dell’incontro era il Centro Mariapoli, l’ex sala delle udienze che Giovanni Paolo II, negli anni ’80, ha voluto mettere a disposizione del Movimento dei focolari.

«Nel contesto della preparazione al grande Giubileo del 2000 e di quest’anno dedicato alla persona di Cristo – ha spiegato in apertura il moderatore del convegno, il card. Miloslav Vlk – vorremmo approfondire la presenza del Cristo Risorto nella comunità, attraverso il comandamento nuovo vissuto e l’unità, quali presupposti indispensabili per un’evangelizzazione incisiva e convincente».

Chiara Lubich, appena tornata dal viaggio in Asia, è intervenuta al convegno per due volte. In una conversazione sulla spiritualità dell’unità come “spiritualità di comunione”, si è soffermata sulla presenza del Risorto, promessa «a due o più uniti nel suo nome». «È pace di cielo – ha detto – è gaudio pieno, è luce che illumina le più fitte tenebre, è amore purissimo». Di qui l’impegno «a vivere per averlo sempre fra noi e portarlo nel mondo» (cf la trascrizione completa del suo intervento in questo numero, p. 43-50).

In quest’ora in cui nel panorama mondiale sta assumendo nuovo rilievo il continente asiatico – come evidenziato da alcuni vescovi – particolare interesse hanno suscitato i nuovi sviluppi del “dialogo della vita” con i buddisti, dopo gli incontri di Chiara Lubich in Tailandia e il giorno prima a Roma con rappresentanti del buddismo giapponese.

Infine, è stata illustrata ai partecipanti la nascita della Scuola Abbà, attraverso la quale il Movimento dei focolari cerca di enucleare la caratteristica dottrina implicita nel carisma dell’unità e che sembra atta a schiudere nuove prospettive nei più vari campi della cultura, come confermano i dottorati honoris causa conferiti in questi mesi a Chiara
Lubich.

Durante l’incontro i vescovi hanno dedicato molto tempo allo scambio di esperienze personali e pastorali. E, nel dono reciproco, si sono sentiti rinvigoriti ed arricchiti. È appunto questa prassi di comunione che, al dire dei partecipanti, rende prezioso questo appuntamento.

Il convegno si è concluso con la lettura di una Lettera Pontificia che il Santo Padre ha rivolto ai vescovi, tramite il card. Vlk. Le parole del Papa sono state accolte con grande gioia e gratitudine. Ne riportiamo il testo integrale:

 

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato!

1. Era mio desiderio incontrarvi in occasione del convegno che ogni anno vi riunisce quali amici del Movimento dei Focolari dell’Unità. Non essendo possibile, vorrei almeno farvi giungere per iscritto il mio saluto e l’assicurazione della mia vicinanza nella carità di Cristo.

Questi giorni sono stati per voi una propizia circostanza per rinnovare insieme i profondi vincoli di comunione che, mediante lo Spirito Santo, vi uniscono nella concorde dedizione al servizio della Sposa di Cristo, alla vigilia ormai del nuovo millennio.

Gli occhi di tutti guardano a quella storica scadenza, nella quale celebreremo il Grande Giubileo del Duemila. Il vostro convegno ha voluto, in questa luce, meglio approfondire il senso della missione del Vescovo in rapporto al mandato di Cristo affidato ai suoi Apostoli. Voi vi siete soffermati specialmente a riflettere sulla presenza di Cristo risorto nella Comunità attraverso il comandamento nuovo della carità.

2. Il tema cristologico, com’è noto, caratterizza il 1997, il primo anno del triennio di preparazione immediata all’Anno Santo. Nel prepararsi alla celebrazione del Giubileo, la Chiesa desidera centrare la sua attenzione su «Cristo Verbo del Padre, fattosi uomo per opera dello Spirito Santo» (cf Tertio millennio adveniente, 40). Il Padre invia il Figlio ed il Figlio, accogliendo la missione, si fa uomo per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine di Nazaret: «E il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14). La storia della salvezza è tutta intessuta di amore. Il Verbo è Figlio amato eternamente ed eternamente amante. Come non stupirsi dinanzi al mistero dell’Amore?

Nel mistero dell’Incarnazione vi è una singolarissima effusione dell’amore di Dio: la discesa dello Spirito Santo sulla Vergine Maria. Scrive l’evangelista Luca: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo, colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (1, 35).

3. L’Incarnazione non può, però, essere separata dalla morte e risurrezione di Cristo. Gli Apostoli videro ed incontrarono il Risorto: quest’evento straordinario li trasformò in testimoni ripieni di gioia e di ardimento apostolico. Come allora, anche oggi il compito principale dell’apostolo è proclamare e testimoniare con la vita che Cristo è veramente risorto, che Egli è presente tra di noi attraverso il comandamento nuovo che ci ha lasciato.

La divina carità è testamento di vita che, se vissuta nell’esistenza quotidiana, ci permette di realizzare sempre più a fondo quell’unità che lo stesso Gesù invocò intensamente dal Padre durante l’Ultima Cena: «Tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17, 21). Solo il comandamento dell’amore, un amore che giunge fino al dono totale della vita, è il segreto della risurrezione.

Siamo qui nel cuore della novità cristiana. Nel silenzio della preghiera e della contemplazione possiamo entrare in contatto con Cristo ed ascoltare le sue parole: «II Padre mi ama: perché io offro la mia vita... Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, perché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo» (Gv 10, 17-18). Una spiritualità di comunione per dei Pastori della Chiesa significa, pertanto, l’impegno al dono totale di sé; vuol dire considerare la croce dell’uno la croce dell’altro.

4. Venerati e cari Fratelli! Nel corso dei lavori del vostro convegno ha occupato un posto particolare la riflessione sull’ecumenismo e sul dialogo interreligioso, nella luce della soprannaturale legge dell’amore divino. Si è trattato di un’attenzione senz’altro lodevole, proprio in riferimento al prossimo storico appuntamento giubilare. Come dichiara il Concilio Vaticano II, «la cooperazione di tutti i cristiani esprime vivamente quell’unione che già vige tra di loro e pone in una luce più piena il volto di Cristo» (Unitatis Redintegratio, 12). La collaborazione ecumenica nasce da una grazia, concessa dal Padre in risposta alla preghiera di Cristo (cf Gv 17, 21) e dall’azione dello Spirito Santo in noi (cf Rm 8, 26-27). Tuttavia il vero ecumenismo porta i suoi frutti solo dove l’amore cresce in autentico spirito di servizio ai fratelli, seguendo l’esempio di Cristo che venne non per essere servito, ma per servire (cf Mt 20, 28).

Ecco l’ecumenismo che deve trovare un posto significativo nella vita di ogni diocesi. Esso va approfondito in ogni aspetto mediante studi e dibattiti di ordine storico, teologico e liturgico, nonché grazie alla reciproca comprensione nella vita quotidiana (cf UR, 5). Tale azione ecumenica trae vigore dalla preghiera incessante, elevata con fiducia al comune Padre celeste, perché si affretti la piena unità tra tutti i cristiani.

È questo anche il mio auspicio, che avvaloro con l’assicurazione di un costante ricordo al Signore. Egli vi accompagni, carissimi Fratelli nell’Episcopato, e vi sostenga nel quotidiano ministero pastorale.

Nell’invocare sul vostro convegno la protezione di Maria, Madre dell’Unità, vi invio di cuore una speciale benedizione, volentieri estendendola alle Chiese locali a voi affidate.

Dal Vaticano, 6 Febbraio 1997         

Joannes Paulus II