La chiesa in Italia

 

D

iamo continuazione ad una lettura meditata della Nota pastorale dei vescovi italiani dopo il Convegno di Palermo. Questa seconda parte è particolarmente interessante, perché indica le linee concrete secondo le quali la chiesa che è in Italia, si impegna a porre in atto uno stile nuovo di evangelizzazione.

 

Col dono della
carità dentro la storia

Occorre tener conto di alcune imprescindibili esigenze di fondo, affinché gli ambiti del Convegno di Palermo siano proposti e vissuti nelle nostre chiese come luoghi privilegiati di evangelizzazione. Proverei a riassumerle così:

- occorre articolare ogni ambito con l’ispirazione centrale del vangelo della carità; il che significa, da un lato, non smarrire mai il “porro unum est necessarium” dell’immersione di fede in Gesù Cristo e della carità reciproca, e, dall’altro, imprimere proprio per questo un colpo d’ala di genuinità e radicalità evangelica alle diverse azioni ecclesiali, superando la frammentazione e l’occasionalità delle iniziative, la loro mancanza di respiro e la loro tendenziale autoreferenzialità;

- per dare concretezza, spessore di riferimento al vangelo e organicità alla pastorale nei vari ambiti, occorre passare al vaglio dei quattro obiettivi già menzionati le iniziative in atto o in progetto;

- è necessario muoversi entro l’orizzonte della strategia del progetto culturale, e cioè del fatto che le varie attività e iniziative debbono tener conto del cambio culturale in atto, e perciò non cadere nella facile tentazione di riproporre linguaggi, forme, iniziative ormai desuete, ma piuttosto essere indirizzate a favorire un rinnovato e profondo incontro tra fede e cultura;

- secondo il principio di reciprocità e il metodo del discernimento comunitario, occorre saper vedere e valorizzare il positivo che già c’è nelle nostre chiese (e che non manca, né è di bassa qualità!) e far convergere le energie e le esperienze esistenti, nel rispetto della loro genuina ispirazione evangelica.

Tenendo conto di queste esigenze generali, mi limito a proporre alcune considerazioni per ciascuno dei cinque ambiti, traendole dalla Nota. Tralascio – come del resto fa il documentosia l’analisi della situazione, sia la riproposizione dei temi dottrinali, a tutti ben noti.

1) La cultura e la comunicazione

L’istanza centrale che la Nota propone è la seguente: «Dobbiamo sollecitare la cultura del soggetto e della libertà (tipica della modernità e insieme – in forma depotenziata – del post-moderno) a liberarsi dalle chiusure del soggettivismo e dell’individualismo e ad evolversi verso la cultura della persona, soggetto autocosciente e libero, ma anche aperto alla verità dell’essere, agli altri, a Dio» (n. 27).

Mi sembra che possono essere tre i luoghi principali dove è possibile agire per camminare decisamente secondo questo indirizzo.

- A livello della cultura diffusa occorre valorizzare, articolare ed evangelizzare le spinte positive che vanno già in questa direzione, in primo luogo all’interno delle nostre comunità ma anche nella società. Si tratta di tutte quelle forme di partecipazione, di volontariato, di solidarietà, di attenzione e approfondimento dei temi della reciprocità uomo/donna, della pace, dell’attenzione all’ecologia, della nuova domanda di spiritualità e di verità vitale che pullulano tra la nostra gente, e in primo luogo tra i giovani. Sono semi – talvolta anche precoci e incompiuti, ma sempre sintomatici – di una nuova cultura che germina di sotto le ceneri del nichilismo consumistico. Quasi sempre essi nascono, consapevoli o meno, da un humus cristiano. Compito delle nostre comunità – in primo luogo dei pastori – penso sia quello dell’accoglienza, della guida, della sapiente e paziente introduzione nella pienezza della verità di Cristo.

- A livello della cultura alta, il luogo d’incontro tra la fede e il sapere riflesso e scientifico penso sia oggi rappresentato in modo privilegiato dalla domanda d’interdisciplinarietà e d’indirizzo etico e financo religioso che viene dalle diverse scienze. Occorre dunque favorire la nascita di luoghi di dialogo e confronto tra esponenti delle diverse discipline: non solo tra credenti (utili per la delineazione e la diffusione degli indirizzi del progetto culturale) ma anche con non credenti. Molte esperienze che coltivo in proposito – sia di dialogo personale, sia di approfondimento teoretico – mi fanno dire che ci troviamo in una fase delicata, ma promettente di apertura e di transizione. Non cogliere questo kairós sarebbe un vero peccato!

- Infine, abbiamo il livello della pastorale scolastica. Anche in questo caso il ripensamento e il rilancio, in una prospettiva di convinta sinergia di tutte le forze disponibili, sono indispensabili e urgenti.

Circa l’ambito della comunicazione sociale, la Nota offre una riflessione di fondo e alcune indicazioni concrete.

Innanzi tutto, richiama il fatto – ormai acquisito a livello di consapevolezza almeno teorica, ma ancora lontano dal plasmare efficacemente la nostra sensibilità pastorale – della rilevanza culturale e sociale della comunicazione: attualmente, e più ancora in futuro, così decisiva da far parlare di una vera e propria “rivoluzione antropologica” (n. 26).

Essa rende indispensabile l’impegno almeno su questi fronti:

- l’educazione della comunità cristiana a una matura e propositiva collocazione entro questa svolta di civiltà;

- questo presuppone, a livello diocesano, «una pastorale organica della comunicazione sociale, con ufficio diocesano adeguato e animatori ben preparati» (n. 29);

- nonché, a livello più ampio, la promozione di una rete di sinergie redazionali, gestionali e diffusionali;

- e soprattutto l’impegno dei cristiani a utilizzare, organizzare e regolamentare i media nella prospettiva della cultura della persona in reciprocità, che sta al centro del progetto culturale.

2) Impegno sociale e politico

La Nota parte da una constatazione che ormai è anche e contemporaneamente una sfida: «per i cattolici si conclude una stagione del loro impegno politico e se ne apre un’altra» (n. 30).

Occorre situarsi, senza rimpianti ma con lo sguardo rivolto al futuro, nell’orizzonte di questa nuova stagione.

Il compito della comunità cristiana è duplice:

- da un lato intensificare – come scaturente dal cuore dell’ispirazione cristiana – l’educazione all’impegno sociale e politico sia nella catechesi ordinaria che nelle apposite scuole di formazione, e attraverso la pastorale sociale e del lavoro;

- dall’altro, promuovere luoghi e opportunità di confronto tra i cattolici che fanno politica per dare concreta attuazione al discernimento comunitario in questo ambito.

È evidente che entrambi i compiti potranno trarre ispirazione e alimento dal progetto culturale. Uno dei motivi più rilevanti che ha provocato l’inarrestabile declino dell’esperienza dell’unità partitica dei cattolici nel nostro Paese, è stato senza dubbio la carenza di un’elaborazione culturale all’altezza sia dell’ispirazione cristiana, sia dei cambiamenti in atto.

Duplice anche il compito dei cattolici impegnati in questo campo:

- la partecipazione attiva alla vita pubblica, a tutti i livelli, con la capacità di rilanciare le energie e le esperienze maturate in questi anni in campo sociale a livello politico più ampio e strutturale;

- l’adesione alla dottrina sociale – come contenuto e metodo del fare politica – e insieme la volontà perseverante di confronto e di convergenza sui temi irrinunciabili e qualificanti dell’antropologia e dell’etica cristiana con gli altri credenti di schieramenti partitici diversi; occorre sapersi prima cristiani e poi appartenenti a questo o a quello schieramento, e incontrarsi e agire di conseguenza.

3) I poveri

Si tratta insieme – ed è importante tenerne conto – di “una dimensione necessaria della nostra spiritualità” e di una parte “integrante”, anzi “eminente” dell’evangelizzazione.

Di qui tre indicazioni di fondo:

- puntare, in tutte le dimensioni della vita e dell’azione pastorale, a far diventare l’attenzione privilegiata ai poveri e la condivisione con essi – come ha detto il Papa a Palermo – «un fatto corale  di chiesa, una nota saliente di tutta la vita e la testimonianza cristiana» (n. 34);

- promuovere una diffusa cultura della solidarietà (n. 35), valorizzando e accompagnando le numerose esperienze in atto in questo settore: è questo un elemento che va ad integrarsi con la prospettiva del progetto culturale a livello di base;

- proporre «uno stile sobrio ed essenziale di vita nelle famiglie e nella stessa comunità ecclesiale» (n. 35).

Tre anche le indicazioni più operative:

- costituire in ogni parrocchia la Caritas parrocchiale e, in quelle più grandi, ove possibile, una «struttura di servizio ai poveri che, aggiungendosi agli edifici destinati al culto e alla catechesi, sia segno della dimensione caritativa della pastorale»;

- individuare le peculiari povertà, materiali e spirituali, esistenti sul territorio – dando rilievo alla pastorale sanitaria;

- a livello socio-economico (ritorna così un’altra volta il tema della nuova cultura) fare opera di sensibilizzazione «per un’economia e una politica della solidarietà. Si tenga conto – sottolinea la Notadi alcune significative proposte emerse a Palermo: promozione del “terzo settore, forme di risparmio solidale, di cooperazione e di imprenditoria a favore dell’occupazione giovanile, specialmente nel Sud del Paese; garanzie e servizi fondamentali da assicurare a tutti; legge organica per l’accoglienza degli immigrati; rilancio della cooperazione internazionale allo sviluppo; alleggerimento del debito dei Paesi poveri; allargamento del servizio civile; riconversione delle industrie belliche e divieto del commercio delle armi» (n. 35).

4) La famiglia

A livello di pastorale famigliare le notazioni sono poche e direi scontate (n. 36-37). Sintomo evidente che le linee non mancano, essendo già tutte presenti nel Direttorio di pastorale familiare.

Si tratta di articolarle in rapporto agli obiettivi di fondo e alle situazioni concrete. Un esempio è nell’unica raccomandazione che la Nota convintamente avanza congiuntamente a quella di un’organica pastorale famigliare: la partecipazione alle associazioni familiari. Evidentemente perché esse, spesso, vengono incontro concretamente agli obiettivi di spiritualità, formazione, comunione e missione.

5) I giovani

La stessa cosa, analogamente, vale per la pastorale giovanile. Nella Nota emergono con chiarezza, alla luce degli obiettivi proposti a Palermo, i criteri cui deve obbedire un suo ripensamento organico e un suo coraggioso rilancio:

- primato della spiritualità: e cioè impegno prioritario e permanente a «offrire alle nuove generazioni la possibilità di un incontro personale con Cristo, nell’ambito di una comunità fraterna» (n. 38);

- formazione: formare educatori e guide spirituali; attuare itinerari differenziati; educazione alla fede equilibrata, ricca, capace di giovarsi delle molteplici esperienze e iniziative ma in un progetto coerente;

- comunione: come esperienza che deve dischiudersi al giovane non solo all’interno del suo gruppo o associazione, ma a livello della comunità cristiana sperimentata come “una casa accogliente”; comunione anche tra le diverse esperienze, iniziative e strutture: «di grande importanza – si precisa – sono gli oratori e le altre strutture educative parrocchiali, le associazioni e i movimenti ecclesiali, luoghi privilegiati di crescita spirituale e di irradiamento missionario. I progetti diocesani non potranno prescindere dal loro ricco patrimonio di educatori, progetti educativi, itinerari di formazione» (n. 39);

- missione: come apertura della comunità all’universo giovanile che gravita fuori degli ambienti ecclesiali ed educazione dei giovani ad essere «i primi testimoni e annunciatori del vangelo ai propri coetanei» (n. 40).

Conclusione

L’impressione che rimane, al termine dell’analisi della Nota, è quella di una forte unitarietà e incisività di proposta. La “griglia” degli obiettivi offre coerenza e mordente alla strategia della nuova evangelizzazione da declinare secondo i diversi ambiti.

In conclusione, mi piace riproporre il testo biblico che provvidenzialmente ha guidato il cammino di preparazione a Palermo, la celebrazione stessa del Convegno e che ritma anche l’articolazione della Nota: il libro dell’Apocalisse.

È stata una gioia sincera constatare la coincidenza della scelta già fatta in antecedenza dell’Apocalisse con l’indicazione offerta da Giovanni Paolo II nella Tertio millennio adveniente: (la preparazione al giubileo) «intende suscitare una particolare sensibilità per tutto ciò che lo Spirito dice alle chiese» (cf Ap 2, 7ss).

Si tratta di un’intuizione da non lasciar cadere e che a ben vedere riassume le istanze sin qui delineate. L’Apocalisse può aiutarci a dare unità, semplicità e speranza alla nostra vita e alla nostra azione pastorale. Sì, soprattutto speranza. «Non ci lasciamo imprigionare nel ruolo di maestri di etica, di animatori culturali e di promotori dei servizi sociali» – esorta la Nota (n. 41). «La storia è esodo: testimoniare e annunciare questa verità è il più grande dono che possiamo fare agli uomini del nostro tempo».

 

 

Piero Coda